Perché leggere questo articolo? Al Milan è in atto la rivoluzione Moneyball. Non più la storia e il carisma di Paolo Maldini, ma Intelligenza artificiale e un algoritmo. Ma siamo sicuri che l’analisi statistica delle prestazioni dei giocatori, applicata al baseball funzioni anche per il calcio?
L’arte di vincere. Questa è la traduzione italiana di Moneyball, film del 2011 di Michael Lewis, tornato alla ribalta per gli sviluppi thriller dell’estate del calciomercato italiano. Per una volta, gli italiani potrebbero trovarsi a discutere sotto l’ombrellone non di acquisti di calciatori, ma di partenze di dirigenti. Dopo il roboante addio di Paolo Maldini, il Milan sembra intenzionato a percorrere una strada hollywoodiana. Ma siamo proprio sicuri che la trasposizione di Moneyball – dal grande schermo alla realtà, e dal diamante del campo da baseball al rettangolo verde del calcio – si riveli vincente?
Che cos’è l’effetto Moneyball?
Per cominciare, cos’è questo accostamento Moneyball-Milan? Il film racconta – con l’inevitabile retrogusto hollywoodiano, che però riesce a non sfociare nell’americanata – la trasposizione con mazza e guantone di “Miracolo sul ghiaccio”. Nello specifico, il miracolo sportivo è quello degli Oakland Athletics, squadra materasso della Major League di baseball che, sotto la guida del general manager Billy Beane a inizio Duemila riesce a stabilire il record di vittorie consecutive. Come ha fatto la peggior squadra di tutta la MLB a passare dalle stelle alle stalle? Con il “metodo Moneyball”.
Più precisamente si chiama sabermetrica, da SABR – Society for American Baseball Research. Come analizzato da Valerio Moggia di Pallonate in Faccia, il vero ideatore del “metodo Moneyball” è Bill James, che nel 1977 espose la sua teoria in un libro. Secondo James, con un approfondito studio dei dati statistici era possibile estrapolare analisi oggettive sul valore dei giocatori di baseball, scoprendo cose che osservatori e allenatori non erano in grado di vedere. A lungo ignorato, James – dopo il successo degli Athletics – divenne consulente dei Boston Red Sock. Grazie al moneyball tornarono a vincere le World Series nel 2004, scongiurando una maledizione che durava dal 1918. Grazie a moneyball, James è stato inserito da Time tra le 100 persone più influenti al mondo. Mentre, è notizia di queste ore, che Billy Beane sarà il nuovo consulente del mercato del Milan. E qui veniamo ai chiaroscuri dietro la rivoluzione calcistica dell’estate.
Moneyball nel calcio non ha funzionato
Si perchè da qualche anno anche le società di calcio hanno iniziato a guardare con interesse alla sabermetrica. Principalmente perchè dati e algoritmi possono permettere di essere competitivi senza spese economiche stellari. I risultato però non sono stati gli stessi del baseball. L’effetto Moneyball non calcio non sembra esserci stato. Il primo “gancio” tra baseball e football è arrivato proprio dai proprietari degli Oakland Athletics. Nel 2006 hanno comprato i San José Earthquakes, con il fido Billy Beane chiamato a elaborare un “metodo Moneyball” per il calcio. La storia però non è stata a lieto fine. Nel 2010 il club decise di accantonare il progetto di Beane e del suo team.
Dall’America, il metodo Moneyball si è trasferito in Inghilterra. Con Arsene Wenger all’Arsenal: squadra dal bel gioco, ma con pochi trofei. Nei 15 anni dopo la Premier degli “invincibili” del 2004, l’Arsenal di Wenger ha vinto solo tre Fa Cup e due Community Shield. Un osservatore di Wenger, il connazionale Damien Comolli, è considerato uno dei pioniere dell’analisi dei dati nel reclutamento dei giocatori. Ingaggiato come manager dal Tottenham e dal Saint-Étienne con buoni risultati, nel 2010 è stato chiamato dal Liverpool. L’operazione Moneyball nel Merseyside è naufragata malamente. Di Comolli i tifosi dei reds ricordano solo l’acquisto di Andy Carroll: pagato 42 milioni di euro al Newcastle (secondo inglese più costoso di sempre, all’epoca), fu un disastro su tutta la linea. Per non parlare dei 50 milioni di euro per bidoni come Charlie Adam, Stuart Downing e Jordan Henderson.
Moneyball funziona solo in piccolo
Per trovare risultati incoraggianti al metodo Moneyball bisogna scendere in piccolo. Molto in piccolo, come nel caso del Brentford di Matthew Benham. Un fisico laureato a Oxford che ha fondato la SmartOdds, società di scommesse che sfrutta modelli matematici originiali. Benham nel 2012 ha acquistato il suo Brentford in terza serie inglese, portandolo in Premier League…ma in dieci anni. Anche se, bisogna ammettere, sempre avendo a disposizione il budget più basso della categoria.
Moneyball è funzionato anche in Danimarca, col Midtjylland, Anche qui, dietro l’applicazione c’è un personaggio eccentrico. Lo scrittore Rasmus Ankersen, appassionato di statistica e con un breve passato da calciatore interrotto da un grave infortunio. Nel 2014, proprio insieme a Benham ha acquistato il Midtjylland, portandolo nel 2015 a vincere il primo scudetto e ad arrivare ai girioni di Champions.
Di recente, il metodo Moneyball ha trovato applicazione in Olanda, all’AZ Alkmaar. Nel 2014 il club ha scelto incredibilmente come direttore generale Robert Eenhoorn. Uomo senza alcuna esperienza di calcio ma con un passato da giocatore di baseball. Puntuale come la morte, ecco che ricompare il nostro Billy Beane, sempre come consulente. In questi anni però l’AZ non ha vinto alcun trofeo. Se non la Youth League con la primavera.
Il calcio non è il baseball
Questa breve panoramica del metodo Moneyball sembra dunque confermare che il calcio non è il baseball. Quello americano è uno sport fatto di continui duelli uno-contro-uno e con posizioni e movimenti strettamente codificati. E’ la maschera di uno sport di squadra. Nel film Brad Pitt prende tre giocatori mediocri per sostituirne uno forte a costo inferiore. Nel calcio non è possibile sostituire un attaccante da 15 gol a stagione con tre punte da 5 reti ciascuno. E poi, a differenza dei continui uno-contro-uno del baseball, la continua interazione di 22 giocatori sul campo di calcio crea un numero di statistiche da considerare enorme. Mettiamoci poi il fatto che, a differenza degli sport americani, le statistiche nel calcio (anche quelle più avanzate) restituiscono una fetta ancora troppo piccola di “verità” analitica di un evento. L’augurio in conclusione è che la rivoluzione Moneyball del Milan non faccia la fine di Brad Pitt, protagonista del film che venne bruciato da Jean Dujardin per l’Oscar al Miglior Attore.