Il sindaco Sala è stato di parola e a riconferma incassata, direttamente al primo turno, ha dato un’accelerata forse definitiva al progetto nuovo San Siro. Quello che volevano Milan e Inter, ormai impazienti e in pressing continuo, convinte che la realizzazione di un impianto privato fosse l’unica strada per tornare a competere a livello italiano ed europeo. Ma l’ok dell’inquilino di Palazzo Marino, ufficializzato in una nota sui social chiusa con la garanzia che si procederà “rapidamente” a deliberare il pubblico interesse, nasconde in realtà un passo indietro doloroso per i due club milanesi. True News lo aveva già anticipato nei giorni precedenti l’incontro decisivo di Sala con Paolo Scaroni e Alessandro Antonello, i due pontieri di Elliott e Zhang, ma la realtà ha superato le previsioni e messo paletti che costringeranno gli uomini che hanno in mano le finanze delle società a un super lavoro per far quadrare i conti.
Se è vero, infatti, che Sala ha promesso la rapidità richiesta e che è ragionevole pensare che il 2022 possa essere l’anno dell’avvio della fase realizzativa del nuovo stadio, le condizioni imposte rappresentano un netto passo indietro rispetto all’accordo raggiunto nel 2019 dopo mesi di faticose trattative. Inter e Milan hanno dovuto, infatti, accettare il ritorno ai valori dell’indice di edificabilità in linea con il PGT (ovvero il piano di governo del territorio) dimezzando di fatto il business plan presentato nel primo dossier e facendo uno sconto anche rispetto al compromesso raggiunto dopo le modifiche. Non si tratta di dettagli, anzi. A Palazzo Marino ha vinto, almeno per il momento, la linea dura e pura della componente Verde, quella contraria da sempre all’abbattimento di San Siro e alla realizzazione di un nuovo distretto commerciale, residenziale e di intrattenimento. A conti fatti ha pesato più il ‘Niet’ dello storico consigliere comunale green Carlo Monguzzi e dei suoi (pochi) uomini in Giunta rispetto alla linea moderata che lo stesso Sala aveva portato avanti prima dell’appuntamento con le elezioni.
San Siro, nuovo stadio: come sarà
Il risultato finale costringerà Inter e Milan a tagliare drasticamente le volumetrie. L’indice è passato dallo 0,70 iniziale allo 0,51 dell’accordo del giugno 2019 fino al punto di partenza dello 0,35. Ci sarà meno cemento per le opere di sviluppo urbanistico accessorio e, per i due club, meno certezze sulla sostenibilità complessiva di un investimento da 1,2 miliardi di euro. Il fatto che l’inaugurazione scivoli a dopo le Olimpiadi del 2026 (ufficializzato che le cerimonie si terranno nel vecchio stadio) e che le società dovranno farsi carico – come da intese del 2019 – delle spese per tenere in piedi almeno una parte dello storico impianto, non rappresentano un problema. Le volumetrie, almeno a seguire quanto sempre dichiarato da chi ha in mano il dossier, rischiano di diventare invece un terreno di scontro.
Già prima del taglio delle volumetrie i tempi di rientro dall’investimento superavano i trent’anni. Ora si deve immaginare di andare oltre. E’ questo il concetto di sostenibilità considerato da sempre centrale nella progettazione del nuovo San Siro? Difficile pensarlo. A meno che Inter e Milan, messe con le spalle al muro, non abbiano scelto il male minore e cioè partire più in fretta possibile con i lavori, raccogliere i fondi che servono e che dovrebbero arrivare da investitori internazionali con tutte le garanzie necessarie, e poi imbarcarsi in una battaglia di trincea a cantiere aperto. L’unica strada per poter incassare il sì, dare un senso all’investimento delle due proprietà e poi tornare a parlare delle volumetrie con il coltello dalla parte del manico.