Perché leggere questo articolo? La scorsa settimana la Juventus ha diramato un comunicato in cui annuncia di aver abbandonato la Superlega. Un progetto – non solo sportivo – a cui continuano a dar corda altri undici club. A che punto siamo con la querelle che potrebbe spostare gli equilibri del calcio mondiale?
Mercoledì scorso la Juventus ha emesso un comunicato con il quale «conferma di avere iniziato la procedura di uscita» dal progetto della European Super League, la Superlega del quale l’ex presidente Andrea Agnelli era uno dei principali fautori, assieme a Florentino Perez e Joan Laporta, in rappresentanza di Real Madrid e Barcellona. Nulla di particolarmente nuovo rispetto all’inattesa nota stampa del 6 giugno, quella nella quale si annunciava l’avvio del «periodo di discussione» in merito a una «eventuale uscita» da ESL, ma una comunicazione dovuta anche perché il club, quotato in Borsa, ha il dovere di informare gli azionisti, e questo è il motivo per il quale si è resa nota una ulteriore nota dopo la prima.
Undici club oltre la Juventus ancora legati dal contratto
Piuttosto, nel recente comunicato della Juventus esiste una frase che, di nuovo, racconta di come il ritiro della Superlega da parte degli altri nove club originariamente coinvolti, non rappresenti esattamente la realtà dei fatti, a livello giuridico. Questa: «Ai sensi delle disposizioni contrattuali applicabili, affinché il recesso produca i suoi effetti è richiesto il previo consenso di Real Madrid, FC Barcelona e degli altri club coinvolti nel progetto Superlega». Ciò significa che, formalmente, i club originari – a parte l’Inter, che aveva una clausola di uscita – sono ancora legati tra loro e al progetto, ed è di fatto la conferma di un accordo ancora in vigore.
Che poi Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Tottenham Hotspur, Atletico Madrid, Milan e, ora, la Juventus abbiano annunciato l’abiura vale quanto un’intenzione, almeno sino a quando il contratto non sarà ufficialmente sciolto in modo pacifico, attraverso il pagamento di penali o, meno serenamente, per vie legali (il comunicato parla di «divergenze sull’interpretazione degli accordi applicabili»).
La società che assiste la Superlega
A22 Sports Management, la società che si occupa della promozione e di assistere la creazione della Superlega, del resto, esiste ancora, ha tra i suoi frontman l’amministratore delegato Bernd Reichart e lo stesso Andrea Agnelli – sebbene defilato, a livello mediatico, e si può facilmente intuire il perché – e attende la pronuncia della Corte di Giustizia Europea, prevista in estate ma destinata probabilmente a slittare in autunno.
A che punto siamo? La Corte dovrà rispondere alla domanda pregiudiziale proposta dal Juzgado de lo Mercantil numero 17 di Madrid relativa alla compatibilità degli statuti dell’UEFA (e, di conseguenza, della FIFA) con il diritto antitrust dell’Unione Europea, nella fattispecie con gli articoli sulla concorrenza e sulla libertà di impresa del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Le udienze del luglio 2022 hanno portato, lo scorso dicembre, al parere consultivo dell’Avvocato generale, Athanasios Rantos, apparentemente favorevole alla confederazione in quanto considerata garante di un presunto modello sportivo europeo.
Una pronuncia dall’esito non scontato
L’esito della pronuncia, tuttavia, non è affatto scontato, e alcune mosse politiche dell’UEFA, negli ultimi mesi, sono apparse piuttosto avventate in merito a un giudizio che potrebbe avere effetti dirompenti per quanto concerne il paradigma di gestione del calcio continentale. Proprio per questo il progetto della Superlega non può ancora dirsi morto; lo è rispetto al suo schema originario, quello che scatenò l’ondata repulsiva dell’aprile 2021, non certo rispetto a un’idea che i grandi club, anche se dicono il contrario, alla fine vogliono (e, in qualche modo, avranno). Le ultime note del club bianconero, e quelle precedenti delle altre società inizialmente coinvolte, non significano necessariamente che l’UEFA abbia vinto la battaglia, né che lo status quo sia il migliore dei mondi possibili.
Diversi esperti in materia, non ultima la rivista specializzata Law in Sports, vedono nel modus operandi della confederazione calcistica continentale, e tra le righe del parere di Rantos, la conferma della limitazione de facto della concorrenza di un ipotetico ente che si proponesse di organizzare competizioni internazionali d’élite.
La sconfitta politica della Juventus
Si presta invece a diverse letture la tempistica delle decisioni e comunicazioni della Juventus. Se, da un lato, si evince la rottura con tutto ciò che portava la firma di Andrea Agnelli, dall’altro quella che pare una resa incondizionata al grande nemico Aleksander Ceferin, è un’azione che tenta di svincolare il club da un accordo comunque rischioso, soprattutto in una fase politicamente assai critica – per essere chiari: su questa linea la società ha perso e ne sta pagando le conseguenze – come quella che sta attraversando la Juventus a livello nazionale e internazionale. Un’azione che potrebbe non essere slegata dalla necessità di snellire le incombenze attuali in vista di un potenziale ingresso di nuovi soci all’interno del club. Indiscrezioni in tal senso erano uscite già alcuni mesi fa. Dopo tutto, piuttosto evidentemente, non è la Juventus il principale affare di cuore – né affare tout court – di John Elkann.