In attesa che la Corte di Giustizia europea si pronunci, non si sa quando e i tempi non saranno brevi, sulla disputa intorno alla Superlega che ha provocato la ribellione contro la Uefa di Juventus, Real Madrid e Barcellona, intorno alla cassaforte della Champions League proseguono le grandi manovre. A sorpresa, ma neanche troppo, Nyon sta preparando un passo indietro che sarebbe epocale e che in un certo senso darebbe ragione agli scissionisti arrivando, però, fuori tempo massimo. La Uefa è entrata nell’ordine di idee di fare sedere al tavolo più ricco della ricchissima Champions anche le società, soprattutto quelle che trainano tutto il movimento e che oggi stanno soffrendo una crisi gravissima causa pandemia con l’eccezione di chi può contare sugli investimenti senza limiti di stati sovrani: Psg, Manchester City e a breve il Newcastle appena acquistato dal fondo PIF che fa riferimento al patrimonio smisurato del principe ereditario saudita Bin Salaman.
La lunga trattativa tra Ceferin e la ECA (associazione che raduna i club europei) è naufragata nella scorsa primavera proprio davanti al ‘No’ deciso di Nyon all’idea che i proprietari potessero mettere le mani direttamente sul tesoretto dei ricavi da marketing generati dalla manifestazione più importante del calcio mondiale (escluso il torneo per nazionali che la Fifa progetta di rendere biennale tra le proteste della stessa Uefa). Una posizione allora rigida cui seguì la fuga dei 12 club verso la Superlega poi rientrata con eccezione di Juventus, Real Madrid e Barcellona che sono tutt’ora in aperto contrasto con la Uefa, anche se Ceferin ha dovuto cancellare tutti i procedimenti aperti con minaccia di esclusione per due anni dalle competizioni per evitare di incorrere in denunce penali da parte del Tribunale di Madrid che ha dato copertura legale alla Superlega.
La svolta è nascosta nelle pieghe della comunicazione di apertura del processo per cercare un partner per marketing e vendita commerciale così da completare gli accordi in vista del triennio che va dal 2024 al 2027. Agli occhi più attenti pare evidente come si tratti della concretizzazione di quanto annunciato qualche settimana fa all’assemblea dell’ECA e cioè della nascita di un sistema di valorizzazione dei ricavi commerciali a vantaggio delle società e delle rispettive proprietà attraverso una join venture fin qui negata.
In sostanza, la rinuncia (vedremo quanto parziale o definitiva) della Uefa a uno dei ruoli contestati dai ribelli della Superlega e ora sul tavolo della Corte di Giustizia europea che dovrà dire se l’associazione preceduta da Ceferin rispetta le norme sulla libera concorrenza o ha agito in tutti questi anni in regime di monopolio rivestendo allo stesso tempo i ruoli di organizzatore, distributori del prodotto, broker, regolatori e distributori dei proventi, per usare le parole scritte da Andrea Agnelli nella lettera agli azionisti Juventus che sarà depositata a fine ottobre in assemblea.
Il paradosso è che il passo indietro della Uefa arriva quando a capo dell’ECA non c’è più Agnelli ma Al-Khelaifi, nuovo alleato di ferro di Ceferin almeno fino a quando non ci sarà da mettere davvero le carte in tavola per decidere sul Mondiale biennale e sul Mondiale per Club, la creatura che la Fifa ha partorito ma che non è ancora nata, fortemente osteggiata dalla Uefa e dalla maggioranza dei club. Almeno per ora.