“Da milanese che è andato molte volte allo stadio non sono per l’abbattimento di San Siro”. A pronunciare questa frase il Presidente del Torino, Urbano Cairo che torna sulla vicenda del nuovo stadio di Milano di cui tanto si parla e poco si fa. Anzi, la sensazione è che si parli proprio tanto perché alla fine non si faccia nulla.
Cairo si ricordi dell’Italia dei No
Ma torniamo all’uscita del presidente di Rcs. D’istinto verrebbe da spiegare al dottor Cairo che senza calcio per mantenere aperto San Siro si dovrebbero organizzare eventi e concerti quasi tutte le settimane. Si potrebbe ad esempio ricordare al Presidente Cairo che nel 2020 i ricavi extra calcio di San Siro (sponsor ed eventi vari) sfiora i 6 milioni di euro. Poco più della metà dei costi di gestione annuali. Si potrebbe poi fare l’analisi sull’ennesimo esempio dell’Italia del No (i No Tav, i No Tap, i No stadio, i No abbattere San Siro) tra cui si iscrivono a volte figure insospettabili per cui un rosso di bilancio è nulla confronto ai ricordi di quando si andava allo stadio senza terzo anello, con i tram gialli, con le caldarroste e le radioline per sentire cosa facevano gli avversari e l’altoparlante di San Siro gridava: “Estintori Meteor”.
A che titolo parla Urbano Cairo?
Si potrebbe, ma il vero punto da cui osservare questa frase è un altro. Dobbiamo infatti porci la seguente domanda: a che titolo Urbano Cairo parla? Oppure, cosa c’entra Urbano Cairo con la vicenda del nuovo e del vecchio stadio di Milano?
Urbano Cairo non è presidente del Milan o dell’Inter. Urbano Cairo non è il sindaco di Milano, un assessore, nemmeno consigliere comunale o consigliere di zona. Urbano Cairo non è nemmeno uno dei privati che dovrebbe versare il miliardo e più con cui si dovrebbe costruire il nuovo stadio. Non è nemmeno un membro dell’Ufficio Tecnico che dovrebbe controllare la bontà del progetto. E quindi?
Alla fine della fiera è semplicemente un milanese
Uno come l’altro milione e mezzo di abitanti. E come gli altri abitanti, se non fa parte di qualche comitato del No (ovviamente c’è anche quello, e figurarsi) ha diritto di dire la sua, a casa, al bar, con gli amici ma la cosa finirebbe lì, a peso Zero. Perché questa partita la devono giocare altre persone su altri tavoli.
Poi, certo, non possiamo nemmeno far finta di nulla; il sig, Cairo non è un milanese come gli altri, non fosse altro che è il proprietario del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport dove, ovviamente, difficile che non vengano riportate le sue dichiarazioni pubbliche. Che quindi fanno opinione, con tutte le conseguenze del caso.
Eppure proprio lui, per una volta, mentre il calcio italiano, davanti al secondo fallimento Mondiale, tenta il solito trito e ritrito processo a se stesso dovrebbe capire essendo comunque il Presidente di una storica squadra di Serie A, che per il bene del calcio italiano lo stadio va fatto e San Siro abbattuto, senza se e senza ma. Con una bella cerimonia (come fanno all’estero) nel giorno della demolizione in cui potremo ricordare i bei tempi andati ma avendo alle spalle qualcosa che davvero faccia parte del terzo millennio.