Negli uffici della Federcalcio attendono, sempre meno fiduciosi con il passare dei giorni. Aspettano il via libera alla deroga che deve consentire a Italia-Svizzera, gara decisiva per la qualificazione al Mondiale di Qatar 2022, di giocarsi con l’Olimpico pieno e senza alcuna limitazione di capienza. Aspettano dallo scorso 27 ottobre, quando le parole della sottosegretaria con delega allo Sport, Valentina Vezzali, erano sembrate un’assunzione di impegno definitiva. Aveva garantito che l’evento dell’Olimpico (in programma il 12 novembre) e quasi certamente anche le Finals di tennis di Torino (dal 14 novembre) avrebbero goduto di un trattamento speciale, anticipando di qualche settimana il via libera per tutto e tutti che il mondo dello sport attende, piegato da una crisi cui il Governo non sta dando le risposte attese in termini di ristori e agevolazioni fiscali.
Italia Svizzera, conto alla rovescia
E’ passata più di una settimana e una ne manca al fischio d’inizio di Italia-Svizzera. Lo stato dell’arte non induce all’ottimismo, perché al momento tutto è fermo alla dichiarazione di intento della Vezzali mentre nel concreto la Figc non ha visto nulla. Anzi. Il presidente Gravina ha assistito con un certo sconcerto al balletto di dichiarazioni incrociate seguito alle parole della sottosegretaria allo Sport, smentita nel giro di una giornata dal collega alla Salute, Paolo Sileri, secondo il quale un’apertura al 75% andava più che bene. Qual è la posizione del premier Draghi, ammesso che abbia tempo e voglia di occuparsi della nazionale?
Lo specchio del rapporto calcio-politica
I tentativi di moral suasion perché la situazione si sblocchi proseguono ancora e da via Allegri, sede della Federcalcio, fanno sapere di avere margine fino a fine settimana perché le richieste per l’importante match non mancano e non sarebbe un problema vendere il 25% rimanente in un paio di giorni, anche se al di là del botteghino ci sarebbe poi da approntare qualche correttivo alla macchina organizzativa anche in nome delle norme anti Covid. Di sicuro quanto accade intorno a Italia-Svizzera è lo specchio del rapporto difficile tra il pallone e la politica in tempo di pandemia. Un rapporto incastrato dalla primavera del 2020, quando l’allora ministro (contro) lo Sport Spadafora evocava a giorni alterni la necessità di fermare del tutto il campionato, inteso come carrozzone di privilegiati che non volevano sottostare alle restrizioni di tutti gli altri. Poi la difficile mediazione, la ripartenza, le promesse sempre disattese di aiutare un settore economico che ogni anno garantisce 1,3 miliardi di euro in tasse e che sta perdendo centinaia di milioni e il balletto sulle riaperture degli impianti. In mezzo lo scivolone della parata post Europeo condita di mille polemiche e accuse.
Anche la deroga per l’Olimpico tricolore, ad esempio, rappresenta (o rappresenterebbe) un compromesso a perdere considerato che i club non riescono a capire perché oggi si possa andare a fare tante attività al chiuso riempendo le sale mentre gli stadi all’aperto debbano rinunciare al tutto esaurito. Non è solo una questione di stile. Seguendo le parole (vuote) uscite di bocca ai politici il Milan si era illuso di poter presentare San Siro pieno, con relativo incasso-ossigeno per il bilancio, nel derby del 7 novembre. Come è finita? Non se ne parla più, chiaro. E la deadline per il ritorno alla normalità viene spostata ogni settimana più avanti verso il 2022 quando, però, il campionato avrà celebrato tutto il suo girone d’andata.