“La carbonara? E’ americana. E il vero Parmigiano si fa nel Wisconsin”. L’intervista del Financial Times al docente italiano scatena un polverone
“Probabilmente questo post sarà ricordato come l’inizio della terza guerra mondiale”. Questo il commento più gettonato dopo la pubblicazione dell’intervista del Financial Times ad Alberto Grandi, storico dell’alimentazione e docente dell’università di Parma. Forse non si arriverà a tanto, ma il professore è già finito al centro della tempesta. La sua colpa? Aver riproposto le tesi già contenute in un volume pubblicato cinque anni fa, “Denominazione di origine inventata”, in cui demolisce letteralmente alcuni miti legati alla cucina italiana.
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Il vero Parmigiano viene prodotto nel Wisconsin
Qualche esempio? Grandi sostiene che il vero Parmigiano Reggiano è quello prodotto non nella sua Emilia ma nel… Wisconsin. Solo qui infatti si continuerebbe a produrre il formaggio seguendo la ricetta originaria, esportata da alcuni emigrati italiani, con forme di soli dieci chili di peso, consistenza grassa e morbida e spessa crosta nera. Mentre nel Belpaese la produzione del Parmigiano avrebbe portato ad una “evoluzione della specie” che ha deviato dall’originale.
Grandi: “Il panettone? Una invenzione industriale”
Sul panettone, il docente si è espresso così: “Prima del ventesimo secolo, il panettone era una focaccia sottile e dura farcita con uvetta. Era mangiato solo dai poveri e non aveva legami con il Natale. Il panettone come lo conosciamo oggi è un’invenzione industriale. Negli anni ’20 Angelo Motta introdusse una nuova ricetta di impasto e diede inizio alla “tradizione” del panettone a forma di cupola. Poi, negli anni ’70, di fronte alla crescente concorrenza dei supermercati, i panifici indipendenti iniziarono a produrre loro stessi panettoni a forma di cupola. Dopo un bizzarro viaggio a ritroso, il panettone è finalmente arrivato a essere ciò che non era mai stato prima: un prodotto artigianale”. E il tiramisu? Oggi diverse città e regioni si contendono la maternità del dolce. Che però era praticamente ignoto nelle cucine italiane sino agli anni Ottanta. Questa, almeno, l’ardita tesi del docente.
La carbonara, importata in Italia dai soldati Usa
Il colpo di grazia arriva con la carbonara, che per Grandi sarebbe una pasta inventata dagli americani. Altro che carbonai italiani del XVIII secolo: il battesimo sarebbe avvenuto nel 1944 a Riccione durante una cena per l’esercito statunitense, con gli ingredienti portati dagli yankees. Prima di allora nessuno in Italia avrebbe mai sentito parlare di un piatto la cui preparazione è oggi normata dalla più dogmatica ed estrema ortodossia
Chi è Alberto Grandi, l’uomo che smonta i miti della cucina italiana
Ma chi è Alberto Grandi e chi glielo fa fare di attirarsi le ire di un popolo – il nostro, il suo – universalmente conosciuto (e canzonato) per la sua idiosincratica suscettibilità in fatto di questioni culinarie? Nato a Mantova nel 1967, Grandi è autore e presidente del corso di laurea in Economia e management a Parma, una delle capitali del food Made in Italy. Ed è da anni che prosegue la sua attività di “debunking” sulle origini di alcune specialità culinarie nostrane. Le sue tesi sono diffuse attraverso la pubblicazione di diversi volumi:, una quarantina circa. Da Denominazione di origine inventata è stato tratto anche un podcast. Ora l’intervista al Financial Times, che segna una escalation: “La cucina italiana è decisamente più americana che italiana”, ha dichiarato con sprezzo del pericolo al quotidiano statunitense. Parole incendiarie.
Salvini contro Grandi (e la replica del docente)
La questione, come si dice, è divenuta presto anche politica. Contro Grandi si è scagliato tra i primi il ministro Matteo Salvini: “Nutriscore, insetti e ora anche ‘esperti’ e giornali invidiosi dei nostri sapori e della nostra bellezza. Comprare, mangiare e bere italiano fa bene alla salute, al lavoro e all’ambiente!” Ma Grandi non ha incassato in silenzio ed ha replicato al ministro leghista: “La storia si studia! Il rispetto per i nostri nonni, emigrati fino agli anni ’50 per non morire di fame, ci racconta di un’Italia povera in cui non esistevano le presunte tradizioni culinarie di cui oggi ci facciamo tanto vanto. I nostri piatti sono sì buonissimi, ma la loro storia è, nella maggior parte dei casi, diversa da quella che viene raccontata. L’emigrazione in America ha influito molto sulla creazione delle nostre attuali eccellenze gastronomiche. La nostra cucina, come tutte le cucine del mondo, è frutto di incroci e contaminazioni”
Il sottosegretario alla Sovranità alimentare D’Eramo: “Invidiosi dei nostri successi”
E’ stata poi la volta del sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo: “Si cerca di screditare il nostro paese e si mette in discussione l’italianità di ricette e prodotti simbolo, dalla carbonara alla pizza, dal panettone al Parmigiano Reggiano. Chi ci accusa di “gastronazionalismo” forse è soltanto invidioso dei nostri successi”. Come ricordato dallo stesso D’Eramo, una polemica che esplode proprio nei giorni in cui il governo italiano ha proposto la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco”.
Coldiretti: “Così prolifera il falso Made in Italy”
Altri schiaffi (metaforici) da Coldiretti, che sottolinea come il Wisconsin sia “la patria dei falsi formaggi Made in Italy”. E che le ricostruzioni di Grandi potrebbero “far sorridere”, se non nascondessero “preoccupanti risvolti di carattere economico ed occupazionale. La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre infatti terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani all’estero, dove le esportazioni potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine”.