Home Economy Rabiot e i suoi fratelli, ecco perché lo svincolato non “tira” più

Rabiot e i suoi fratelli, ecco perché lo svincolato non “tira” più

Juve Rabiot Monza

Perché leggere questo articolo? Bonus alla firma, commissioni, ingaggi elevati: lo svincolato non conviene più come una volta. Né ai club né ai giocatori, come dimostrano Dybala e De Gea.

Con il nuovo campionato al via, e un vantaggio acquisito, l’Inter campione d’Italia si presenta ai nastri di partenza con tre sostanziali acquisti, quello del portiere Josip Martinez e gli ingaggi, a parametro zero, di Zielinski e Taremi. Svincolati, questi ultimi due, come piace a Giuseppe Marotta, che di questo tipo di operazioni è sempre stato un habitué. Ma il mercato cambia e oggi, a ben guardare, in linea generale lo svincolato continua a interessare, ma non tira più. Non come una volta.

Rabiot e i suoi fratelli

Nel fine settimana che vede gli inizi di Liga, Premier League, Serie A e Ligue 1 (solo la Bundesliga comincerà la settimana prossima), sono ancora diversi infatti gli svincolati d’élite che, una volta visto scadere il contratto lo scorso 30 giugno, ancora non hanno una squadra. Come Adrien Rabiot e Memphis Depay, reduci da Euro 2024, o Anthony Martial e Mario Hermoso, giusto per citarne quattro, il più anziano dei quali ha appena 30 anni, e non sono certo alla ricerca dell’ultimo contratto in carriera.

Con loro i più stagionati Mats Hummels, Iker Muniain, Joel Matip. Molti di loro un ingaggio lo troveranno, verosimilmente, di qui a poche settimane. Ma, molto probabilmente, sarà più un ripiego che una prima scelta, e qui il rischio è soprattutto per Rabiot, che in Italia poteva contare su un netto enorme grazie ai benefici del decreto crescita, ma non sembra, al momento, che all’estero ci sia qualcuno disposto a venire incontro alle sue richieste, visto che il lordo è ben altra cosa. Nonostante sia svincolato.

Zero più

I motivi sono tutti di tipo economico. Dietro alla formula di parametro zero, in realtà, di zero c’è proprio poco, e proprio per questo il giochino, laddove la liquidità è poca, inizia a non convenire. Senza andare a scomodare Kylian Mbappé (tecnicamente passato al Real Madrid da free agent), al quale oltre all’ingaggio il club spagnolo pagherà, spalmata sui cinque anni di contratto, una cifra di oltre 100 milioni solo come bonus alla firma, oneri accessori come i bonus di cui sopra, le parcelle degli agenti e, spesso, le richieste di ingaggi più alti, cominciano a spaventare i club.

Il caso Dybala, nel 2022, in questo senso è illuminante: il lungo tira e molla sul rinnovo con la Juventus portò, anche per questioni di strategia dell’una e dell’altra parte (le richieste del giocatore e la scelta del club di non accettarne le condizioni), alla scadenza del contratto, con l’argentino che poi avrebbe firmato con la Roma, guadagnando decisamente di meno – bonus compresi – rispetto a quanto avrebbe fatto firmando con la Juventus, confermando le cifre dell’epoca.

Intendiamoci: non che a certi calciatori i soldi manchino, e basta questo per non provare empatia per chi magari chiede troppo, cerca lo svincolo e va magari a guadagnare di meno perché a certe cifre il mercato non ce l’ha, eppure si tratta di un ragionamento che, per spiegare parte del calciomercato odierno, va fatto.

Il caso De Gea, svincolato per un anno

Ancora più significativo il caso di uno dei giocatori che si sono trasferiti in Italia in questa sessione di mercato, appunto da free agent: David De Gea. All’ultimo suo anno di contratto con il Manchester United, stagione 2022-23, era il portiere più pagato al mondo, con un ingaggio da 19,5 milioni di sterline l’anno (oltre 22 milioni di euro). Lo United offrì un rinnovo a cifre più basse, lo spagnolo non accettò e, alla fine, è rimasto svincolato e inattivo per un anno. Ebbene: alla Fiorentina guadagnerà, bonus compresi, il 10% di quanto percepiva all’ultimo anno ai Red Devils. Ne è valsa la pena?

I legami pluriennali rischiano di rendere svincolato

Il punto è che prelevare un cartellino a zero, al di là degli oneri accessori, significa spesso legarsi ai calciatori svincolati con contratti lunghi e a cifre di ingaggio alte. In questo modo, il risparmio della cifra del cartellino viene meno e, anzi, si appesantiscono i bilanci futuri: ragionando nell’ottica della riduzione dei costi fissi del personale (i calciatori in questo caso), legarsi con un pluriennale a un calciatore che tenta la strategia del parametro zero per puntare a un ingaggio più alto non ha insomma più senso.

Il rischio che qualcuno rimanga impantanato nella strategia c’è, soprattutto ora che i club tendono a comportarsi in maniera netta e poco diplomatica con chi, a un anno dalla scadenza, tira sul rinnovo. Quanto sta accadendo alla Juventus con Federico Chiesa, da qualunque angolazione lo si veda (e ne escono tutti decisamente male), è paradossale, ma emblematico: l’attaccante azzurro è appena entrato nell’ultimo anno di contratto e, se non verrà ceduto, da gennaio potrà accordarsi con qualunque club a partire dall’1 luglio 2025. Col rischio, paventato a Torino, di vivere un’annata da separato in casa, e veder ridursi così ogni possibilità di un aumento dell’ingaggio anche da svincolato. Perché non sono più quei tempi, quelli in cui svincolarsi dava la certezza di ottenere di più, molto di più. Molti club ci sono cascati, accollandosi problemi per le stagioni seguenti. E, ora, fanno più attenzione.