Mentre sono in corso i Mondiali su Strada a Briges, in Belgio, con Pippo Ganna che si dimostra Superman e a cronometro schianta tutti gli avversari, compreso l’idolo di casa, Van Aert, tiene sempre banco in casa azzurra il caso Cassani. Il ct dalle Olimpiadi di Tokyo è al centro di una diatriba con la Federazione tutta ancora da chiarire. Cacciato, silurato sul posto, o forse no; soltanto fatto rientrare in fretta dal paese del Sol Levante come previsto. «Parlo quando arrivo a casa», disse allora Cassani. Poi però sull’intercontinentale qualcosa dev’essere successo.
Davide Cassani non parla, la Federazione Ciclismo rallenta
Cassani non ha detto molto e la Federazione Ciclismo ha se non fatto marcia indietro sull’idea di cambiare il commissario Tecnico, quantomeno rallentato. Cassani infatti ha ottenuto un prolungamento del suo incarico appunto fino ai mondiali in corso.
In mezzo poi, a complicare forse le cose, anche gli europei di due settimane fa a Trento dove l’Italia grazie ad un sontuoso Sonny Colbrelli ha conquistato il titolo, il quarto consecutivo, su quattro edizioni della corsa che vale il titolo di campione continentale.
Ovvio che siamo nel bel mezzo di una crisi dove Cassani, più passa il tempo e più la figura della vittima, del buono, mentre alla Federazione va la palma del cattivo.
A livello tecnico infatti è difficile contestare qualcosa al ct che si è trovato a gestire negli ultimi anni una nazionale senza fenomeni mentre altrove nascevano gli Alaphilippe, i Van Aert, i Pogacar, i Roglic, marziani che sia corse in linea che corse a tappe. A noi le briciole.
Però non può e non deve essere Cassani o chi sarà messo al suo posto, a far nascere da solo dei campioni. Per quello serve altro: talento, programmazione, tempo.
Cosa c’è dietro la rottura tra Davide Cassani e Federazione Ciclismo
Motivo del cambio non può quindi essere la mancanza dei risultati (quanto ottenuto infatti in questi anni è più del valore reale del nostro ciclismo); dev’esserci quindi dell’altro. Cosa allora…
Qualcuno nell’ambiente delle due ruote a pedali racconta di un ciclo finito, come succede nel calcio. E ci può stare. Dopo anni sulla stessa panchina anche il miglior allenatore del mondo non ha più stimoli e forse nemmeno la capacità di trascinare la squadra.
Ma c’è chi parla di un Cassani troppo amato dai ciclisti, troppo potente, anche troppo visibile (è infatti abile personaggio tv e radio con la stampa che lo adora). È la Nazionale di Cassani, la squadra di Cassani. E quando un gruppo si identifica con il suo Capo c’è sempre qualcuno dentro o attorno che rosica…
Caso Cassani, la Federazione Ciclismo ora spieghi
Servirebbe solo una cosa per evitare un lungo calvario a questa vicenda che si trascina da troppo tempo; una Via Crucis sarebbe la cosa peggiore per chiudere 7 anni comunque indimenticabili.
Servirebbe un po’ di stile. Servirebbe che la Federazione, il suo presidente o chi per esso, decidesse alla luce del sole spiegando in maniera altrettanto limpida i motivi e le ragioni del cambio. Magari avendo al suo fianco lo stesso Cassani per un ringraziamento pubblico. Insomma, se uscita dal palco dev’essere che sia con tutti gli onori dovuti per stile e lavoro fatto in questi anni.
Con un solo rischio: chiunque arriverà dopo dovrà fare meglio. Volontari ce ne sono?