Perchè leggere questo articolo? Hanno molto colpite le parole pronunciate da don Ezio Raimondi durante l’omelia al funerale di Giovanna Pedretti, la ristoratrice trovata morta nel fiume Lambro. Anche a causa della gogna mediatica ricevuta in seguito a una recensione presunta falsa. True News riporta le parole integrali del parroco durante la celebrazione delle esequie.
Un migliaio di persone si sono riunite alla basilica di Sant’Angelo Lodigiano per i funerali di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di 59 anni trovata senza vita nel fiume Lambro. Travolta dalle polemiche sulla recensione (che si è poi presunto essere falsa) omofoba e discriminatoria contro il suo locale locale Pizzeria Le Vignole. Un caso montato sui social e finito su giornali e tg. Una pressione che la 59enne potrebbe non avere retto. L’autopsia ha confermato che Giovanna si è tolta la vita, forse per colpa dell’odio del web che l’ha schiacciata. “Stampa e TV: rispettate alla famiglia e non fatevi vedere più”. È stato lo striscione esposto lunedì 22 gennaio fuori dalla chiesa per ribadire ai giornalisti di rispettare il momento di dolore. Nei giorni scorsi la famiglia, in particolare la figlia Fiorina D’Alvino, aveva attaccato duramente la stampa, accusandola della morte della donna.
Molto ha colpito l’omelia recitata durante la funzione. Concentrandosi sul passo in cui Don Ezio Raimondi punta il dito contro i leoni da tastiera. Ma ecco cosa il sacerdote ha detto integralmente.
L’omelia al funerale di Pedretti: “Su Giovanna sospetti come macigni”
“Dolore, clamore: due parole così assonanti e dissonanti allo stesso tempo. Tanto da produrre note stonate come quelle che abbiamo dovuto, nostro malgrado, ascoltare in questi giorni. Da una parte il dolore di chi si è visto messo radicalmente in discussione nella propria sincerità e autenticità. In un lavoro portato avanti con dedizione, cura e amore insieme alla sua famiglia. Nell’umile e concreto tentativo di allargare l’orizzonte, di sentirsi parte di una città che ha bisogno di tutti per rinascere e per crescere, di contribuire con iniziative benefiche e solidali convinti che tutti, se vogliamo, possiamo fare qualcosa per rendere il mondo migliore”.
“Dall’altra il giudizio sommario, senza appello, senza misericordia, di chi parla senza sapere, senza conoscere. Il rincorrersi senza alcun filtro delle illazioni, dei sospetti, di castelli di carta tirati in piedi in un giorno e una notte, pesanti come macigni, costruiti per soddisfare i pruriti di gente ormai frustrata al punto da bramare la narrazione delle disgrazie altrui, dove il teorema da dimostrare, il dubbio da alimentare è che anche dove c’è del bene si nasconde alla fine un interesse, un tornaconto, facendo diventare così le ombre, tenebra, e spegnendo con la tenebra fatta di parole che feriscono, quella luce che, dentro la complicazione della vita, a volte basta un lieve soffio per arrivare imprudentemente a spegnere”.
Don Ezio e l’attacco ai leoni da tastiera: “Ne uccide più la lingua che la spada”
“Da una parte una famiglia che reclama giustamente di poter vivere con pudore il proprio dolore. Che ha bisogno di avere accanto amici e non estranei. Che vuole silenzio per tentare almeno di capire qualcosa, provare, anche se è impossibile, a dare un senso a quanto ha lasciato l’intera nostra comunità di sant’Angelo senza parole e addolorata. Dall’altra l’invadenza, l’insistenza, il diritto sbandierato di informazione, assoluto, di fronte al quale non può essere messo nient’altro. L’arroganza di chi crede di poter distruggere e restituire la stima e la dignità di qualcuno. Ma che in realtà non ha avuto alcuna possibilità di far vacillare chi ha conosciuto Giovanna nel credere alla sua acclarata onestà e generosità e non ha ora alcun bisogno che qualcuno si preoccupi di riabilitarla. Questo forse è stato l’unico sbaglio di Giò. Aver per un attimo pensato che non solo gli estranei ed implacabili accusatori, ma anche noi potessimo anche solo per un istante dubitare di lei”.
“Da una parte c’è una comunità provata, mesta, come è la nostra. Desiderosa solo di essere vicina alla famiglia, di regalare oggi il nostro ultimo saluto a Giovanna, colmo di affetto e di gratitudine. Di farlo con semplicità, senza clamore appunto, senza alzare la voce, senza espressioni di rabbia, senza segni o parole che non ci riportino all’essenziale. Che, in questo momento, è quello di accompagnare e consegnare la nostra Giovanna al Signore della vita, affinchè possa restituirgli quello che le è stato tolto. Dall’altra il chiedersi sempre troppo tardi come fare per evitare tragedie simili. Come impedire ai leoni da tastiera di riversare impunemente il loro odio, la cattiveria gratuita, nella rete, su chiunque. Dimenticando il potere distruttivo che possono avere anche semplici parole, ben significato dalla nota massima: ‘Ne uccide più la lingua della spada’”.
Il grido muto di Giovanna contro un mondo imperfetto
“Il Signore ci regala finalmente una sosta. La possibilità di fare silenzio nel nostro cuore, nella nostra mente, lontano dai riflettori della cronaca. Dandoci così anzitutto la possibilità di ascoltare il grido muto di tanto dolore. Anzitutto quello della nostra Giovanna. Ci siamo fatti e credo ci faremo ancora la medesima domanda a cui solo lei avrebbe potuto rispondere e ora, ahimè non può farlo più. Cara Giovanna cosa ha pesato così tanto sul tuo cuore? Cosa ti ha tormentato fino a questo punto? Il mondo è imperfetto, lo sappiamo, anche se accettarlo è difficile. Con fatica ci proviamo a migliorare le cose, ma invece di riconoscimento si sperimenta non di rado l’incomprensione e il rifiuto. Gesù stesso, rivolgendosi ai Giudei che lo criticavano aspramente e lo accusavano a un certo punto chiese: “Vi ho mostrato diverse opere buone del Padre mio, per quale di esse mi volete lapidare?” Posto sotto processo, a chi lo ha schiaffeggiato disse: “Se ho parlato male dimostra il male che ho detto. Ma se ho parlato bene perchè mi percuoti?”.
“Giovanna, guarda quanta gente oggi è qui, guarda quanta gente ti ha voluto bene. Perchè non hai voluto aprirti, parlare di ciò che ha spento in te l’ultimo barlume di speranza? Il dolore non è solo tuo, è ora anche nostro nel chiederci inevitabilmente cosa non abbiamo fatto. Cosa avremmo potuto fare per dimostrarti ancora una volta il nostro affetto e la nostra comprensione. Oggi a molti di noi non basta dire: “Mi dispiace!”. A volte siamo troppo convinti che tutto si possa alla fine aggiustare. Che infondo non è successo niente di così grave da turbare persino un animo sensibile, attento e generoso come quello di Giovanna, che tante volte ha consolato, incoraggiato noi, anche regalandoci un semplice abbraccio e un sorriso. Ma forse proprio perchè lei stessa aveva conosciuto la fatica, il dolore, aveva bisogno di essere consolata. Conosciamo fin troppo bene ciò di cui noi abbiamo bisogno, ma non possiamo mai dare per scontato che proprio chi ci aiuta abbia anche lui bisogno di noi”.
Don Ezio: “Il silenzio ora, si trasforma in una parola, che dice rispetto”
“In questo spazio di silenzio interiore che ci regala questa celebrazione, è il dolore di Nello di Fiorina, della mamma, degli amici, delle amiche che desideriamo possa esprimersi in qualche maniera. Perchè il dolore tenuto dentro si trasforma in rabbia e la rabbia non giova a nessuno. Ha solo il potere di distruggere la nostra stessa vita”. Così continua il sacerdote. “Di fronte a voi mi domando a cosa servono queste stesse mie parole? Forse a poco, magari a niente. Ma anche il silenzio si trasforma in una parola, che dice rispetto, che dice presenza, che dice vicinanza, che dice condivisione”.
“Questa Basilica oggi parla più che mai accogliendo tutti noi. E racconta di una comunità che non è rimasta indifferente. Una comunità che sa riconoscere dove sta il valore delle persone. Una comunità che non si piega al potere dell’esibizionismo che trasforma storie fatte di carne e sangue in “casi” asettici di cui discutere sulla pelle degli altri. Fingendo di aver finalmente aperto gli occhi e capito che ogni potere, compreso quello dei media e dei social, lasciato fuori controllo si ritorce contro di noi, sino a privarci della nostra stessa umanità. Dopo questi giorni concitati in cui vi è stato impedito di vivere come avreste voluto il vostro dolore, possiamo solo sperare che riusciate finalmente nella trama delle relazioni più vere e vicine tentare almeno di ricostruire quella serenità necessaria per andare avanti. Ritrovando in qualche modo la stessa Giovanna in tante cose che avete condiviso con lei, nel portare avanti i suoi valori, i suoi ideali”.
“Nel silenzio insieme al dolore risuona, vogliamo risuoni con forza in questa celebrazione, la Parola del Signore. L’unica che in questo contesto ha davvero voce in capitolo. L’unica parola sensata, capace di aprire nuovi orizzonti persino lì dove tutto appare irrimediabilmente compromesso. Lasciamo dunque che la Parola di Dio che guarisce e salva, possa raggiungerci, ciascuno nel proprio dolore. Ciascuno di noi con il proprio perchè a cui non sarà facile, forse impossibile, dare risposta”.
“Giovanna non se ne è andata sola”
“Per Paolo, abbiamo ascoltato nella prima lettura, Dio è il Dio di ogni consolazione che ci consola in ogni genere di tribolazione. La vita in questo mondo non è una passeggiata. Il pianto di chi nasce non serve solo ad aprire le vie respiratorie. Ci ricorda che il cammino che ci attende è tutto in salita, costellato di ostacoli, di pericoli, di prove da superare. Né ad alcuno di noi il Signore con l’inganno ha promesso un’esistenza libera da problemi. Egli ci assicura solo di rimanere al nostro fianco e di combattere con noi. Non vi è dunque situazione, occasione in cui Dio non possa venire in nostro soccorso, così che nessuno abbia motivo di sentirsi ancora solo. Il Signore non è estraneo al dolore degli uomini, alla fatica del nostro vivere. Come abbiamo pregato nel salmo, egli conosce i passi del nostro vagare, ossia del nostro smarrimento. Nel suo otre raccoglie le nostre lacrime per poterle un giorno asciugare e ricompensare”.
“Giovanna non era sola, non se n’è andata da sola, né lo è in questo momento. Misteriosamente, ma realmente, Dio le è stato vicino sino all’ultimo tra le brume di quella tragica domenica. Nell’acqua gelida del fiume. Come è vicino oggi ai suoi familiari e a tutti noi che piangiamo Giovanna, accettando di essere persino considerato la causa di tanto dolore. Cristo, risorto dai morti, è qui in mezzo a noi rassicurandoci che egli è con noi sempre sino alla consumazione del mondo. Quello che dobbiamo fare è permettergli di consolarci, non chiuderci al suo amore. Lasciamo che il Signore si manifesti nel nostro intimo, parli al nostro cuore. Lasciamo che egli ci aiuti a pensare Giovanna non più avviluppata tra le angosce della morte, ma libera e serena tra le braccia del Padre. Di questo dono di consolazione tutti noi a nostra volta dobbiamo diventare segno e strumento”.
“Giovanna Pedretti, nessuno deve sentirsi solo”
“Anche noi dobbiamo essere pronti infatti a consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Siamo, ma non lo siamo mai abbastanza e per questo ci ripromettiamo di diventarlo ancora di più, una comunità dove tutti si sentono accolti, rispettati, accettati, amati. Una comunità che non abbandona nessuno, non scarta nessuno, non lascia indietro o ai margini chi fa più fatica. Giovanna questo ce lo ha insegnato. Proprio lei che forse non ha permesso nemmeno a chi gli voleva bene di entrare fino in fondo nel suo dolore. Di esserle accanto per consolarla quando ha deciso di proseguire da sola il suo cammino. Nessuno deve tra noi sentirsi solo. Ma deve poter contare su una comunità che è attenta, che sa mettere sempre al centro le persone, che come una mamma si accorge e sta accanto a chi ha più bisogno tra i suoi figli”.
Don Ezio: “L’angoscia che ha tolto il respiro a Giovanna Pedretti”
“Venite a me, dice il Signore, voi tutti che siete stanchi e oppressi ed io sarò il vostro ristoro. Stanchezza e oppressione sono due termini che possono rileggere l’esperienza umana di Giovanna. Quella dei suoi cari. Quella di tutti noi. Siamo stanchi di soffrire. Di dover lottare contro i mulini a vento. Di sacrificarci senza riuscire a dare un vero senso alle nostre rinunce. Ci sentiamo così a volte calpestati, umiliati, svuotati, che la cattiveria e l’indifferenza di cui gli uomini sanno essere capaci ha il potere di dare il colpo di grazia. Arrivando a chiederci chi ce lo fa fare di continuare a crederci ancora, di lottare, di impegnarci, di essere onesti in un mondo di disonesti, di essere sinceri in un mondo di bugiardi, di essere buoni in cambio dei torti subiti. Gesù promette a chi si rivolge verso di lui con cuore mite e umile di trovare riposo, di trovare pace. Il giogo che egli mette sulle nostre spalle sarà sempre il più leggero, perchè egli è l’unico che lo porterà accanto a noi, con noi, per noi, e sarà disposto a caricarsene per il maggior peso”.
“Queste parole oggi diventano una chiamata per Giovanna. E’ a lei che il Signore le rivolge. Vieni a me nella tua fatica, nella tua delusione, nella tua angoscia che ti ha tolto il respiro, nelle tue paure che non hai superato, e troverai pace e serenità. Noi con la nostra preghiera la affidiamo a Dio, anche se ci fa soffrire il modo con cui se n’è andata e il non averla più qui tra noi. Affinchè in lui trovi ciò che il mondo, la vita, persino tutto il nostro amore, la nostra amicizia non le ha saputo dare. Riposa in pace cara Giovanna e la tua pace in Dio consoli chi tra noi ti ha davvero amato. Sia lodato Gesù Cristo”.