Diciamo la verità: la guerra in Ucraina ha azzerato tutto, cancellato ogni altra notizia e vicenda. Tutto normale, giusto, logico. A volte però basta poco per riportarci alle memoria tematiche finite nell’ultimo dei cassetti. E così pochi giorni fa, nel leggere che il Sindaco di Milano, Beppe Sala si diceva “preoccupato” per la vicenda del nuovo San Siro ecco che nella mente si è riaccesa la luce sulla vicenda dello stadio di Milano.
La matassa stadio è sempre più ingarbugliata
E così abbiamo provato a capire se in questi mesi le cose siano migliorate. Purtroppo però quello che abbiamo scoperto è che la matassa è sempre più ingarbugliata. Anche perché, ogni protagonista di questa vicenda ormai comica, ci ha messo del suo, compreso il titolare di Palazzo Marino che è giustamente preoccupato ma che, bisogna essere onesti, non è che abbia fatto di tutto, al massimo, per agevolare ed accelerare le cose. Nessun bastone tra le ruote, sia chiaro, ma è evidente che il primo cittadino abbia sempre teso una mano ai vari comitati (l’Italia è il Paese numero 1 al mondo nel settore “Comitato contro qualsiasi cosa“) che hanno contestato il progetto del nuovo stadio. Tutto a norma di legge, tutto corretto, ma forse un po’ più di energia anche dal sindaco avrebbe fatto bene alla causa. Ma si sa, di mezzo c’è stata anche la campagna elettorale e la rielezione.
Fase di stallo e comitati contrari
E ci sono appunto i comitati del No. Ognuno ha le sue idee, legittime, ma non vedere che lo stadio Meazza sia superato, vecchio, un costo per il Comune ed un freno per Inter e Milan, è una cecità così violenta da pensare che sia voluta, a prescindere. L’ultima volta che San Siro ha subito una profonda sistemata ci fa tornare ai mondiali di Italia ’90: allora non c’erano i telefonini, i social network, le auto elettriche ed esisteva ancora l’Unione Sovietica. Volersi fermare a questo museo di antichità architettonico-sportiva è lecito ma imbarazzante. Eppure la legge, le normative prevedono il famoso “Dibattito Pubblico“ da una parte visto come un passo assurdo nell’iter burocratico e dall’altro l’occasione per frenare il progetto e conquistarsi un po’ di notorietà.
E al momento da questo punto di vista lo stallo è totale. I Comitati vogliono vedere un progetto esecutivo per poter esprimere il proprio giudizio. Cosa di cui Inter e Milan non vogliono nemmeno sentir parlare. Per ragioni economiche preparare un progetto esecutivo simile costa una decine di milioni di euro e le due società sono pronte a crearlo solo una volta avuto il via libera definitivo, non prima. I Comitati invece lo vogliono vedere prima. Ed ecco fatto lo stallo.
Segrate, San Donato Milanese, Sesto San Giovanni, le alternative
C’è poi tutta un’area politica-culturale, vicina al Sindaco di Milano e che ha tra i suoi riferimenti l’ex assessore Sergio Scalpelli, che anche in una audizione in Commissione pensa che il modello giusto sia una società mista Pubblico-Privato (simile a quello dell’area post Expo), con una regia pubblica che tenga le fila di tutto il progetto. Proposta che per le squadre è irricevibile e da cui il sindaco non ha mai preso le distanze. In tutto questo pantano ecco che ultimamente si è tornati a parlare di soluzioni alternative: Segrate (che si è chiamata fuori), San Donato Milanese (improbabile) e soprattutto Sesto San Giovanni. Il sindaco della città situata alla periferia nord di Milano, Roberto Di Stefano, ha dato la sua benedizione, convinto (ed in questo la differenza con Sala è lampante), sul progetto. “Il posto c’è (Sesto ha un’area dismessa enorme da riutilizzare), servono tre ok ma nel caso in 18 mesi saremmo pronti con le gru…”.
L’idea non spiace nemmeno alle due squadre milanesi. Sesto infatti è vicinissima alla città, la zona dello stadio è collegata con metropolitana ed autostrada, soprattutto sembra esente da Comitati vari. Ma sono in molti a pensare che si tratti di un bluff per spingere Beppe Sala ad accelerare. Intanto il tempo passa…