L’idea del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, di rivoluzionare il format della Serie A, togliendo un paio di squadre e inserendo playoff e playout, respinta con perdite nella primavera 2020 quando si pensava potesse essere l’unica via per portare a termine la stagione in mezzo all’emergenza Covid, potrebbe ora rientrare dalla finestra dopo essere stata fatta uscire dalla porta principale.
Se ne continua a parlare sottotraccia perché l’ipotesi non è stata abbandonata dalla FIGC, ma la novità di questi mesi è che Roma potrebbe trovare una sponda interessata nel palazzo della Lega Serie A di via Rosellini a Milano. I presidenti sono impegnati nella ricerca affannata di denaro ovunque sia possibile, i viaggi dei vertici della Lega negli Stati Uniti sono sempre più frequenti e servono a immaginare nuovi modi di commercializzare il calcio italiano in vista della rivoluzione del 2024 quando scadrà l’attuale triennio di diritti tv marchiati DAZN.
Perché i playoff potrebbero essere un affare
I playoff e playout – potrebbero essere le prime 8 e le ultime 8 di un campionato a 16 o 18 squadre così da non appesantire i calendari – sono un formato di competizione molto nordamericano e per questo graditissimo al mercato degli Stati Uniti. Quanto potrebbe valere una finale secca per lo scudetto preceduta da altre 6 partite dentro/fuori per arrivarci? Una stima in termini economici non c’è, però è certo che le agenzie di commercializzazione dei diritti televisivi hanno spiegato che l’appeal della Serie A crescerebbe enormemente spingendo i broadcaster a preferirlo magari agli altri campionati top d’Europa, Premier League esclusa. La distanza con gli inglesi è incolmabile: a novembre è stato annunciato come imminente un accordo di sei anni da 1,3 miliardi di euro che la Serie A e tutti gli altri si sognano. Però i playoff e playout potrebbero sparigliare le carte, rendendo il prodotto del campionato italiano molto più conforme alla mentalità americana in cui le sfide senza domani sono il vero clou della stagione in tutti gli sport professionistici, soccer incluso.
Grandi manovre, insomma. Non è un caso che i vertici di via Rosellini stiano anche immaginando un torneo ex novo da mettere in calendario nel novembre 2022 in contemporanea con il Mondiale del Qatar. Tutte e 20 le squadre trasferite in Nord America, senza nazionali, per giocare un mese e costruire un evento da vendere ai network in un territorio in cui la comunità italiana è forte. I maligni hanno detto che in questo modo si stia scommettendo contro la qualificazione della nazionale di Mancini a Qatar 2022. Nella realtà, in qualsiasi forma, potrebbe essere una sorta di cavallo di Troia posizionato su un mercato che si considera potenzialmente in espansione e dal quale arrivano anche molti investimenti sui club, come dimostra l’attenzione dei fondi verso le società italiane.
Chi non vuole i playoff nel campionato di Serie A
Non è detto che nessuno dei due progetti arrivi a concretizzarsi, ma quello che emerge è che a differenza del passato qualche sponda in più potrebbe trovarla anche tra gli scettici. I playoff non piacciono ai tifosi di casa nostra e vengono visti con sospetto per il rischio di trasformare la stagione regolare in un lungo preliminare per poi giocarsi tutto in 90 minuti. Dal punto di vista sportivo non convincono neanche tanti dirigenti sensibili, però, alla questione economica. Certo, ci sarebbe da capire come gestire gli accessi alla Champions League e alle altre competizioni europee che rappresentano il vero obiettivo di chi investe per stare al vertice: ci si basa sulla classifica o su un turno di playoff che può rimescolare le carte?