Perchè leggere questo articolo? L’omeopatia divide. Fa discutere, infatti, la decisione del sovrano del Regno Unito di nominare un omeopata come medico ufficiale della Casa Reale. Per molti, invece, l’omeopatia non è una scienza. True News ne ha parlato con Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene Generale a Applicata presso la sezione di Virologia dell’Università degli Studi di Milano: “Riconosco alcuni meriti all’omeopatia, ma sulle patologie pesanti non si scherza”. L’INTERVISTA
”Omeopatia per piccina che tu sia tanti mali ti porti via”. Una filastrocca assurta quasi a slogan per le persone e i medici italiani che scelgono l’approccio omeopatico come via preferenziale per la cura della salute umana. E anche Carlo III sembra essere su questa stessa lunghezza d’onda. Il neo-re del Regno Unito, infatti, ha nominato un omeopata come medico personale e capo ufficiale medico della Casa Reale. Si tratta di Michael Dixon, esperto di pranoterapia, medicina olistica, scambi di energia e passaggi di luce. Pur avendo lavorato nel servizio nazionale sanitario per 50 anni, il medico avrebbe deciso di dedicarsi completamente alle cure alternative dopo aver visto all’opera un sedicente guaritore cristiano. Da tempo Dixon, anche presidente del College of Medicine, accompagna il sovrano nei suoi viaggi ufficiali. D’altro canto, il sostegno del sovrano per la medicina alternativa non è una novità. Già nel 2006, nel corso di un evento dell’Oms a Ginevra, aveva affermato che “i governi devono abbandonare il loro approccio tradizionale alla salute”. E nel 2017 è stato nominato patrono della Facoltà di Omeopatia. La decisione di Carlo III, però, fa discutere. Il Daily Mail ha ricordato alcune controverse teorie sostenute dall’omeopata inglese, come l’Epimedium,“erba della capra eccitata”, per curare l’impotenza. Inoltre, molti temono che l’inclinazione di Carlo nei confronti di questi rimedi possa favorire la proliferazione delle pseudoscienze. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, l’omeopatia non è considerabile scienza. Sebbene Dixon abbia protestato contro l’idea che queste cure siano solo “un placebo”, va sottolineato che l’approccio omeopatico non si basa su prove che possano dimostrarne scientificamente la validità. Nonostante ciò, sempre più persone abbracciano l’omeopatia, trovando l’appoggio di una comunità di medici favorevoli. True News ne ha indagato le motivazioni con Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene Generale a Applicata presso la sezione di Virologia dell’Università degli Studi di Milano, nonché direttore sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano.
Dottor Pregliasco, cosa ne pensa della decisione di re Carlo III di nominare un omeopata come medico ufficiale?
La scelta del sovrano del Regno Unito non mi stupisce. Già in passato il re aveva manifestato esplicitamente le sue posizioni a favore delle medicine non convenzionali. Mi fa specie che però faccia riferimento a una persona con un curriculum non specchiante, che porta avanti un approccio non scientifico. Si tratta di un testimonial non positivo rispetto a quello che dovrebbe essere posto in attenzione primaria, ossia l’Evidence based medicine, la ricerca scientifica, che favorisce anche l’informazione, la conoscenza e la consapevolezza dei pazienti.
Ma l’omeopatia è considerabile come una scienza oppure no?
I rimedi omeopatici non seguono le regole degli studi clinici. Vengono prescritti rimedi molto personalizzati, a differenza della ricerca scientifica che si basa su studi su larga scala. Posso concepire l’omeopatia come approccio di attenzione alla propria salute rispetto a un eccesso di trattamenti farmacologici. Ma su patologie pesanti, penso a problemi oncologici ad esempio, non si deve scherzare.
Ma perché, dunque, l’omeopatia è sostenuta da così tante persone e medici, nonostante l’assenza di studi scientifici che ne attestino l’effettiva efficacia?
Riconosco che l’omeopatia sia un approccio che nel tempo ha raccolto molti adepti. I colleghi di questo settore hanno una grande attenzione al paziente e all’anamnesi. Giustifico la fiducia nell’omeopatia per la particolare attenzione al paziente nella fase di presa in carico. A differenza, a volte, di un medico convenzionale che prescrive la cura e non vede magari il paziente nel suo insieme. L’approccio omeopatico ritengo sia una scelta positiva quando adottata contro un’iper-medicalizzazione. E’ negativo, invece, quando viene assunto come unica metodologia di cura per paura nei confronti delle prescrizioni medico-scientifiche. Quello che è successo durante il Covid ne è un esempio: alcuni genitori hanno curato male i figli basandosi sull’omeopatia per timore dei vaccini o dei rimedi farmacologici, causando gravi danni. Serve sì equilibrio e buonsenso nell’uso massiccio di farmaci, ma bisogna prenderli quando serve.
Come fare, allora, per avviare una sperimentazione strutturata sull’omeopatia?
Ci sono studi e tentativi timidi, a parer mio, di arrivare a conferme di tipo scientifico. Ma manca la conoscenza complessiva e le prove che ne dimostrino l’efficacia d’azione. Lo studio e la sperimentazione per verificare la validità e la sicurezza dell’omeopatia deve essere provata attraverso il rigoroso metodo scientifico.
Un’integrazione sinergica tra la medicina tradizionale e l’omeopatia potrebbe essere la soluzione, secondo lei?
Personalmente non darei questi prodotti, che non sono neanche definibili farmaci in quanto non hanno il bugiardino. Ne comprendo l’utilizzo, ma non credo che abbia senso metterli a carico del Servizio sanitario nazionale, perché questo si chiede.