Ora che il campionato si conclude e, smaltita gioia o delusione, si potrà davvero cominciare a parlare di futuro, sarà il momento di avere risposte definitiva sulla nuova proprietà del Milan. Sempre ammesso che un cambio di proprietà avvenga davvero e che Elliott ceda ed esca e non, come sempre possibile, non decida invece di tenersi il giochino e proseguire. Sono trascorsi quasi due mesi dalla comparsa sulla scena di Investcorp, fondo del Bahrain in prima fila per l’acquisizione del club rossonero. La sua offerta da 1,18 miliardi di euro, pubblicizzata anche più del dovuto, è la più alta in campo a meno di smentite. Signing e closing, però, vanamente annunciati per giorni a fine aprile, non si sono ancora realizzati e, anzi, col passare delle settimane la situazione si è fatta più nebulosa del previsto.
L’unica certezza è che il periodo di esclusiva è scaduto e da lì in poi Elliott ha scelto di ascoltare anche altre proposte, che non mancavano nemmeno prima ma che erano state rispedite al mittente senza aperture. E’ anche chiaro che i Singer non abbiano apprezzato le uscite pubbliche dei vertici di Investcorp e di quanto ruota attorno all’entità araba, diversamente leggibili come un preannuncio di accordo chiuso (cosa che non risulta) o come un tentativo di forzare i tempi.
La discesa in campo di RedBird
Il balletto successivo ha lasciato sconcertati molti osservatori esterni della vicenda. La discesa in campo di RedBird è avvenuta con una tempistica perfetta per insinuare il dubbio che si trattasse di una mossa di Elliott per cercare di alzare il prezzo. Si è dato per scontato, ad esempio, che potesse essere competitiva con quella di Investcorp pur essendo sensibilmente più bassa (15% in meno rispetto al miliardo e 180 milioni di euro), abbassando così la soglia di remuneratività dell’investimento fatto da Elliott sul Milan. Si è inserito l’elemento della presenza di una parte di finanziamenti esterni a debito (400 milioni su 1200) da parte di Investcorp, quasi a dire che gli arabi non avessero il denaro per fare l’operazione per la quale si erano impegnati in una due diligence impegnativa.
Poi è calato il silenzio. Fisiologico, essendo il Milan impegnato in una volata per lo scudetto che non ammette distrazioni, ma anche sospetto. Silenzio anche da parte di chi aveva cominciato a delineare scenari smentiti informalmente da una delle parti, l’idea che i nuovi padroni del club arrivassero come le borse piene di soldi per un mercato da sceicchi. O, addirittura, decisi a spazzare via tre anni di lavoro sul progetto del nuovo stadio condiviso con l’Inter per mettersi in proprio.
Silenzio fino alle voci su un irrigidimento da parte di Investcorp nei confronti di Elliott per la gestione della seconda fase della trattativa, quella dopo la fine dell’esclusiva. Quella in cui c’è chi si è spinto a sostenere che, visto il prezzo del passaggio del Chelsea nell’era dopo Abramovich (5 miliardi di euro tra cash e investimenti), dalle parti di Londra avessero cambiato idea e ritenessero il miliardo abbondante promesso dagli arabi troppo poco per mettere le mani su un brand mondiale come il Milan. Dimenticando che la forbice che separa il calcio italiano dalla Premier League, come valori finanziari, è chiara a tutti gli operatori del settore da tempo e non a caso i fondi made in USA si stanno muovendo sulla Serie A, considerata oggi un prodotto con margini di sviluppo e redditività contendibile a prezzi ragionevoli.
Dopo il campionato si riaccenderanno i riflettori
Tanta confusione, zero certezze. Il verdetto del campionato contribuirà a riaccendere i riflettori sul futuro del Milan. Maldini, Massara e Moncada – gli uomini operativi della parte sportiva – continuano a tessere la tela seguendo la traiettoria disegnata nei mesi scorsi. Con una piccola annotazione: al netto di annunci e indiscrezioni, tutti e tre continuano ad avere il contratto in scadenza il prossimo 30 giugno 2022. Praticamente dopodomani. Non risultano al momento firme e contratti prolungati. Ivan Gazidis, braccio destro di Elliott, è invece in sella fino a novembre: un termine perfetto per gestire ogni tipo di scenario.