Tutto si aspettava Paolo Maldini quando si è recato a Palazzo Parigi di Milano all’incontro con Jerry Cardinale che di essere messo alla porta. Non essendo mai stato uno stupido, anzi, l’ex difensore e da anni massimo dirigente rossonero si aspettava una discussione, forse anche accesa; si aspettava critiche sul mercato della scorsa stagione (pessimo), si aspettava un ridimensionamento del ruolo e magari anche dello stipendio. E sarebbe anche stato pronto ad accettare tutto questo.
Un divorzio inaspettato per Maldini
Invece il divorzio non consensuale è piombato sul tavolo come un fulmine. Tanto per capire oggi Maldini e Massara avevano già organizzato incontri ed appuntamenti con i procuratori di Arnautovic e Kamada, due dei principali obiettivi del mercato al via in queste ore; tutto fermo, tutto cancellato. Tutto finito.
Oggi però, con tutte le carte sul tavolo, i segnali che si sarebbe andati in quella direzione paiono chiari con un piccolo sforzo di cambio di mentalità: bisogna infatti mettere da parte quella italiana ed infilarsi nella testa invece quella americana. Dall’altra parte dell’Oceano anche lo sport è soprattutto business e su questo non si guarda in faccia nessuno.
Le “bandiere” in America non esistono
Basti ricordare la fine rapida in Nba di Magic Johnson come general manager dei «suoi» Lakers o il siluramento dopo un paio d’anni di una leggenda come Larry Bird dai Celtics. La parola o il concetto di «bandiera» non esiste. Conta altro. E così ecco che Jerry cardinale non ha discusso ma solo informato la leggenda degli ultimi 30 anni di Milan che per lui non c’era più spazio.
Per le seguenti colpe: mercato fallimentare, con due nomi e due investimenti su tutti: De Ketelare e Origi. Il primo per il costo del cartellino, 32 milioni + 3 di bonus, il secondo per lo stipendio (4 mln netti l’anno, che fanno di lui il secondo giocatore più pagato della squadra dopo Theo Hernandez). Non solo.
Le uscite (e le entrate) di Maldini non sono piaciute a Cardinale
Non sono piaciute al proprietario alcune uscite di Maldini, come quella post eliminazione in Champions quando «urbi et orbi» dichiarò l’impossibilità della squadra a competere in Italia ed in Europa. Soprattutto non è mai scattata la «scintilla» tra i due. Si dice che Cardinale ad esempio non abbia gradito la velocità con cui Maldini avrebbe battuto cassa alla fine dello scorso campionato, vinto a sorpresa dal Milan.
Subito dopo la festa scudetto, Maldini ha ottenuto l’innalzamento di stipendio da 4 mln netti a stagione che fanno dell’ex terzino sinistro il secondo dirigente più pagato d’Italia dietro solo a Beppe Marotta (che però fa molto altro all’Inter, essendo quello che ha tenuto la barra dritta nella tempesta anche di questa stagione). Qualcuno ha fatto notare a Cardinale che ad esempio Giuntoli, il creatore del Napoli tricolore, ha uno stipendio che è un terzo di quello di Maldini, 1,4 mln…
Maldini era di troppo
La sensazione è che per la nuova proprietà Maldini fosse «troppo», in tutto: troppo amato dai tifosi, troppo amato dai giocatori, troppo potente con la stampa, troppo abile anche a prendersi la scena nei momenti buoni. Troppo e soprattutto troppo lontano dalle regole del business, anzi del «calcio-business». Dove vige una sola regola: chi sbaglia, paga.