E adesso? Cosa succede ora che la tragedia (sportiva) si è consumata e nemmeno gli eroi di Wembley sono riusciti a raddrizzare il piano inclinato su cui si è incamminato il calcio italiano post Europeo? La sconfitta assurda contro la Macedonia del Nord, inspiegabile dal punto di vista tecnico, considerata la differenza di valori mostrata in campo, riporta tutto il sistema all’anno zero e apre una lunga stagione di processi.
Gabriele Gravina e Roberto Mancini
Sul banco degli imputati ci sono il presidente federale Gabriele Gravina e il ct Roberto Mancini, i due artefici del rinascimento azzurro che si è bruciato nell’arco di nove mesi con un suicidio tanto spettacolare quanto inatteso. Mancini potrebbe fare da solo il grande passo, firmare cioè la lettera di dimissioni una volta esaurito il suo compito che prevede anche l’ultima, inutile, sofferenza nella ‘finalina’ contro la Turchia. Nessuno chiede apertamente la sua testa, però la verità è che il ct ha ricevuto già in autunno diverse proposte, anche molto ricche, da club soprattutto della Premier League e non è detto che riesca ad andare oltre la delusione cocente di questa mancata qualificazione al Mondiale.
La nazionale è sopportata e non supportata
Anche perché ha avuto la conferma di essere solo sulla barricata. E’ una delle ragioni per cui il calcio italiano si è auto condannato a stare a casa per la seconda volta di fila e tornerà al Mondiale, se tornerà, solo nel 2026. Lui e lo stesso Gravina lo hanno spiegato nei minuti dopo la beffa della Macedonia del Nord: la nazionale è sopportata e non supportata, avrebbe avuto bisogno di un aiuto extra dai club per uscire dalle difficoltà e invece ha ricevuto solo dinieghi. Tutti impegnati a pensare alle proprie convenienze, dimenticando che ora sarà più difficile anche per le società non subire un contraccolpo da quanto accaduto. Per intenderci: un calcio che da dodici anni non esprime una vincitrice della Champions League e ci ha portato due volte la Juventus in finale e una la Roma in semifinale, che solo nove volte è arrivato ai quarti nelle coppe europee e colleziona costantemente figuracce, avrebbe dovuto conservare la nazionale di Mancini sotto una teca. Non è accaduto e così gli azzurri hanno faticato a uscire dal tunnel di errori e stanchezze post Europeo.
Gravina cosa fa ora?
Il presidente ha chiarito per tempo che non si sarebbe dimesso e non lo farà. La sua situazione è differente da quella di Carlo Tavecchio nel 2017 e non solo perché è stato recentemente rieletto e gode di una maggioranza schiacciante dentro il Consiglio federale. Il suo problema è la rotta di collisione con la Serie A in cui è entrato nelle ultime settimane perché i padroni del pallone sono riottosi davanti all’idea di riforme strutturali che portino tutto il sistema verso il porto della sostenibilità. La Figc ha varato criteri di ammissione ai campionati che, con una certa progressività, renderanno impossibili certe crisi di liquidità degli ultimi anni; per farlo, però, i presidenti devono mettere mano al portafogli e smetterla con giochini contabili che sono finiti anche sotto la lente di ingrandimento della magistratura. Loro non vogliono, lui ha tirato dritto per la sua strada. Ora è più debole causa fallimento mondiale e l’assalto alla diligenza è partito già nella notte di Palermo.
Sarà decisivo anche il ruolo di Coni e politica
Attenzione a chi parla di necessità di rifondazione, gettare via tutto per ricominciare daccapo. Mancare il pass per il Qatar 2022 è stato delittuoso, una colpa che non può non coinvolgere i protagonisti diretti a partire da Mancini. Però c’è stato anche molto di casuale, una quantità di sfiga che ha inciso non poco sulle ultime partite, ed è difficile pensare a soluzioni migliori per portare avanti il progetto avviato nel 2018. Sarà decisivo anche il ruolo di Coni e politica, storicamente poco amici di questa federazione. Anche verso di loro Gravina sarà indebolito dopo aver perso la battaglia dei ristori mentre altri settori dell’intrattenimento facevano man bassa di soldi pubblici a fondo perduto. Questa è l’alba del giorno dopo. Non sarà facile risollevarsi e non sarà certamente veloce. La traversata nel deserto che attende il calcio italiano è lunga e dolorosa.