C’è un luogo dove uno scazzo finito alle mani tra allenatore e direttore sportivo, girato sugli smartphone di mezza Italia e di conseguenza sulle pagine di giornali e siti, può essere derubricato in “momenti di tensione”. Ed essere raccontato come semplice “litigio” con successivi “chiarimento e pace”.
Un boxino a pagina 17
Relegato a pagina 17 in un boxino in basso a destra di una lenzuolata in cui si celebra la vittoria in amichevole contro i ciprioti dell’Apollon Limassol e il richiamo alla “forza del gruppo” con parole e pensieri di uno del gruppo stesso.
Quel luogo è la (fu) Gazzetta dello Sport e che l’editore del più importante giornale sportivo d’Italia sia anche il presidente di quel club, per inciso col sospetto di essere stato definito “testa di cazzo” da uno dei furiosi duellanti, non è ovviamente un dettaglio.
Lo stato in cui versa la Gazzetta
La vicenda della lite tra l’allenatore Juric e il direttore sportivo Vagnati, trattata dalla Rosea come fosse materiale radioattivo da nascondere sotto quintali di terra, racconta molto dello stato in cui versa la popolare Gazzetta. Non è l’unico esempio, anzi, della battaglia persa con la presenza ingombrante dell’editore-presidente.
Si ricordano le lenzuolate sugli errori (alcuni veri, molti altri presunti) degli arbitri contro il Torino nelle ultime stagioni; la totale assenza di narrazione a proposito della contestazione dilagante tra il pubblico granata nei confronti del numero uno e altro ancora.
Elogio del presidente-editore
Tanto per intenderci, mentre Juric e Vagnati se le davano di santa ragione davanti alla telecamera birichina di un ospite dell’hotel sede del ritiro del glorioso Toro (chissà chi… e anche questo sarebbe un bel tema da approfondire), sulla Gazzetta l’editore Cairo veniva celebrato da un paio di giorni come uomo del rinnovamento.
L’unico con una ricetta contro lo sfascio del calcio italiano, colui che aveva avuto il coraggio di tuonare sui costi eccessivi del carrozzone. Tralasciando che lo stesso Cairo – proprio lui – non più tardi di una decina di giorni fa ha venduto letteralmente a peso d’oro un buon difensore brasiliano alimentando un’asta che nel calcio del buon senso, e senza la sponda di un procuratore funzionale di cui abbiamo letto agiografie, non sarebbe potuta esistere.
Confine spostato
E dunque? Che scrivere di cose che riguardano il proprio editore non sia semplice non lo si scopre oggi con la parabola di Cairo e del Torino. Anche il mondo del calcio ha vissuto in altre epoche altri potenziali conflitti di interesse. Sbarcati fino alle segrete stanze della Lega Calcio quando Berlusconi era parte attivissima con il suo Milan, ad esempio. La rimozione di una scena vista da tutti e che tutti possono facilmente ritrovare con una semplice ricerca, però, sposta il confine. Del dovere di informazione e anche un po’ del senso del ridicolo. Con buona pace dell’Apollon Limassol.