La notizia che i Friedkin cercano un socio di minoranza a un anno e un mese di distanza dal loro sbarco sul pianeta Roma non deve sorprendere. La ricca famiglia statunitense non si è disamorata dei giallorossi, ha semplicemente capito in fretta che il calcio in Italia è un business a perdere, almeno nell’orizzonte temporale medio, e che la sua gestione costa tantissimo. In dodici mesi hanno dovuto pompare poco meno di 250 milioni di euro di aumenti di capitale nel club per consentirgli di andare avanti e di provare ad assecondare lo sforzo di riportarlo ai vertici grazie a Mourinho, che rappresenta la garanzia di voler tornare nell’élite italiana a breve.
Roma in vendita: il bilancio 2021
I fondamentali economici sono però preoccupanti: il bilancio 2021 si è chiuso con un rosso stimato in circa 150 milioni, l’indebitamento è sopra i livelli di guardia (339) e soprattutto l’inversione di tendenza non si vede nemmeno all’orizzonte, al pari di un serio progetto per il nuovo stadio. Da qui i rumors crescenti sulla voglia di imbarcare un socio di minoranza per suddividere il peso della gestione della Roma.
Roma in vendita: l’identikit del possibile socio
Il problema sta nell’identikit dell’eventuale socio che deve essere disponibile a rilevare il 30-40 per cento delle azioni, partecipate al ripianamento dei conti, non influire sulla gestione sportiva e al massimo occuparsi della grana stadio. Non sorprende, dunque, che i primi fondi USA sondati si siano sfilati.
Sorprende la rapidità con cui i Friedkin sono arrivati alla stessa conclusione dell’odiatissimo Pallotta anche se il finale potrebbe cambiare. Lo sperano i tifosi della Roma e in fondo sarebbe una buona notizia anche per il calcio italiano.