La conferma per acclamazione dello scorso 16 marzo ha consegnato nelle mani di Gianni Infantino il terzo mandato da presidente della FIFA. Teoricamente l’ultimo, a meno che nel prossimo quadriennio non passi la linea di considerare il primo periodo a Zurigo, quello dal febbraio 2016 al giugno 2019, non conteggiabile perché monco consentendo al dirigente svizzero con cuore italiano di ripresentarsi anche nel 2027 puntando al 2031.
Non è uno scenario da escludere essendo al cospetto dell’uomo che ha raccolto la FIFA dalle ceneri degli scandali
Non è uno scenario da escludere essendo al cospetto dell’uomo che ha raccolto la FIFA dalle ceneri degli scandali che hanno spazzato via Sepp Blatter e ne sta guidando una trasformazione epocale. Anche a costo di farsi numerosi nemici, soprattutto nella vecchia Europa dove siede il suo acerrimo rivale, Aleksandr Ceferin, presidente della UEFA. Oggetto del contendere: il controllo del football mondiale che significa una montagna si soldi e di consenso. Perché anche nel terzo Millennio rimane di stretta attualità il motto romano “pane et circenses” per cui comandare il calcio significa poter condizionare scelte ed emozioni di miliardi di persone in giro per il mondo.
Non piace a tutti, Gianni Infantino, ma piace a molti
Non piace a tutti, Gianni Infantino, ma piace a molti. Si spiega così l’enorme supporto alla sua ricandidatura che ha spazzato via sul nascere anche l’ipotesi che potesse correre contro qualcuno e ha portato all’acclamazione nel Congresso di Kigali, in Ruanda. Dove Infantino si è forse lasciato andare troppo davanti ai 211 delegati che lo hanno rieletto, paragonando il suo servizio alla guida della FIFA alla rinascita del paese che lo ospitava dopo la guerra civile sanguinosissima dei decenni scorsi. Dettagli per una platea cui il presidentissimo ha potuto presentare conti in ordine, dollari a pioggia per tutti e un progetto per rendere la FIFA ancora più ricca e centrale da qui in poi. Anche a costo di scontentare i club europei, sul piede di guerra per i calendari imposti dal 2024 con aggravio di date e partite fuori dal loro controllo, ed entrare ulteriormente in rotta di collisione con Ceferin che a casa sua, cioè in Europa, deve vedersela con le tentazioni scissionistiche di chi sogna di togliere alla UEFA il controllo del business.
Il 2022 è stato un anno trionfale per le casse di Zurigo
Il 2022 è stato un anno trionfale per le casse di Zurigo. Il Mondiale in Qatar che ha diviso le coscienze di mezzo mondo è stato un affare enorme dal punto di vista economico con ricavi annuali da 7,5 miliardi di dollari superiori anche ai 6,4 preventivati. Il sogno è sfondare quota 10 miliardi e per questo, dopo aver perso la guerra per rendere biennale l’appuntamento con la Coppa del Mondo, ha rilanciato a fatto approvare la riforma che cambierà per sempre la faccia alla competizione più attesa del calcio.
Il Mondiale extralarge atteso al debutto nel 2026
E’ il Mondiale extralarge atteso al debutto nel 2026: da 32 a 48 squadre qualificate con slot aggiuntivi distribuiti con il manuale Cencelli della politica sportiva più che seguendo il merito, visto l’Europa salirà da 13 a 16 posti e resterà il luogo sulla Terra dove è più difficile qualificarsi per la fase finale partendo da 55 nazionali che in larga parte dominano il ranking della FIFA. Il colpo di mano di Kigali è stato, però, farsi approvare l’allargamento di tutta la manifestazione, da 64 a 104 partite. Ufficialmente perché il forma con i gironi a 3 non convinceva nessuno, esponendosi al rischio di pastette e combine e garantendo solo 180 minuti in campo a tutti, nella realtà perché così facendo è facile prevedere un balzo avanti nei ricavi dalla vendita dei diritti tv. Quanto? La stima è tra i 10 e i 12 miliardi di euro.
I presidenti dell’ECA, l’associazione dei club europei, sono sul piede di guerra ma la loro sembra una partita persa
Avanti tutta, dunque. E avanti anche sul progetto del Mondiale per Club a 32 squadre da giocare ogni quadriennio, sempre sotto l’egida e il controllo della Fifa, senza però far morire l’appuntamento annuale della vecchia Intercontinentale. E il cambio della scansione delle date di rilancio per le nazionali che dal 2025 prevederanno una sosta unica tra fine settembre e inizio ottobre da 16 giorni e 4 match da calendarizzare. I presidenti dell’ECA, l’associazione dei club europei, sono sul piede di guerra ma la loro sembra una partita persa. In fondo il dossier calendari è stato discusso per anni in cerca di un punto di incontro che non si è trovato e che, forse, era impossibile da trovare. Le esigenze europee non collimano con quelle del resto del mondo da dove arriva l’appoggio politico che rende Infantino il monarca del calcio mondiale. Fino a quando si vedrà. Per ora la data di scadenza è stata allungata al 2027 con vista sul 2031.