La prima data segnata in rosso sull’agenda di Maurizio Scanavino, dallo scorso 28 novembre uomo azienda della Juventus per scelta di John Elkann e da mercoledì anche amministratore delegato con pieni poteri, è quella di venerdì 20 gennaio. Non è l’unica. E’ solo l’inizio di un periodo lungo diversi mesi in cui il management catapultato da Exor al capezzale della Vecchia Signora dovrà affrontare una serie di sfide cruciali per condurre la nave bianconera fuori dalla tempesta e, se possibile, restituirla a una navigazione che ne garantisca la competitività sul campo.
Il nuovo Cda della Juventus
Gianluca Ferrero presidente, il già citato Scanavino numero uno operativo con in mano tutte le deleghe, Laura Cappiello, Diego Pistone e Fioranna Vittoria Negri consiglieri di un cda dal profilo unicamente tecnico in cui la parola d’ordine sarà “ricostruzione”. Anche dal basso, se necessario, perché in almeno due dei tanti ambiti in cui la nuova Juventus sarà chiamata a misurarsi il futuro prossimo minaccia di essere all’insegna di un parziale ridimensionamento.
La prima sfida è quella della giustizia sportiva. Non solo il filone sulle plusvalenze in cui la Juventus è in buona compagnia in un processo al quale guarda con attenzione tutto il sistema, che nell’ultimo lustro ha spesso abusato dello strumento al pari dei bianconeri (e che difficilmente può farne a meno non essendo il calcio italiano strutturato per crescere nei ricavi virtuosi). La Procura della Figc lavora anche ad altri due dossier scottanti ed entro qualche settimana dovrà scoprire le carte. Nulla che non abbia già letto chi ha avuto accesso agli atti dell’inchiesta Prisma della Procura di Torino, ma già dal primo passaggio si avrà consapevolezza dell’impostazione che il procuratore Chiné vorrà dare a tutta la materia e, di conseguenza, di quali rischi corra realmente la società.
La scelta di John Elkann è quella di non offrire la testa perché sia tagliata, come accaduto nell’estate del 2006 e del processo Calciopoli. La difesa sarà punto per punto e il nuovo cda sarà chiamato a cambiare impostazione nella gestione della società senza, però, puntare il dito sulla gestione precedente, difendendola davanti alle corti della Federcalcio.
Le nuove sfide in una primavera-estate caldissima
E’ facile immaginare che saranno una primavera e un’estate ad alta tensione. In gioco non c’è solo la reputazione ma anche una montagna di denaro: in caso di sanzioni sportive (dimenticarsi radiazione o retrocessione malgrado il pressing che arriva da diversi ambienti della comunicazione) sarebbero a rischio i futuri ricavi della Champions League con un buco difficile da sostenere anche per una proprietà forte come Exor. Nell’agenda anche il prevedibile confronto con la Uefa che ha chiesto di fare chiarezza ipotizzando ritorsioni in caso di conferma che il settlement agreement sottoscritto per rientrare nei parametri del Fair Play Finanziario sia stato redatto partendo da presupposti di bilancio non del tutto veritieri.
Se ne parla poco, ma è uno degli scogli più aguzzi che la nave Juventus dovrà affrontare anche perché a Nyon ci sono più nemici che amici. Il motivo? Semplice. Ad aprile arriverà la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione sulla Superlega e sulla posizione di monopolio di Uefa e Fifa. Juventus, Barcellona e Real Madrid partono sfavorite ma non battute e il presidente dell’Uefa, Aleksandr Ceferin, non vede l’ora di regolare i conti con il (fu) Agnelli e i suoi colleghi spagnoli.
Conti da sistemare
Sul piano economico, Scanavino dovrà poi imporre alla Juventus una dieta ferrea per rimettere in equilibrio conti che non lo sono. Si parte dal -239 (milioni di euro) della scorsa stagione che diventa -538 se si allarga la visuale al triennio. Colpa del Covid e non solo: la girandola di dirigenti, allenatori e giocatori ha fatto gettare via tanti soldi e progetti di un club che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità e che ora deve rientrare nei ranghi. In fretta. Tradotto in concreto, significa stop agli investimenti folli sul mercato, qualche cessione per alleggerire stipendi e ammortamenti e una politica di lancio dei giovani sulla quale non sarà consentito derogare a nessuno.
Nemmeno a Massimiliano Allegri che da sempre è sostenitore della necessità di costruire squadre esperte per puntare a vincere. Gli verrà chiesto di adeguarsi. Resterà? Altro punto in agenda del nuovo cda, anche se con scadenza fine primavera. L’investitura per il tecnico e per Federico Cherubini. Per lui c’è da valutare anche quanto emerso nelle carte dell’inchiesta Prisma. Exor considera limitata nel tempo a questa prima fase dell’emergenza. Poi Allegri e la parte tecnica, o quello che ne resta, saranno come tutti valutati sulla base dei risultati e dei progetti futuri. Non significa sicuro addio, ma nemmeno garanzia di permanenza a dispetto del pesantissimo contratto (30 milioni lordi più bonus) che lo lega ancora fino al 30 giugno 2025, eredità delle scelte di Andrea Agnelli che di certo non piacciono al nuovo corso bianconero.
La politica sportiva della Juventus in Italia e in Europa
Ultimo tema: il posizionamento della Juventus nello scenario di politica sportiva in Italia ed Europa. La brusca fuoriuscita di Andrea Agnelli ha tolto potere in un momento delicatissimo. Con la Lega Serie A che prepara il bando per i prossimi anni (presumibilmente fino al 2029) dei diritti tv e con scelte centrali da compiere. Apertura ai fondi di investimento; nuove forme di distribuzione del prodotto; riforma della governance calcistica. Scanavino e gli altri dovranno tessere una nuova tela per sostituire quella che si è strappata. E lo stesso dovrà accadere in Europa dove la Juventus è fuori da tutti i giri che contano. Il verdetto in arrivo dalla Corte UE aiuterà a fare chiarezza, poi andrà disegnata una nuova strategia. Un’agenda da far perdere il sonno a chiunque, dalla quale passa buona parte del futuro del club più prestigioso del sistema calcio italiano.