Lo scudetto del Milan (manca ancora davvero poco alla squadra di Pioli per raggiungere il traguardo) sarebbe il manifesto di un calcio diverso, in controtendenza rispetto alle big che in questi anni si sono indebitate per tenere il passo della pandemia. Bisogna tornare allo scorso millennio per trovare un club capace di mettersi tutti alle spalle partendo dal quarto posto nella classifica del monte ingaggi: è la fotografia di questa stagione nella Serie A in cui il Milan, che comanda la classifica e non è mai sceso al di sotto della seconda posizione, conta almeno tre avversarie più munifiche nel pagare stipendi.
Juventus, Inter e Napoli con incassi maggiori
Dati ufficiali non ce ne sono, ma le stime fatte la scorsa estate e rivista dopo il mercato di gennaio vanno tutte nella stessa direzione. Juventus (intorno ai 170 milioni di euro), Inter (130) e Napoli (110) hanno un costo ingaggi per la rosa maggiore di quello del Milan che si aggira intorno ai 100 milioni di euro lordi, alleggerito dalla partenza di Donnarumma che è stato sostituito da Maignan senza problemi di rendimento – anzi – e con un notevole risparmio nei conti.
Quarto posto per stipendi e primo sul campo.
Quasi un’anomalia nel calcio moderno in cui sempre più spesso l’albo d’oro coincide con la classifica dei fatturati, sia a livello europeo che dentro i campionati nazionali. Uno dei prodotti delle scelte strategiche sbagliate della Uefa nell’ultimo decennio, con l’arricchimento della Champions League e i paletti del Fair Play finanziario che hanno congelato i rapporti di forza e aumentato la forbice tra chi può permettersi investimenti e chi deve fare di conto ogni anno. Elliott ha imposto la sua visione di calcio al Milan e i risultati gli stanno dando ragione. L’equilibrio di bilancio si avvicina e in campo, dopo il lockdown, i rossoneri hanno marciato a passo doppio arrivando a candidarsi per lo scudetto. Tornando indietro negli anni, nessuno ha vinto partendo da così in basso nel monte ingaggi dal 2000 in poi (e prima è difficile reperire dati certificati).
L’Inter di Conte, ad esempio, era alle spalle della Juventus sovraccaricata del peso monstre di Ronaldo – 60 milioni di euro lordi solo per il portoghese -, ma a sua volta era in fase espansiva e si poteva permettere giocatori inarrivabili per le altre. Lo stesso per la Juventus del lungo ciclo vincente, costruito di pari passo con il boom dei ricavi e delle spese. Solo nella stagione 2011-2012, quella del ritorno al tricolore con Conte in panchina, i bianconeri non erano stati i più munifici, battuti proprio dal Milan poi sconfitto sul campo.
Lo stesso Milan che nel 2010-2011 distribuiva stipendi per 130 milioni di euro facendo a gara con l’Inter, appena uscita dal Triplete costruito a sua volta, così come gli scudetti in fila post Calciopoli, anche su una forza economica prevalente in Italia. E, riannodando le fila della storia, si arriva alla lotta di inizio anni Duemila con Juventus e Milan a contendersi il titolo poggiando sulla base degli investimenti della famiglia Agnelli e di Silvio Berlusconi con in mezzo l’Inter del munifico, ma poco fortunato, Massimo Moratti. Lazio e Roma, tricolori in una breve stagione, erano invece espressione di due proprietà disposte a tutto pur di salire sul tetto d’Italia.
L’eventuale scudetto del Milan cancellerebbe molti luoghi comuni
Insomma, l’eventuale scudetto del Milan cancellerebbe molti luoghi comuni e restituirebbe una dimensione più sportiva e meno legata alla finanza al nostro campionato. Un’eccezione assoluta in Europa, dove quest’anno hanno (stra)vinto i più ricchi: Real Madrid in Spagna, il solito PSG in Francia e l’eterno Bayern Monaco, 10 titoli consecutivi, in Germania. In Premier League sono tutti pieni di soldi e il confronto è più aperto, ma il tema si pone con il resto del Vecchio Continente che rischia di diventare una provincia dell’impero di Sua Maestà.