Maurizio Sarri e la Juventus non si sono mai presi. Reciprocamente. Il matrimonio non solo non è stato consumato, ma si è consumato molto più velocemente di quanto non si vedesse in superficie nella stagione cominciata con la polmonite del tecnico prima della tournée cinese, interrotta dal Covid e poi conclusa con lo scudetto ‘corto muso’ conquistato sull’Inter e con la precoce eliminazione dalla Champions League per mano del Lione.
Non si sono mai presi, prima di tutto per una questione caratteriale, e le parole dell’ex allenatore in procinto di sbarcare alla Lazio hanno alzato definitivamente il velo sulla storia di un anno tutto sbagliato e molto poco juventino.
Maurizio Sarri rompe il silenzio sulla Juventus
Sarri ha parlato a Sportitalia rompendo un silenzio lungo 332 giorni. Non è stato banale (non lo è mai), non ha fatto zero a zero, non si è nascosto dietro a frasi fatte. Ha ricostruito la sua parabola juventina arricchendo il racconto di un aneddoto che ha svelato il mistero, quello del vertice a metà ottobre col suo staff per decidere se andare avanti con le proprie idee (“facendoci cacciare tra 20-30 giorni”), oppure scendere a compromessi e provare a vincere lo scudetto (“ma tanto alla fine ci cacciano lo stesso”).
Buona la seconda, ma lo strascico di veleni e frustrazioni ha travolto tutto e tutti, costringendo Agnelli a un doloroso passo indietro che è costato quasi 15 milioni di euro al lordo, obbligato l’ingaggio di un debuttante come Pirlo e bruciato anche l’annata successiva. Raramente una scelta è stata così catastrofica nelle conseguenze ed evidentemente mal ragionata prima, visto che è stato sufficiente chiacchierare con Sarri un’ora per capire come non sarà mai un gestore di uomini e si sente a suo agio solo nel ruolo di allenatore di campo. Quello che non serve a un grande club, soprattutto se dentro quel club c’è la stella delle stelle che risponde al nome di Ronaldo.
Maurizio Sarri Juventus, il perché di un errore
La domanda che resta è, dunque, perché la Juventus abbia commesso quell’errore capitale. Chi l’abbia davvero voluto, chi subito e chi avallato. Lo svolgimento successivo indica in Paratici il colpevole perfetto e il contratto non gli è stato rinnovato.
Ma non può essere lui l’unico capro espiatorio e da qui in poi tutto il club finisce sotto osservazione perché quello sbaglio, insieme ad altri e al drammatico impatto della pandemia sui conti di tutto il calcio, è costato alla famiglia Elkann-Agnelli una ricapitalizzazione da 400 milioni di euro che segue di meno di due anni altri 300 buttati nella speranza di innescare un nuovo ciclo di crescita sportiva e industriale.
Il totale fa 700 milioni, quasi una finanziaria. Exor se lo può permettere e la Juventus tornerà grandissima a breve, però il periodo degli esperimenti e della ricreazione è finito. Arrivabene paracadutato nel ruolo di amministratore delegato con pieni poteri sulla macchina bianconera lo dimostra senza ombra di alcun dubbio.