La scelta di patteggiare per chiudere il secondo filone dei processi sportivi, quello relativo alle manovre stipendi e alle partnership sospette, ha messo una pietra tombale sulla stagione orribile della Juventus. Non ci saranno strascichi sul prossimo campionato, non ci sarà la lunga coda dei ricorsi veri e minacciati alla giustizia ordinaria: niente Tar, Consiglio di Stato e tutto il resto che a 17 anni di distanza, ad esempio, ancora inquina la costruzione di una verità storica condivisa su Calciopoli.
A chi conviene il patteggiamento della Juventus
L’accordo tra i legali della nuova Juventus e la Procura della Federcalcio, con la benedizione dei vertici federali pur non essendo stato necessario il passaggio formale che sarebbe invece servito in caso di patteggiamento prima del deferimento, è una soluzione pragmatica e funzionale a poter voltare pagina. Non solo per la Juventus, che aveva bisogno di cominciare a programmare il futuro togliendosi la spada di Damocle di un processo senza fine, ma anche per il sistema nel suo complesso.
Lo spettacolo di un campionato spezzettato da sentenze, ricorsi e parziali riscritture della classifica non è piaciuto a nessuno. Non agli addetti ai lavori, avversari della Juventus compresi, e nemmeno a chi in Lega Serie A sta lottando quotidianamente per provare ad alzare il valore del prodotto, in mesi in cui la necessità di arrivare a dama nel bando per la commercializzazione dei diritti televisivi dal 2024. Non sono sfuggite le parole prudenti del presidente Lorenzo Casini e dell’amministratore delegato Luigi De Siervo, così come non è sfuggito quanto detto dal numero uno della Figc, Gabriele Gravina, a proposito della tutela del brand Juventus. E anche il silenzio di quasi tutti gli altri presidenti, consapevoli di come il destino di uno sia legato a quello di tutti gli altri.
Scongiurato lo scenario peggiore
Ripartire ad agosto con l’incombenza di altri asterischi e di una battaglia giudiziaria infinita sarebbe stato lo scenario peggiore. Non solo. All’interno della Juventus ha prevalso la linea del compromesso rispetto a quella del muro contro muro che avrebbe portato il club a mettersi in contrapposizione estrema con il sistema senza la certezza di poter vincere. La lezione mandata a memoria nei cinque mesi vissuti pericolosamente nelle aule della giustizia sportiva, quasi sempre perdendo, è stata che i margini per affermare la propria innocenza erano limitati, quasi nulla.
Si sarebbe potuto bloccare tutto, moltiplicare la strategia dei ricorsi al Collegio di Garanzia del Coni e poi uscire rivolgendosi al Tar del Lazio e al Consiglio di Stato per quantificare eventuali danni. Mossa che avrebbe portato al cortocircuito l’intero sistema ma che, molto probabilmente, avrebbe anche spinto la Juventus stessa in un angolo con ripercussioni anche superiori a quelle subite con la doppia senza nei processi nati dalle carte dell’inchiesta Prisma della Procura di Torino.
Per la Juventus non è il 2006
Come era normale che fosse, l’idea di patteggiare ha scontentato la pancia del tifo juventino. E’ stata vissuta come ammissione di colpa. Una resa alla Federcalcio e alla Uefa. Interpretata come atto di disinteresse di John Elkann nei confronti dei destini del club che è l’asset più in vista di tutto il suo network. Ma anche una goccia nell’oceano delle attività e dei fatturati di Exor. Per tanti si è riaperta la ferita di Calciopoli e il patteggiamento è stato messo alla pari del famoso intervento dell’avvocato Zaccone nell’estate 2006, quello dell’accettazione implicita della retrocessione alla Serie B come pena adeguata.
Non è così. La Juventus è all’inizio di un percorso lungo e complesso. Una traversata del deserto che dovrà portarla a costruire un nuovo ciclo sportivo. Tornare a vincere e sistemare le pendenze politiche con la Uefa. Mettere finalmente in equilibrio conti che non lo sono da troppo temp. E – last but not least – pensare se dopo un secolo sia arrivato il momento di aprire a un assetto proprietario diverso.
Una riga sul passato, con vista al futuro
Per fare tutto questo c’era bisogno di mettere il punto. Tirare una riga e chiudere (almeno sul piano sportivo) una vicenda che ha provocato uno tsunami nella società. L’esito del doppio processo va letto in continuazione, dal filone delle plusvalenze a quello degli stipendi. La Juventus ha ricevuto complessivamente 10 punti di penalizzazione, un danno economico indiretto di non meno di 70-80 milioni di euro. Più una multa da 718mila euro. Ha visto azzerarsi i suoi vertici societari e si è dovuta impegnare a rinunciare a qualsiasi forma di ricorso futuro. Se sembra poco, oltre c’è solo la decapitazione…