Nei giorni della polemica furiosa sull’emendamento spalmadebiti fiscali, passato alla fine nonostante il parere del Governo ma reso difficilmente attaccabile perché destinati a tutto lo sport e non solo al calcio, ai più è sfuggito come nell’ultimo anno i club della Serie A abbiano utilizzato un altro degli strumenti messi a disposizione nell’emergenza Covid per abbellire un po’ i propri bilanci. Nulla di illegale, ovviamente, e nemmeno un privilegio perché la misura era contenuta nel DL Agosto del 2020 ed era destinata a tutte le imprese che scrivono i propri conti economici seguendo i parametri italiani: non alle quotate in Borsa, insomma.
La possibilità di rivalutare il marchio e altri asset materiali e immateriali
Si tratta della possibilità di rivalutare il marchio e altri asset materiali e immateriali così da migliorare il proprio stato patrimoniale ed evitare di dover intervenire con ricapitalizzazioni in caso di negatività. Un intervento che in Serie A ha consentito alle società di ricevere un “aiuto” indiretto da 935 milioni di euro con benefici per oltre 700. Tolto chi è (era) quotato come Juventus, Roma e Lazio, l’opzione rivalutazione è stata a disposizione di tutti gli altri ed è stata attivata da 9 club. Non solo quelli più in crisi con il bilancio, ma anche chi ha una gestione che si sta avviando all’equilibrio tra costi e ricavi come il Milan che è stato l’ultimo in ordine di tempo a sfruttare l’opportunità aggiornamento il valore del proprio brand a 200 milioni di euro, sei volte tanto i 35 dell’ultima perizia risalente al 2005 quando ancora la proprietà era Fininvest.
Per molti si è trattato di adeguare i valori alla crescita dell’azienda
Per molti si è trattato di adeguare i valori alla crescita dell’azienda. Il marchio è stata la leva maggiormente utilizzata: lo hanno fatto il Napoli portandolo a 75 milioni, Sampdoria (61) e Genoa (51), Torino (59), Cagliari (24) e Lecce (17). Altri hanno aggiunto asset differenti come nel caso dell’Inter che aveva aderito a quanto respo possibile dal DL Agosto già nel bilancio 2020/2021 iscrivendo per marchio e library un valore di 212 milioni di euro e salvandosi così dalla certificazione di un patrimonio netto negativo consistente.
Il curioso caso dell’Udinese
Curioso il caso dell’Udinese. I friulani, una delle società più sane e virtuose del calcio italiano, hanno fatto un restyling complessivo di tutti i propri asset materiali e immateriali compreso lo stadio nel frattempo divenuto di proprietà. Nell’elenco è finito anche il cartellino di alcuni calciatori, compreso l’argentino Rodrigo De Paul ceduto all’Atletico Madrid per una cifra di poco inferiore ai 50 milioni di euro: il risultato complessivo è stata una rivalutazione di 233 milioni di euro di cui 226 di riserva, il record per la Serie A. La mossa ha consentito di alleggerire gli effetti dei passivi e ha aiutato le proprietà a limitare gli importi di capitale per mantenere operativa l’azienda a livello patrimoniale. Come detto, non si è trattato di un favore al calcio ma di una misura decisa in un momento di crisi profonda per aiutare tutto il sistema industriale a non venire travolto dallo tsunami della pandemia. E’ innegabile, però, che i club lo abbiano utilizzato in maniera estesa e che in futuro non sarà più possibile intervenire con uno strumento simile. La lettura dei conti della Serie A, insomma, è ancor più preoccupante di quanto già non appaia: cosa accadrà una volta venuti meno i sostegni?