Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Il dicastero per la Dottrina della fede ha pubblicato un documento in cui si conferma la possibilità per le persone queer di accedere al battesimo ed essere madrina, padrino e testimone di nozze. È davvero una novità? Dopo decenni di chiusure su questi aspetti per le persone separate e divorziate, il Vaticano ha preferito aprirsi alla comunità LGBTQ+? Ne abbiamo parlato con la teologa Sandra Letizia.
Il dicastero per la Dottrina della fede ha pubblicato una serie di risposte in merito al rapporto tra comunità LGBTQ+ e sacramenti. Nel testo ufficiale si parla di transessuali e persone omoaffettive ed è la risposta ad alcune domande formulate da José Negri, vescovo di Santo Amaro in Brasile. Il documento è firmato da Victor Manuel Fernandez, direttore del dicastero, e controfirmato da papa Francesco.
Si parla dell’accesso al battesimo e della possibilità di ricoprire i ruoli di madrina, padrino e testimone di nozze. Viene dato il via libera su questi fronti – che erano già accessibili prima della comunicazione – proprio a pochi giorni dall’approvazione dei vescovi tedeschi della benedizione delle coppie queer.
È davvero una novità? E dopo decenni di chiusure su questi aspetti per le persone separate e divorziate il Vaticano ha preferito aprirsi alla comunità LGBTQ+? Ne abbiamo parlato con la teologa Sandra Letizia.
Ci sono degli elementi davvero innovativi nelle risposte del dicastero per la dottrina della fede?
Di innovativo c’è poco. Sicuramente il linguaggio utilizzato non lo è. La Chiesa cattolica si ostina a utilizzare il termine “transessuale” invece che “transgender” e questo è poco innovativo, segno del non desiderio di evolversi, informarsi o aggiornarsi sul linguaggio all’interno della comunità LGBT. Chiunque abbia a che fare un po’ con queste tematiche sa quant’è importante conoscere i termini e utilizzarli in modo corretto. Quindi sicuramente l’uso di “transessuale” è un problema e dimostra quanta poca innovazione ci sia in questo tipo di risposta. Tuttavia proprio quando si parla delle persone trans si può trovare qualche spiraglio di apertura.
Ad esempio?
È soprattutto importante che sia stato messo per iscritto in un documento del dicastero per la Dottrina della fede quanto abbiamo letto in questi giorni: che una persona trans possa ricevere il battesimo. Ovviamente viene sottolineato “alle medesime condizioni degli altri fedeli”. Questo perché la Chiesa deve sempre porsi nella posizione di dare il sacramento a chi lo chiede, però è anche vero che da parte chi lo desidera ci si aspetta una certa disposizione a riceverlo.
Come si può dimostrare tale disposizione?
In particolare chiunque riceva il battesimo non da neonato ma superata una certa età deve compiere il cammino del catecumenato, che prevede che alla conclusione del percorso si ricevano tutti e tre i sacramenti di iniziazione. Che cosa viene richiesto quindi? Che la persona manifesti una certa fede, un interesse reale anche nei confronti del battesimo e che quindi si impegni in questo percorso. Papa Francesco comunque sottolinea che il sacramento è valido. Si riceve il carattere sacramentale anche se manca magari il pentimento per i peccati gravi, che è una cosa che ovviamente nessuno può certificare. Io non posso sapere se effettivamente tu ti sei pentito dei tuoi eventuali peccati.
Sono numerose le frasi che fanno riferimento a un possibile scandalo nei confronti della comunità. Questo è problematico perché si tiene in considerazione solo un chi può essere scandalizzato dall’idea che una persona transgender venga battezzata. Non si tiene conto invece di chi potrebbe essere scandalizzato nel caso in cui una parrocchia o una diocesi si rifiutassero di battezzare una persona transgender. Io personalmente mi scandalizzerei se il mio vescovo, il mio parroco o un qualsiasi prete della mia diocesi si rifiutasse di amministrare il battesimo a una persona transgender, che con piena aderenza di fede alla Chiesa cattolica lo richiede.
Quindi sicuramente questo è un problema che emerge sempre quando si parla di questioni LGBT. Si insiste sul non creare scandalo, ma si teme di sollevarlo solo tra le persone conservatrici e mai tra tutte le altre persone che invece sono a favore della totale partecipazione delle persone LGBT alla Chiesa. Questo sembra quasi uno scandalo che non ci si preoccupa di provocare.
Per quanto riguarda la possibilità di ricoprire il ruolo di madrina o padrino per le persone queer, c’è un nesso con il fatto che l’importanza di tale ruolo si sta riducendo sempre di più?
L’importanza di questo ruolo si sta riducendo. Infatti ora alcune diocesi hanno pensato di abolire la figura delle madrine e dei padrini ai battesimi e alle cresime. Anche se comunque ricordo che nelle cresime non sono mai stati necessari nel caso di una persona maggiorenne.
In ogni caso la conferenza episcopale italiana (CEI) dal primo luglio ha dichiarato che non sarà più necessario designare un padrino o una madrina in tutte le diocesi che hanno confermato questa prassi e hanno deciso di aderire a questa sperimentazione. Questo percorso durerà tre anni e servirà alla CEI per comprendere se effettivamente il ruolo dei padrini e delle madrine può essere definitivamente smantellato o oppure se va ripreso e rivalorizzato. Chiaramente si vuole riaccreditare la figura di madrina e di padrino che in questi decenni ha perso di significato.
In che modo?
Spesso nel momento in cui noi abbiamo un figlio e dobbiamo battezzarlo non andiamo a cercare una persona che effettivamente possa contribuire all’educazione alla fede del bambino, ma pensiamo subito alle persone che ci sono più vicine dal punto di vista familiare o amicale. Quindi magari chiederemo ai nostri genitori se abbiamo un buon rapporto con loro, ai nostri fratelli, alle nostre sorelle o a un caro amico. Indipendentemente dalla fede di questa persona.
Se quindi l’importante è che tale ruolo sia ricoperto da una persona di fede, meglio una persona queer che però ha veramente fede che l’amico che si sta prendendo la cresima perché così può fare il padrino, ma che appunto non è credente.
Ovviamente anche in questo caso le risposte del dicastero sottolineano che la persona deve essere scelta con criteri precisi. Le figure del padrino e della madrina sono normate da dei canoni. Di conseguenza loro dovrebbero avere una vita conforme alla fede e all’incarico da assumere e questo in alcune situazioni potrebbe essere un problema.
Cosa si intende con una vita conforme alla fede e all’incarico?
Innanzitutto che deve essere una persona credente, però appunto abbiamo visto che questo molto spesso viene testimoniato soltanto da un pezzo di carta che certifica che hai fatto tutto il percorso di iniziazione cristiana. Sappiamo bene che nessuno va davvero ad analizzare ogni aspetto della vita del credente.
Nel caso ovviamente delle persone omosessuali ma anche di persone separate, si va a vedere qualcosa che è facilmente provato: se si convive senza essere sposati.
Quindi che spazio occupano le persone divorziate e separate in tutto ciò?
Le persone divorziate o separate entrano nella questione soltanto alla domanda numero cinque, quando si parla di convivenza. Con la definizione “una persona che convive” immaginiamo che la questione si estenda anche chi ha relazioni eterosessuali. Inoltre agli occhi della Chiesa chi convive dopo un precedente matrimonio (di cui non ha ottenuto la nullità) è in una situazione più grave rispetto a due persone che convivono ma che hanno una prospettiva matrimoniale.
Proprio per questo si parla di “debita prudenza pastorale” e ogni situazione deve essere saggiamente ponderata. Anche se in questo caso non viene detto esplicitamente, l’avviso è sempre non creare scandalo all’interno della comunità.
Ribadisco che ci si sofferma tanto su questi aspetti, ma nella pratica spesso quando si indica una persona come madrina o padrino viene semplicemente chiesto il certificato dei sacramenti e il parroco non si mette ad analizzare la sua vita. Il documento resta vago sulla questione e non parla in maniera esplicita di divorziati e separati. Per questo non possiamo immaginare un’apertura nei loro confronti.
Ma quindi una persona queer che convive può essere padrino o madrina di battesimo?
Questo punto è un po’ fumoso. Si legge: “A norma del canone […], può essere padrino o madrina chi ne possegga l’attitudine e «conduce una vita conforme alla fede e all’incarico che assume». Diverso è il caso in cui la convivenza di due persone omoaffettive consiste, non in una semplice coabitazione, bensì in una stabile e dichiarata relazione more uxorio, ben conosciuta dalla comunità”.
È come se si stesse dando per scontato che chi convive non conduce una vita conforme alla fede e all’incarico da assumere. E quindi chiunque convive non può fare da padrino da madrina. Questa prospettiva non è insolita perché in linea con la logica della Chiesa. Ovviamente le persone omosessuali non hanno alternative perché non si possono unire in un matrimonio sacramentale. Inoltre si sottolinea che la loro situazione sia “ben conosciuta dalla comunità”, richiamando lo scandalo di cui prima.
Si pone infine l’accento sull’essere testimoni dell’atto battesimale. Non si ricopre così un incarico preciso ma si partecipa al battesimo e si è in qualche modo coinvolti. Fondamentalmente penso che la logica dietro la risposta sia questa: una sorta di contentino, di mediazione. E sicuramente non c’è alcuna innovazione nel dire che le persone che convivono non possono fare da padrini e da madrine. Però non dovrebbero poterlo fare neanche coloro che accedono alla cresima all’ultimo minuto soltanto per avere il certificato. Dovremmo evitare di svendere i sacramenti in questo modo.
Il documento presenta infine un riferimento ai testimoni di nozze. Cosa si dice?
Qui non c’è alcuna innovazione perché chiunque può fare da testimone a un matrimonio. Purché abbia l’età anagrafica prevista e comprenda quello che sta avvenendo e quindi conosca la lingua in cui avviene il rito. Di conseguenza il fatto che venga detto che i testimoni possono essere anche persone transgender o in generale persone LGBT non ha niente nuovo.
Sottolineerei invece l’uso costante, anche in questo punto, di “omoaffettivo” che cerca di dare risalto all’amore e non all’aspetto sessuale. Non sia mai che venga sottolineato che l’omosessualità è un orientamento sessuale che ha a che fare col sesso.