Lo striscione offensivo, sventolato da alcuni giocatori del Milan contro l’Inter nel corso della parata per la conquista del 19° scudetto – più di uno in realtà e con corredo anche di insulti e cori lanciati in maniera un po’ avventata – ha infiammato il giorno dopo la fine del campionato. Merita una riflessione, perché oltre all’irritazione del club nerazzurro, in silenzio ma deluso per le immagini rilanciate da social e televisioni nel corso della lunga marcia verso Piazza Duomo, ha provocato qualche mal di pancia anche a Casa Milan.
Paolo Scaroni costretto a scusarsi con gli interisti
La scena non è passata inosservata ai piani alti della dirigenza rossonera e ha costretto il presidente Paolo Scaroni a prendere il telefono per chiamare gli omologhi interisti e scusarsi. Che la Procura della Federcalcio abbia aperto un fascicolo di inchiesta è solo un dettaglio e non è certo per questo che il Milan si è mosso. Come sempre capita in circostanze come questa, il danno è più di immagine che concreto perché tutto si risolve con qualche multa, sempre che la giustizia sportiva voglia veramente arrivare a esprimere un verdetto.
Una figura pessima che tocca i buoni rapporti tra le società
La figura, però, resta ed è pessima anche perché tocca il cuore dei rapporti tra le due società di Milano che da anni sono ottimi e si sono rinsaldati soprattutto con l’avvento di Elliott nel 2018, dopo che gli Zhang si erano rifiutati di dare credito e legittimazione a Yonghong Li e alla cordata cinese a capo del Milan per una sola stagione. Un’alleanza resa plastica dalla battaglia comune per il nuovo San Siro nella quale Elliott e Suning si sono spalleggiate per oltre mille giorni, supportandosi a vicenda anche nei momenti complicati attraversati dalle due proprietà: le difficoltà degli Zhang alle prese con la crisi della casa madre in Cina o, prima ancora, il battage mediatico contro il fondo, accusato di scarsa trasparenza e di mire speculative immobiliari.
Ecco perché quello striscione in mano a giocatori della rosa di Stefano Pioli non è stato gradito e ha costretto alle scuse. Ivan Gazidis, uomo azienda scelto dai Singer, non aveva nemmeno finito di rivendicare il nuovo sistema valoriale alla base del successo del modello Milan, composto ad esempio anche del rifiuto di scendere in polemica continua per le questioni arbitrali e di ‘palazzo’, che i social gli hanno rimandato l’immagine del bus con la scritta oltraggiosa contro la rivale cittadina.
Nel calcio moderno le società e chi ci lavora sono molto più avanti dei rispettivi tifosi
Ma, ed è questo il senso della vicenda milanese, lo sono anche nei confronti dei propri tesserati e della loro difficoltà a comprendere come il modo di comunicare una vittoria non possa trasgredire alcune regole base. Non è sfuggito lo scambio di complimenti e messaggi social tra gli account di Inter e Milan a scudetto ancora caldo (sarebbe avvenuto lo stesso anche in caso di verdetto contrario), con una ritualità che si sta facendo strada a dispetto delle asprezze tra tifoserie. Il calcio di domani sarà sempre meno questione di passione sportiva allo stato puro e sempre più entertainment, produzione di contenuti e guerra comune per attirare la massa dei potenziali clienti. “La Coppa Italia mettila nel cu**” può aver solleticato la pancia dei milanisti duri e puri, di sicuro ha strappato il tessuto narrativo intorno a questo Milan. Nulla di irreparabile, ma è arrivato il tempo che i calciatori comprendano la necessità assoluta di metabolizzare l’identificazione non solo tecnica con l’azienda per la quale lavorano.
La sfida del calcio moderno sarà sempre più con altre forme di intrattenimento
Non sarà un passaggio indolore, considerata la scarsa propensione dei campioni del pallone a recepire ordini e indicazioni, seppure lautamente retribuite. E’ però un passaggio ineludibile perché la sfida del calcio moderno sarà sempre più con altre forme di intrattenimento. L’avversario di una multinazionale del football non è più il nemico storico sul campo, ma chi sul mercato offre altro intrattenimento ai giovani e alle famiglie e, quindi, dentro la famiglia del pallone il fronte è diventato unico. Tanto che le comunicazioni soft tra club anche nemici non devono sorprendere. Un esempio? Pochi sanno che se la Juventus avesse conquistato la Champions League nella notte di Cardiff del giugno 2017, completando il Triplete, tra i primi a complimentarsi via social ci sarebbe stata l’Inter. I messaggi erano pronti, poi il Real Madrid si è preso la scena e la coppa e i complimenti agli spagnoli sono diventati, nella testa dei fan, uno sfottò irriverente dei nerazzurri ai bianconeri. Non era così, ma la strada per capirlo e accettarlo non può più essere lunga.