Perchè leggere questo articolo? Con l’acquisizione dell’Everton da parte dei Friedkin, sono dieci i club di Premier in mano a investitori nordamericani.
Arsenal, Aston Villa, Bournemouth, Chelsea, Crystal Palace, Fulham, Ipswich Town, Liverpool e Manchester United. All’inizio del campionato 2024-25, ben nove società di Premier League erano foraggiate da capitali nordamericani. provenienti dai settori di investimento più vari. Ora, con l’annuncio dell’accordo per l’acquisizione dell’Everton da parte della famiglia Friedkin, già proprietaria della Roma, mezza Premier è in mani nordamericane.
Il dominio americano sulla Premier inglese
Considerando che il valore medio di un club della massima divisione inglese è 1,51 miliardi di dollari (secondo i dati elaborati dal portale specializzato Sportico), e che statunitensi sono sia il club che ha il maggior valore (il Manchester United della famiglia Glazer, valutato 5,95 miliardi) e quello all’opposto della classifica (il Bournemouth di William Foley, fondatore di Fidelity National Financial, 145 milioni), con l’arrivo dei Friedkin a Goodison Park si può sostenere che il valore totale dei club in mano a imprenditori, holding e fondi statunitensi sia di circa i due terzi del totale, considerando che United, Liverpool, Arsenal e Chelsea sono tra i club di maggior spessore economico.
Nell’ultima analisi annuale Money League di Deloitte, relativa al 2022-23, fra i primi dieci club calcistici che generano maggiori ricavi, sei sono inglesi. Quattro di questi sei hanno proprietà statunitensi. Vale a dire Manchester United (quinto con 745,8 milioni), Liverpool (settimo a 682,9), Chelsea (nono a 589,4) e Arsenal (decimo a 532,6), con il Manchester City emiratino secondo a 825,9 milioni (ma era la stagione della vittoria in Champions League, dunque nella prossima analisi i numeri dovrebbero essere inferiori, e potrebbero esserlo in futuro se il club verrà sanzionato dalla Premier per le presunte irregolarità per le quali è sotto processo) e il Tottenham Hotspur inglese, ottavo (631,5 milioni).
Affinità e divergenze
Ma perché gli investitori Usa hanno scalato mezza Premier? Il rischio di impresa è più alto rispetto agli Stati Uniti, dove il sistema delle leghe chiuse aiuta la stabilità, cosa che, laddove sono previste retrocessioni, non è garantita. Anche l’assenza di salary cap – per esempio, per la stagione 2024-25 nella Nba è di circa 141 milioni di dollari, per la Nfl di 255 milioni – e di una luxury tax per chi supera la soglia si allontana dalle logiche statunitensi, tuttavia gli imprenditori (e i fondi) nordamericani hanno dimostrato di saper fare business sullo sport, a livello organizzativo, strutturale, di brand e marketing; il calcio inglese, in questo senso, ha una forza e un’influenza che ben si adatta alle scelte di business dei finanziatori Usa che, in Europa, si stanno dimostrando tutto sommato piuttosto solidi e continui nella gestione dei vari club.
Certo, con modalità tutte peculiari e lontane dai desiderata dei tifosi. In Premier, a lungo i sostenitori del Manchester United hanno contestato la famiglia Glazer. Così come il rapporto tra l’Arsenal e i Kroenke non è sempre stato rose e fiori. Lo stesso si può dire in Italia, se si pensa alle frequenti contestazioni ricevute dai Friedkin, da Cardinale o Krause, giusto per fare alcuni nomi. Tuttavia gli americani mostrano progetti a lungo termine, e in generale restano alla guida per periodi piuttosto lunghi, garantendo una continuità aziendale non certo scontata.
Sport entertainment e nuove forme del calcio
Accennando all’assenza del salary cap, si è citata una delle grandi differenze, a livello di sviluppo, tra lo sport Usa e quello europeo, ma attenzione: anche considerando il sistema di voto delle varie leghe, compresa la Premier, una colonizzazione statunitense, unita alla necessità di modificare alcuni aspetti organizzativi ed economici, potrebbe condurre a dare una nuova forma a diverse norme che possano portare a una crescita del sistema, alla ricerca anche di un equilibrio competitivo che oggi manca quasi a tutte le principali leghe europee. Non è da sottovalutare, infatti, come diverse proprietà nordamericane dei club di Premier siano incentrate sullo sviluppo dello sport entertainment, avendo in portafoglio anche franchigie Usa, nonché, in certi casi, anche veri e propri campionati sportivi, impianti e media company.
Gli esempi non mancano. Fenway Sports Group, proprietaria del Liverpool, ha in mano anche Boston Red Sox (Mlb), Pittsburgh Penguins (Nhl) e la Nascar. Il numero uno del Chelsea, Todd Boehly si diletta da tempo nel baseball con i Los Angeles Dodgers. I Glazer del Manchester United con i Tampa Bay Bucaneers (Nfl). E il football piace anche a Shahid Khan, il tycoon pakistano-statunitense proprietario del Fulham e dei Jacksonville Jaguars. Mentre Kroenke Sports & Entertainment, che foraggia l’Arsenal ed è proprietario dell’Emirates Stadium di Londra, controlla Denver Nuggets (Nba), Los Angeles Rams (Nfl), Colorado Avalanche (Nhl) e Colorado Rapids (Mls) – ha in pancia la Ball Arena di Denver e il SoFi Stadium di Los Angeles, dove peraltro si svolgerà la gara inaugurale del Mondiale United 2026.
Non tutto è oro quel che Premier
Appunto, il Mondiale 2026, 32 anni dopo Usa ‘94, riporterà gli Stati Uniti al centro, ed è il fulcro di una strategia che vedrà gli Usa ospitare anche, la prossima estate, il nuovo Mundial de Clubes, il Mondiale per club insomma, e li ha visti ospitare l’ultima Copa America. Non solo: sebbene ancora lontani dai migliori campionati europei, i dati economici della Mls, la lega calcistica Usa, sono in costante ascesa, trainati anche dall’approdo di Lionel Messi all’Inter Miami, anch’esso non casuale. Le occasioni commerciali, insomma, trovano un terreno particolarmente fertile.
Ma è tutto oro? Un mese fa, su Bloomberg, David Hellier ha notato che “complessivamente, i ricavi della Premier League, incrementati dagli stadi gremiti e dagli accordi televisivi più redditizi in Europa, sono balzati a quasi 7 miliardi di sterline all’anno. Tuttavia, la serie più recente di bilanci chiusi ha mostrato che solo quattro squadre su 20 hanno realizzato un profitto operativo nella stagione 2022-23” e, criticando il miliardo di investimento, sinora senza contropartite in termini di successi né revenue, di Boehly nel Chelsea, ha sostenuto che l’interessamento statunitense nei confronti del calcio inglese sta iniziando a scemare.
La mossa dei Friedkin pare smentire, almeno in parte, la previsione, ma di certo un punto va evidenziato. La Premier non genera profitto, per un investitore, così come può generarlo una qualsiasi franchigia Usa. Tuttavia l’impatto delle proprietà nordamericane in Premier ha anche, in prospettiva, la possibilità di introdurre modifiche normative capaci di rendere più profittevole il sistema.