Mesi di voci, trattative smentite e incontri più o meno segreti. Intermediari attivi per cercare il colpo, dirigenti disorientati da mille rumors e una certezza: al momento quando si nomina PIF – il fondo saudita che ha acquisito il Newcastle e che molti descrivono vicinissimo anche all’Inter – a Nanchino rispondono con un’alzata di spalle. Anche se la prospettiva di essere travolti dalla montagna di denaro del principe ereditario Mohammad bin Salaman fa gola a tanti, soprattutto ai tifosi interisti che sognano di poter imitare i colleghi del Newcastle, scesi in strada per festeggiare la firma sull’acquisto del loro club come se la squadra avesse vinto la Premier. Non è stato così, almeno non per ora. PIF si sta scontrando con le resistenze del calcio inglese che ha prima ostacolato in tutti i modi il suo arrivo, nascondendo le tensioni sulla pirateria televisiva dietro il ben più nobile scudo delle criticità in tema di rispetto dei diritti umani, mentre adesso si è schierato compatto per cambiare le regole in corsa e vietare l’arrivo di sponsor arabi portati direttamente dal fondo.
Inter Pif, quanti rumors
Le voci sull’interessamento di PIF per l’Inter nascono dalla scorsa primavera ma sono tornate fortissime nelle ultime settimane e lo sbarco saudita nella Premier League sembra aver causato l’effetto di renderle ancora più forti. Ci si è spinti addirittura a immaginare la volontà di creare un pool calcistico europeo con Newcastle, Inter e Marsiglia, altro club di grande storia che attraversa un momento delicato dal punto di vista economico e che potrebbe rappresentare una buona occasione di investimento. Scenario difficile da realizzare, considerato che le norme UEFA sono rigide in materia di multiproprietà vietando la partecipazione alla Champions League e a tutte le manifestazioni a club che abbiano la stessa proprietà o essere coinvolta direttamente o indirettamente nella gestione di un’altra società. E’ vero che Lipsia e Salisburgo, entrambe marchiate Red Bull, hanno ottenuto all’epoca il via libera ma immaginare un triangolo di questo livello è operazione complessa per chiunque anche in tempi in cui le norme vengono adattate a seconda delle esigenze.
E poi c’è la questione della particolare situazione finanziaria dell’Inter, che si intreccia con le difficoltà cinesi del Gruppo Suning e della famiglia Zhang che è stata costretta a cedere il controllo della sua attività principale per evitare guai maggiori. Il crollo degli affari causa Covid, l’esposizione da 2,6 miliardi di euro nel colosso immobiliare Evergrande a sua volta travolto dalla crisi, le limitazioni del governo cinese: così è nata l’austerity che ha spinto l’Inter sulla strada dell’autofinanziamento e la famiglia Zhang a dare in pegno le azioni del club per garantirsi un prestito da 275 milioni di euro dal fondo Oaktree. Dunque oggi l’Inter è in mano formalmente al fondo nella sua quota di maggioranza e gli Zhang non hanno mai dato segnali di voler cedere se non a prezzo che consenta di rientrare interamente dall’investimento fatto. La scorsa primavera è arrivato il no secco a BCPartners che non si avvicinava alla valutazione da un miliardo di euro e da quel giorno la situazione si è, se possibile, ulteriormente appesantita con un rosso da 246 milioni appena licenziato e l’indebitamento che cresce. Insomma, gli Zhang stanno tenendo duro sperando di non dover cedere nel momento peggiore, cioè adesso.
Inter Pif, a Nanchino reagiscono così
Magari arrivando all’obiettivo del via libera al progetto nuovo stadio per il quale, stanco di aspettare i tempi della politica milanese (il pressing sul sindaco Sala è ripartito un minuto dopo la conferma dell’elezione) e i tempi più lenti del partner cinese, Elliott potrebbe anche avere la tentazione di muoversi per conto proprio a cercare fondi. Per questo le voci su PIF sono bollate come ‘sciocchezze’ da Nanchino, dove arriva puntualmente la rassegna stampa italiana e dove viene vissuto male il messaggio per cui l’Inter sia abbandonata a se stessa. A Milano la pensano diversamente, soprattutto dopo aver attraversato il deserto dello scorso inverno e un’estate di sacrifici sul mercato.