Il grido d’allarme è stato sollevato per tempo, sperando che il nuovo Governo si faccia carico in fretta delle ricadute che la crisi energetica e il caro bollette rischiano di avere sullo sport italiano. Dal presidente del CONI, Giovanni Malagò, ai responsabili delle leghe di basket e pallavolo, passando per il numero uno della Federcalcio, Gabriele Gravina, non c’è un dirigente a Roma che sia disposto a nascondere la gravità del momento.
La pandemia ha bruciato 1,7 milioni di iscritti
Anche perché le ferite della pandemia sono ancora fresche sulla carne di un settore che in un anno (dal 2019 al 2020, ultimi dati ufficiali disponibili) ha bruciato 1,7 milioni di iscritti vedendo allontanarsi da campi sportivi, palestre e piscine pezzi interi di generazioni. Non solo amatori che inseguono forma fisica e benessere, ma anche ragazzi e bambini a questo punto persi per sempre alla pratica di uno sport: un problema di natura sociale ma anche di prospettive a livello olimpico quando, tra una decina d’anni toccherà ai ‘Ragazzi del 2008 o 2009’ presentarsi alla ribalta del confronto internazionale con i coetanei.
La crisi energetica e il “colpo mortale” dello sport
Mentre lo sport italiano cerca di rialzarsi dalla mazzata del Covid, ecco che la crisi energetica rischia di sferrare quello che il presidente della FIGC Gravina ha definito “un colpo mortale”. Per spiegare il concetto in modo chiaro e comprensibile ha portato, come esempio, quanto accaduto nel corso dell’estate nel centro sportivo di Coverciano, la casa dove si allenano le nazionali azzurre di tutte le età: da maggio a luglio la bolletta dell’energia è lievitata da 26 a 79mila euro, in attesa della mazzata con quella del gas. Cifre fuori portata anche per una delle federazioni più ricche. L’idea che convenga quasi chiudere Coverciano, lasciando a casa i dipendenti, piuttosto che tirare avanti in queste condizioni è stata, forse, una forzatura ma rende bene l’idea.
Perché nelle condizioni della Federcalcio ci sono tutti, poveri e ricchi
Basket e pallavolo sono terrorizzati dalla prospettiva di iniziare la stagione dovendo garantire l’apertura dei palazzetti con illuminazione, riscaldamento o aria condizionata e tutto quanto ruota intorno alla pratica degli sport al chiuso. Preoccupazioni condivise da chi si occupa della gestione delle piscine; ci sono Comuni (a partire dalla grande Milano) che studiano piani di chiusura almeno parziale dell’attività per non arrivare al lockdown totale. Le società sportive che rendono vivo il territorio e le associazioni di dilettanti saranno presto allo stremo: c’è chi si è mosso per tempo alzando in maniera sensibile le quote di iscrizione, gravando così sulle finanze delle famiglie a loro volta alle prese con il caro bollette e con l’inflazione che galoppa a doppia cifra, e c’è chi sta chiedendo contributi extra già in questo mese di settembre per garantire l’accensione delle docce e la possibilità di fruire degli spogliatoi. In Serie A l’indicazione è illuminare gli stadi per sole 4 ore in occasione delle partite che necessitano di illuminazione artificiale: può sembrare tanto, nella realtà è una misura la cui compatibilità con le questioni di ordine pubblico non appena ci si avvicinerà all’inverno, con la riduzione della luce solare, andrà verificata ed è tutt’altro che scontata.
La Serie C potrebbe spostare gare al mattino
La Serie C, per bocca del suo presidente Francesco Ghirelli, non esclude di spostare le gare in orario mattutino “per risparmiare energia”; la realtà è che sono pochissimi a potersi permettere i costi di questa crisi nello sport italiano e così il coro si è alzato forte per arrivare alle orecchie del Governo. Quello uscente ha inserito uno stanziamento da 50 milioni di euro a fondo perduto nel decreto Aiuti ter, destinato alle federazioni e associazioni dilettantistiche. Quello futuro si vedrà, cominciando con capire che tipo di approccio avrà con un settore spesso trascurato dai precedenti. La domanda che girà è: ci sarà un ministero dedicato o ci si dovrà accontentare di un sottosegretario con delega come è stato con Valentina Vezzali? Come pro memoria per chi dovrà mettere mano all’emergenza, che vale ovviamente per tutti i settori produttivi e di servizi del Paese, giova ricordare il peso dello sport sull’economia italiana: 4,4 miliardi di euro il valore della produzione diretta e oltre 24 miliardi di quella indiretta, senza considerare tutto l’indotto. Una fetta dell’1,37% del Pil nazionale (stima elaborata dall’Istituto del Credito Sportivo su dati del 2019) che merita, secondo i diretti interessati, molta più attenzione di quella riservata negli ultimi tre anni. Quando i palazzi delle istituzioni e della politica si sono spalancati per festeggiare medaglie e trionfi, mentre sono stati molto meno disponibili per discutere di coinvolgimento nella destinazione dei fondi del Pnrr.