Perché leggere questo articolo? La nuova frontiera dell’influencer marketing prevede l’utilizzo di avatar creati digitalmente su sembianze umane. Un business che sta avendo sempre più successo tra utenti e brand, ma che fa tremare i creatori di contenuti in carne ed ossa. Tra questioni etiche, deep fake, e possibili furti d’identità, l’intelligenza artificiale costituisce un Eldorado di nuove occasioni anche per truffatori e terroristi.
E’ passato solo poco più di un mese da quando è diventato virale il video di una donna seduta in un’auto che si lamenta di un odore nauseante. Non tanto per il messaggio in sé – essenzialmente la promozione della pulizia personale tramite salviette igieniche-, quanto per il fatto che la clip non è reale. O meglio, la persona dell’annuncio esiste davvero, ma non l’ha mai registrato. È tutta opera dell’intelligenza artificiale. Un risultato a dir poco sbalorditivo, che ha però sollevato una tempesta di polemiche e complesse questioni di autenticità ed etica nel content marketing. A partire da una presunta ipotesi di furto d’immagine da parte della tecnologia, subito smentita dalla donna stessa.
Si chiama Ariel Marie ed è una creatrice di contenuti di 24 anni che ha volontariamente autorizzato la società Arcads ad utilizzare la sua voce e le sue sembianze a scopo pubblicitario. In un’intervista a Fast Company, l’influencer ha raccontato di essere stata contattata dall’azienda d’intelligenza artificiale attraverso la piattaforma di lavoro Fiverr. Ha dovuto solamente registrare nove scenari video separati, seguendo specifiche linee guida, per ricevere poi un pagamento – di cui non può rivelarne le cifre esatte per ragioni contrattuali -. Un lavoro incredibilmente semplice col minimo sforzo umano, che potrebbe diventare una nuova economia per le persone comuni. Al “solo” costo di vendere la propria immagine.
L’Intelligenza Artificiale minaccia gli influencer
Che piaccia o meno, l’influencer marketing ha rivoluzionato le modalità di comunicazione di marca. Un mondo che sta subendo un ulteriore cambiamento con l’arrivo dei virtual influencer, avatar digitali creati tramite CGI (Computer Generated Imagery), che fanno tremare quelli reali. Secondo un rapporto di KBV Research, il mercato globale degli influencer virtuali è in costante crescita e raggiungerà i 37,8 miliardi di dollari entro il 2030. Già adesso questi avatar stanno accumulando sempre più successo sulle piattaforme social, sia da parte dei seguaci che dei marchi.
Oltre alle aziende di AI come quella con cui ha collaborato Ariel Marie, anche i brand stanno infatti sperimentando l’acquisizione dei diritti d’immagine delle persone per trasformarle in intelligenza artificiale, con l’obiettivo di utilizzarle in future attività pubblicitarie o commerciali a discrezione delle società. A differenza degli influencer tradizionali, infatti, queste creazioni virtuali sono completamente controllate dai loro creatori, ottimizzando con maggiore precisione la realizzazione dei messaggi di marketing.
Come nel caso di SelfMade, agenzia americana di social advertising. È proprio dopo aver visto l’annuncio di Ariel Marie realizzato con AI Arcads, che l’amministratore delegato dell’azienda Will Sartorius ha deciso di adottare integralmente la tecnologia in funzioni creative come scripting, editing e creazione contenuti video. Affermando che il flusso di lavoro di SelfMade è diventato radicalmente più veloce ed efficiente, con la possibilità di testare molti più personaggi di quanto si possa fare con i creatori di contenuti reali. Una dichiarazione che non ha lasciato indifferenti molti influencer in carne ed ossa. Che ora temono seriamente per il futuro del loro lavoro e della loro immagine.
Allarme deep fake: non solo gli influencer, anche Don Ciotti clonato per truffa
Il caso di Ariel Marie dimostra quanto l’ingresso dell’AI nel mondo del marketing online possa terremotare il settore. I confini tra realtà e creazione virtuale sono sempre più sfumati. Tutto può essere falsificato, anche l’identità digitale. E la tendenza a creare avatar virtuali a somiglianza di celebrità e influencer potrebbe contribuire ad un uso non autorizzato della loro immagine o addirittura alla proliferazione di deep fake, creati per danneggiare la loro reputazione o per truffare gli altri utenti.
Un allarme, quello dei deep fake, che non riguarda solo le star dei social, ma chiunque. Persino i preti. Come nel caso di Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, che è stato clonato dall’Intelligenza artificiale per truffare gli ammalati. In un video circolato negli scorsi giorni su Facebook si vede infatti il sacerdote intento a pubblicizzare cure miracolose contro malattie e artriti come ottima alternativa alla chirurgia o alle terapie tradizionali. Si tratta ovviamente di una falsificazione: i malfattori hanno manipolato un recente intervento del prete antimafia, servendosi dell’Intelligenza artificiale per i loro immorali affari.
L’AI, la nuova arma dei terroristi
Non solo truffatori, anche i terroristi sfruttano le infinite potenzialità dell’AI per propagandare le loro rivendicazioni. “New Harvest” nasce proprio per questo scopo. Si tratta di un programma multimediale di notizie creato dagli esponenti dell’Isis per diffondere e parlare delle loro sanguinose attività nel mondo. I video ricalcano i servizi televisivi di Al Jazeera, ma sono interamente realizzati dall’Intelligenza Artificiale. A inaugurare la nuova piattaforma web di monitoraggio terroristico è stato l’attentato a Mosca dello scorso marzo. Immediatamente seguito dal lancio di un primo filmato di 92 secondi, in cui un conduttore virtuale rivendica l’attentato affermando che “rientra nel normale contesto della furiosa guerra tra lo Stato islamico e i paesi che combattono l’Islam”.