L’assegno da oltre cento milioni di euro che Steven Zhang ha staccato per coprire le perdite dell’Inter nell’ultima stagione, bilancio con passivo di 140 milioni di euro nonostante un aumento dei ricavi considerevole e il ritorno oltre la soglia dei 400 milioni (439,6), rappresenta una sorta di ultimo rilancio della proprietà cinese del club nerazzurro. E’ vero che non arrivava un apporto diretto di capitali da Suning alle casse della società da prima del Covid, dunque l’aumento di capitale che riporta il patrimonio netto in positivo rispondendo ai requisiti di legge rappresenta una discontinuità rispetto all’ultimo periodo. Ma è altrettanto chiaro che, trattandosi di denaro proveniente dalla provvista non ancora utilizzata del prestito di Oaktree alla famiglia Zhang, con in pegno la stessa Inter, più che di un rilancio si tratta del tentativo di prendere tempo per cercare la via d’uscita migliore.
Il giovane Zhang sta vivendo mesi sempre più complessi a Milano
Alle prese con le banche cinesi che vogliono pignorargli lo stipendio (attualmente non riconosciuto) da presidente Inter, contestato dagli ultras, costretto a fare i conti con le esigenze di cassa e quelle della parte sportiva che insegue lo scudetto della seconda stella, il giovane Zhang sta vivendo mesi sempre più complessi a Milano. Al netto delle suggestioni che circolano ormai da tempo, puntualmente smentite dai fatti, dopo la due diligence portata avanti da BC Partners nell’inverno 2020 e terminata con il nulla di fatto per la distanza tra domanda (un miliardo) e offerta (800 milioni), nessuno più si è concretamente avvicinato ai conti dell’Inter. Il tempo, però, corre veloce verso il giugno 2024 quando scadrà il prestito di Oaktree e per la famiglia Zhang è il momento di sciogliere il nodo.
I tifosi guardano con preoccupazione al mercato di gennaio
L’analisi dei fatti porta a sostenere la tesi che dalla Cina non ci sia più la possibilità e l’interesse di investire sul club: a metà ottobre il Congresso del Partito Comunista dovrebbe ulteriormente stringere i cordoni della borsa verso spese al di fuori del paese considerate “non strategiche” e il pallone è in cima alla lista. I tifosi guardano con preoccupazione al mercato di gennaio e alle voci di partenza di un big (Skriniar il più gettonato ma c’è anche Dumfries) subito per poi ricominciare a giugno con il balletto dell’obbligo di fare un attivo di cassa per sostenere le spese correnti. Preoccupazione che ha ormai cancellato quanto fatto da Suning nei primi cinque anni alla guida dell’Inter: 700 milioni di euro investiti dal momento dell’acquisto dalle mani di Thohir, dai 142 spesi per rilevare le azioni alla lunga serie di prestiti poi in larga parte convertiti in conto capitale, fino ai contratti commerciali garantiti dalla galassia entrata in crisi con la pandemia.
L’orizzonte è fosco
L’orizzonte è fosco, la smaterializzazione dello sponsor Digitalbits non è altro che uno dei tasselli di un puzzle che non si compone e che complica il lavoro di Beppe Marotta, guida operativa della società. L’ultimo consiglio di amministrazione ha preso atto che “l’Azionista di Maggioranza ha già manifestato il proprio impegno formale a sostenere il gruppo garantendone il supporto patrimoniale” e non ci sono timori di terremoti nel breve periodo. Però la ricerca di un socio (speranza di Suning) o di un nuovo proprietario (scenario più probabile) prosegue da mesi senza dare frutti. Goldman Sachs e il nuovo advisor Raine Group indicano che l’area di caccia si è focalizzata sugli Stati Uniti. Potrebbe essere una soluzione anche nel caso, nel giugno 2024, Oaktree dovesse escutere il pegno senza poi impegnarsi nella gestione, come invece ha fatto Elliott con il Milan. Ma proprio per questo l’interesse di Zhang è arrivare a dama prima di pagare tutte le perdite lasciando qualche beneficio agli altri.