La ragione per cui i presidenti di Serie A non hanno sparato a pallettoni contro il ministro dello Sport, Andrea Abodi, nonostante la ripetuta contrarietà di quest’ultimo e dell’intero governo alla manovra salva società sulla rateizzazione delle tasse fin qui rimaste in sospeso (anche l’emendamento Lotito destinato ad essere cestinato per la posizione dell’esecutivo) è che il dialogo su tanti temi scottanti e di strettissima attualità prosegue senza sosta. E non senza possibili soddisfazioni per un sistema economico che sta attraversando una crisi strutturale drammatica e che è nell’occhio del ciclone per lo scandalo che ha travolto il suo club più in vista: la Juventus.
Una partita da circa mezzo miliardo di euro
Abodi ha chiuso sulla questione mancate sanzioni e interessi per la rateizzazione delle imposte ancora dovute, una partita da circa mezzo miliardo di euro, ma ha aperto su tanti altri fronti a partire dai diritti tv che sono la prossima emergenza per i presidenti. Il contratto con DAZN si avvia a scollinare la metà della sua operatività, scade nel giugno 2024, e già da mesi gli uffici della Lega Serie A sono al lavoro per scrivere il nuovo bando. A meno di sorprese, tutto dovrà essere pubblicato entro la primavera del 2023 così da consentire poi la gara. Le linee guida sono già state approvate dall’authority sulla concorrenza e i colloqui con chi deve dare il via libera alla struttura del bando per l’assegnazione del prossimo ciclo sono costanti.
Diritti tv, lo scenaro è fosco
I club vogliono, però, che le regole siano cambiate perché ad oggi lo scenario è fosco: difficile pensare di toccare nuovamente la quota del miliardo di euro che è la soglia minima di sopravvivenza del sistema. Da qui l’idea di poter allungare il bando da 3 a 5 anni superando i vincoli della legge Melandri, magari anche prorogando fino al 2026 l’attuale situazione con DAZN. Il governo ritoccherà la Melandri, ma non in maniera retroattiva anche per il rischio di ricorsi da parte di chi due anni e mezzo fa ha perso l’asta ponderando la propria offerta sulla base di un prodotto triennale. In ogni caso in via Rosellini non vedono l’ora di poter mettere mano al prossimo bando su 5 anni (2024-2029) immaginando così di attrarre investimenti anche di chi oggi è rimasto ai margini (Sky) o fuori (Amazon e operatori diversi).
Il possible ritorno delle partnership con il mondo del betting
La sponda del ministro Abodi potrebbe essere preziosa anche su altro dei cavalli di battaglia dei vertici del calcio italiano: il ritorno alla possibilità di stabilire partnership con il mondo del betting. Il divieto è costato circa 100 milioni di euro a stagione e viene considerato una misura semplicemente demagogica visto che sulle scommesse sportive lo Stato incassa centinaia di milioni di euro attraverso l’Erario. A questo proposito, il nuovo governo potrebbe anche venire incontro alla richiesta della Serie A di partecipare in maniera più soddisfacente al gettito prodotto dalla raccolta delle stesse scommesse: un mercato da 11,6 miliardi di euro all’anno in Italia solo guardando a quelle legate al calcio di cui solo le briciole arrivano a chi garantisce che il prodotto esista. Basterebbe salire all’1% per racimolare altri 100-150 milioni di euro da girare ai club. Gli operatori del betting non sono d’accordo, ma la differenza rispetto al passato è che le istanze di Figc e Lega trovano un minimo di ascolto nelle stanze governative. A meno di scossoni e passi indietro, insomma, al momento non bisogna aspettarsi alzate di scudi da parte del calcio contro il ministro Abodi con cui si preferisce tenere aperto un proficuo canale di dialogo. Certo, il dissenso e il malessere sono striscianti come testimoniano l’ultima uscita di Aurelio De Laurentiis e la posizione di Urbano Cairo, presidente del Torino ed editore della Gazzetta dello Sport. Ma la tregue regge e potrebbe trasformarsi presto in matrimonio di interessi.