In attesa di trovare la carta Ronaldo, vero feticcio dell’inchiesta della Procura di Torino sui bilanci della Juventus, il faro acceso dai magistrati sul fenomeno delle plusvalenze sta preoccupando tutto il sistema e non solo i manager bianconeri. Perché nelle carte della Procura si punta il dito su quasi tutte le operazioni degli ultimi tre anni (282 milioni di euro considerati sospetti), il che significa che a finire sotto la lente di ingrandimento è stato un vero e proprio sistema che la Juventus non era l’unica a utilizzare per sostenere i propri conti. Che Paratici ne abbia abusato, almeno a livello gestionale, non è in discussione. Che possa essere stato un caso isolato, però, sarà tutto da dimostrare a meno che gli uomini della Guardia di Finanza non trovino davvero le tracce di comportamenti illeciti dal punto di vista contabile. Come la famosa carta Ronaldo di cui tutti parlano – incautamente – al telefono senza sapere di essere intercettati, ma nessuno ricorda o trova.
Che il sistema delle plusvalenze sia largamente diffuso in Italia lo dicono i numeri. La Figc nel suo ultimo report ha misurato la crescita esponenziale dal 2016 (376 milioni di euro) al 2020 (oltre 730). Ora anche KPMG ha elaborato uno studio che fotografa l’andamento di un decennio di scambi e vendite al massimo rialzo, paragonando il comportamento della società di Agnelli a quello degli altri club che sono stati con continuità nella Serie A. La sorpresa, ma non troppo, è che c’è chi ha fatto molto più dei bianconeri che con il loro 21% di peso medio sui ricavi operativi sono superati in questa speciale classifica da Genoa e Udinese (oltre il 65%), Roma (33%) e Napoli (30%). E più in generale dalla media delle dieci società prese in esame, passate da una percentuale media del 21% nel quinquennio 2011-2016 al 31% del quadriennio successivo, quello della crescita tumultuosa degli affari sull’asse con Torino.
Una curva coincidente con quella delle storiche venditrici del calcio europeo (Ajax, Porto, Monaco, Siviglia, Benfica, Lione, Borussia Dortmund e Sporting Lisbona) che nell’ultimo lustro hanno viaggiato oltre la soglia del 50% pur potendo contare con continuità sul tesoretto della Champions League che in larga parte hanno frequentato con costanza.
Insomma, se non propri tutti erano in molti ad usare le plusvalenze come leva ormai stabile del proprio fatturato. Il che non significa che il comportamento della Juventus non vada approfondito, se esiste il sospetto da parte dei magistrati di scorrettezze contabili. La morale, però, è che eliminare questa voce dal calcio moderno sarà pressoché impossibile e anche per questo nessun intervento correttivo è mai stato preso da parte della Uefa e delle varie federazioni che pure, questi dossier, se li sono trovati sui tavoli per tempo. Cancellare il calciomercato vorrebbe dire condannare a morte una parte del sistema. Controllare che il denaro passi veramente di mano e non ci si limiti a operazioni finanziarie a specchio, invece, può contribuire a salvarlo e a preservarne la credibilità che rimane. In attesa delle carte da Torino è il vero obiettivo della Federcalcio investita della nuova bufera.