Obiettivo quarto posto. Quello che adesso è diventato il traguardo salva-stagione, o se preferite l’ultima spiaggia, in realtà nella testa del club bianconero era la mission stagionale. Difficile ipotizzare, infatti, una Juventus da scudetto dopo essere arrivata last minute quarta nella scorsa stagione più per demeriti altrui (il suicidio sportivo del Napoli di Gattuso all’ultima giornata) che meriti propri. Sicuramente nessuno lo aveva fatto nei dintorni della Continassa, anche se mediaticamente la Juve è stata complice di chi urlava a nove colonne di una squadra addirittura favorita per lo scudetto.
A quella rosa è stato invece sottratto il miglior giocatore (Cristiano Ronaldo): ecco perché – al netto degli arrivi di Manuel Locatelli e Moise Kean – la Vecchia Signora partiva più debole e con meno certezze. Altro che organico più ricco e competitivo come strombazzavano i quotidiani. Certo l’arrivo di Max Allegri avrebbe dovuto dare maggiori convinzioni e portare qualche punto in più, ma alla fine dalle parti della Continassa si sentono tuttora in linea di galleggiamento con l’obiettivo stagionale. Ovvero finire tra le prime quattro, appunto.
Guai a bucare l’ingesso in Champions League: quello sì che sarebbe un fallimento con relativo bagno di sangue da decine di milioni di euro. C’è tempo però di rimontare su Atalanta e Roma, lontane – al netto dei disastri juventini – solo 4 lunghezze. Ecco perché non è (ancora) tempo di fare drammi dalle parti della Continassa, nonostante lo stesso Allegri sia preoccupato per la mancanza di carattere della squadra. Con tanti giocatori incapaci di reagire alle difficoltà. Limiti che – a dir la verità – si erano già palesati l’anno scorso con Pirlo, ma che lo stesso tecnico livornese dall’esterno aveva sottovalutato tanto da indurlo nei colloqui primaverili con Andrea Agnelli e Federico Cherubini a bollare la Juve targata Pirlo come “mal allenata” nella cena pre pasquale a Forte dei Marmi dello scorso aprile. La musica non è cambiata finora e l’addio di Ronaldo con tanto di scaricamento mediatico dei peana del club torinese è stato sottovalutato. Troppo. Chi segna adesso 30 gol a stagione? Nessuno. Forse Morata, Dybala e Kean non ci arriveranno neppure in 3 alle cifre realizzative del fuoriclasse portoghese, che era mal sopportato per le sue bizze dai compagni ma in campo resta letale.
E forse per ricostruire una squadra vincente serviva più un rivoluzionario come Antonio Conte (caldeggiato dal vice presidente Pavel Nedved ma impraticabile per via dei dissidi con Agnelli…) che un gestore di campioni ma poco incline alle alchimie tattiche e al lavoro sul campo come Allegri. Ma ormai non si può tornare indietro. Inutile vivere di rimpianti all’insegna del cosa sarebbe potuto essere e invece non è stato. Ora i dirigenti juventini sperano di ottenere un extra budget a gennaio da Exor per finanziare i due colpi (un centrocampista di spessore e una punta prolifica) da consegnare ad Allegri per non bucare il quarto posto. Prime scelte il francese Tchouameni e Vlahovic rispettivamente come volante e goleador.
Altrimenti Cherubini e Arrivabene dovranno inventarsi soluzioni low cost (occhio a Witsel per la mediana), rinviando gli investimenti alla prossima estate. A patto di entrare in Champions. Solo così il progetto quadriennale con il tecnico potrà proseguire e prendere corpo. Altrimenti in estate con una Juve fuori dalla massima competizione internazionale le strade con Allegri potrebbero rischiare già di separarsi. Ammesso di trovare chi decida di dare all’ex compagno di Ambra Angiolini i 9 milioni annui che la Juve ha deciso di garantire al suo allenatore fino al 2025.