La settimana del chiarimento intorno al destino di San Siro lascia in eredità uno scenario che rischia di essere perdente per tutti gli attori in campo. Non solo il sindaco di Milano, passato dalla padella alla brace, ma anche per i due club che hanno divorziato dal progetto comune con grande lancio di stracci. Privatamente e pubblicamente. Uno scambio di accuse reciproche velato che fa dubitare su una futura eventuale reunion, nel caso in cui gli approfondimenti di RedBird sull’area de La Maura, nuovo obiettivo dichiarato, dovessero mostrare criticità oggi non prese in considerazione.
San Siro, L’idea di farsi uno stadio in proprio era nella testa del Milan già da mesi
L’idea di farsi uno stadio in proprio, sganciandosi dai cugini nerazzurri, era nella testa del Milan già da mesi e lo sbarco di Gerry Cardinale alla guida del club, in partnership con il fondo Elliott, ha certificato il nuovo orientamento. A pesare sul cambio di strategia non solo l’immobilismo del Comune sul dossier del nuovo San Siro, giunto sulla soglia dei quattro anni di vita e ancora incagliato in beghe burocratiche e veti politici incrociati apparentemente insuperabili.
True News ha raccontato più volte come i rapporti tra le due società fossero in realtà meno cordiali e caldi di quanto dichiarato ufficialmente, almeno fino all’avvio del dibattito pubblico che è stato l’ultimo atto formale nel quale Milan e Inter sono entrate da alleate convinte di arrivare al via libera definitivo alla costruzione del distretto San Siro. Questione di gestione delle pratiche. Di rumors su sollecitudine nel contribuire alle spese per legali e consulenti. Più in generale, sull’idea che fosse soprattutto il Milan, nella persona di Paolo Scaroni, a spingere forte per creare le condizioni per l’ok alla partenza del progetto esecutivo e poi dei lavori. Ricostruzioni rispedite al mittente dall’Inter con un fastidio crescente, divenuto palese nello scambio attraverso le pagine della Gazzetta dello Sport che ha preceduto lo strappo definitivo.
San Siro, Cardinale ha una montagna da scalare
Ora, però, Cardinale ha davanti una montagna da scalare perché l’area de La Maura prescelta per il nuovo impianto è privata ma non libera da vincoli. SnaiTech, attuale proprietaria, ha immediatamente ricordato che negli accordi preliminari con il prossimo proprietario rimane l’impegno a continuare a sviluppare l’attuale attività legata all’ippica (dal 2015 ospita l’ippodromo del trotto). Così la componente ambientalista della maggioranza del sindaco Sala non ha perso un minuto per uscire allo scoperto. L’idea è che su quelle terre, inserite nel perimetro del vincolatissimo Parco Agricolo Sud Milano, si può fare solo qualcosa legato allo sport. Ma certamente non uno stadio né, tanto meno, quello che serve intorno per rendere sostenibile l’investimento. Ecco perché le opzioni Sesto San Giovanni e San Donato non possono essere abbandonate, anche se avrebbero un appeal certamente inferiore per Cardinale e per tutto il mondo Milan.
L’Inter ha recitato la parte dell’amante abbandonato
L’Inter ha recitato la parte dell’amante abbandonato. Ha il suo piano B a Rozzano/Assago, vicino al Forum in cui gioca l’Olimpia e che sarà oggetto di investimento sulla viabilità legati ai Giochi del 2026. Ma è sempre apparso l’anello debole della cordata a causa delle situazioni economiche della proprietà Zhang. Ufficiosamente è pronta a partire, nella realtà aspetta di capire se il Milan è disposto a tornare sui suoi passi e a continuare a ritenere il dossier San Siro come prioritario rispetto ad ogni altra soluzione.
E poi Beppe Sala e il Comune di Milano
Per chiudere Beppe Sala e il Comune di Milano. Lo scenario di un San Siro non più abbattuto e salutato dalle due società calcistiche è da incubo per Palazzo Marino. Che dovrebbe poi immaginare come reperire i circa 20 milioni di euro all’anno che servono per colmare i mancati incassi per i canoni d’affitto e pagare la manutenzione.
In teoria in questi mesi c’è chi si è fatto avanti giurando di poterlo fare solo con concerti e spettacoli. Chissà con quale reazione dei comitati di quartiere che da sempre sono sul piede di guerra denunciando rumore, vibrazione e impatto negativo delle poche date estive che oggi il Meazza ospita.
San Siro, la questione di immagine
In più c’è la questione di immagine. Perdere una o entrambe le società, vedendole andare al di fuori dei confini cittadini, sarebbe uno schiaffo reputazionale impossibile da riparare. Sullo sfondo il nuovo Soprintendente spedito dal Governo.
Il suo primo atto è stato neutro dal punto di vista formale ma invasivo sul piano della concretezza. Ha spiegato che su San Siro non c’è vincolo; sbugiardando il sottosegretario Sgarbi, ma ha anche aggiunto “per ora” e precisato che nelle zone limitrofe, invece, qualcosa è già scattato. Il “per ora” è tradotto in una data – 2025 – in cui compiranno 70 anni gli interventi sul secondo anello del Meazza. Lì il vincolo potrebbe scattare. Prima si può toccare, ma in realtà le Olimpiadi impediscono qualsiasi cosa al di fuori della ristrutturazione, dopo chissà. In queste condizioni, come potrà Sala cercare di riportare Milan e Inter al suo tavolo?