“Chiamate il numero verde di Casa Milan. Cliccate ‘1’ per italiano, poi ‘3’ altro. E poi litigate con l’operatore”. Questa è una delle reazioni più moderate alla notizia che ha sconvolto il mondo rossonero. Una tarda serata d’inizio estate, apparentemente tranquilla il giorno dopo la fine di una stagione impegnativa, si è improvvisamente trasformata in una notte di passione per noi tifosi del Diavolo. Non bastavano le incognite del mercato estivo ancora da venire e la tensione nell’allestire il trespolo su cui gufare i cugini sabato sera. La rottura di Maldini con la proprietà è una di quelle notizie che rischiano di diventare segnanti.
L’addio di Maldini, le nostre Falkland
Il fumettista argentino Roberto Fontanarrosa ha scritto: “In vita mia, due volte mia moglie ha osato entrare in camera per svegliarmi prima delle 10 di mattina. La prima per dirmi che l’Argentina aveva invaso le isole Malvinas. La seconda per avvisarmi che Maradona aveva firmato per il Newell’s”. Ecco, la notizia del divorzio di Maldini dal Milan sono le nostre Falkland.
“Amore chi cazzo è che ti continua a scrivere a mezzanotte?”. E’ una scena che si è ripetuta in chissà quante stanze ieri notte. A turbare la sonnecchiante visione di Report o più realisticamente dell’Isola dei Famosi. Al contrario di Netflix, noi milanisti “abbiamo iniziato a preoccuparci e smesso di masturbarci”. Perché va bene l’inflazione, sticazzi dell’Ucraina e passi pure l’alluvione estiva. Ma l’addio di Paolino al 5 di giugno è l’inizio dell’inverno del nostro scontento rossonero.
I nostri cuori rossoneri non sentono ragioni
“Nel medioevo credevano che il ciclo mestruale rendesse fertili i campi, noi crediamo alle previsioni del Pil“. Un breve estratto del podcast di Barbero può tornarci buono per analizzare le perversioni di una società che vive seguendo la legge del mercato. Il calciomercato nel nostro caso specifico.
Dietro ogni addio c’è una qualche ragione. E la nostra ottima redazione sportiva ha provato a ricostruire i retroscena del misfatto di ieri. “La sensazione è che per la nuova proprietà Maldini fosse «troppo», in tutto: troppo amato dai tifosi, troppo amato dai giocatori, troppo potente con la stampa, troppo abile anche a prendersi la scena nei momenti buoni. Troppo e soprattutto troppo lontano dalle regole del business, anzi del «calcio-business». Dove vige una sola regola: “chi sbaglia, paga”. Ma in questo momento i nostri vecchi cuori rossoneri sono infranti, e di mercato, comunicazione e strategie non vogliono sentir ragioni.
“Cardinale se vuoi fare business comprati una banca”
C’è spazio solo per il dolore, e per il rancore. Verso chi ha permesso che la parte migliore di noi ci lasciasse. Vi risparmio gli epiteti, tutt’altro che signorili, verso il “povero” (che in realtà sarebbe anche ricchissimo, ma in due sessioni di mercato non si può dire che ce l’abbia dimostrato) Gerry Cardinale. Nome da Padrino, nomea da broker senza scrupoli, condotta da gangster senza cuore.
Il tempo e i risultati magari gli daranno anche ragione. Ma noi siamo tifosi, sentimentali della peggior specie e abbiamo iniziato a mandarci vocali in cui gli intimiamo di andarsene. Sulle note di quella che credo sia una canzonaccia degli anni Ottanta. Non è nemmeno di nostra invenzione, ma chi ci ha privato di Maldini in questo momento non si merita manco insulti originali. “Se volevi fare business, ti compravi una banca. Non il Milan“, dice il più sgrammaticato dei miei contatti WhatsApp. Non potrei essere più d’accordo.
Con Maldini se ne va il Milan
Anche perchè i milanisti più “studiati” che conosco si sono chiusi in un silente stupore. “Lieve è il dolore che parla. Il grande è muto” diceva Seneca. Chi ha le forze s’indigna e chiama Casa Milan, per disdire l’abbonamento appena rinnovato o anche solo per litigare. Con Paolo Maldini se ne va una stagione, calcistica ma soprattutto della nostra vita di tifosi. Non possiamo che volergli bene e ringraziarlo per quello che ha fatto e quello che è stato, “perché con Maldini hanno mandato via il Milan“.