Da eroe a genocida. La figura di Cristoforo Colombo continua a dividere l’America. Si sono registrate anche quest’anno le proteste contro il Columbus Day, celebrazione che ricorre ogni secondo lunedì di ottobre, negli Stati Uniti.
Se da un lato il navigatore genovese rappresenta l’inizio di una nuova era, l’unione di due continenti, orgoglio italo-americano, dal punto di vista dei nativi americani la scoperta delle Americhe fa rima con colonizzazione e genocidio. La grande febbre woke – un termine intraducibile in italiano per indicare un attivismo intransigente – contro Colombo, iniziata dal 2017 a Baltimora ed esplosa nel 2020 sull’onda del movimento Black Lives Matter, sembra però essersi sgonfiata. Del resto le contestazioni avviate in clima di cancel culture hanno già sortito i loro effetti: ad oggi, più di centotrenta città americane e cinque stati hanno ufficialmente abolito la festività in onore del genovese. Al suo posto è stato istituito l’Indigenous People Day, festività dedicata alle popolazioni indigene vittime della colonizzazione.
Il Columbus Day divide: il fronte italiano
Il 9 ottobre la Fifth Avenue non ha rinunciato all’appuntamento e si è tinta di tricolore italiano. Festa grande per celebrare il Columbus Day: più di trentacinquemila persone ad accompagnare la parata con carri e bande per le strade di New York. Tanti gli italiani presenti ad omaggiare il navigatore genovese come simbolo di orgoglio e patrimonio italo-americano. Tra questi, anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, volato a New York proprio per l’occasione.
“Sono qui per testimoniare la mia vicinanza e quella del governo italiano alla comunità italo-americana nel giorno in cui celebra Cristoforo Colombo – ha dichiarato il ministro – Desidero anche esprimere il mio sostegno agli italo-americani nella difesa della memoria di Cristoforo Colombo. Il grande esploratore genovese è stato un genio che ha cambiato la storia dell’umanità. Coloro che ne vogliono cancellare o profanare il ricordo in nome della cancel culture non solo offendono loro, ma negano la stessa storia e il valore dell’identità della nostra cultura”.
La protesta dei nativi
Ma la protesta anti-Colombo non si arresta. In Massachussets i nativi americani e altri attivisti chiedono a gran voce l’abolizione della festività da loro considerata suprematista. A favore, invece, dell’istituzione dell’Indigenous Peoples Day, che veda il riconoscimento delle discriminazioni e del genocidio subiti dalle popolazioni indigene e ne celebri la cultura e la resilienza. Arlene Duncan, executive director dell’American Indian Center, dichiara che la maggioranza dei supporter di Colombo “scelgono di credere solamente alla loro versione dei fatti, ma il trauma storico e l’annientamento della nostra gente non può essere negato”. Anche per la senatrice Joanne Comerford, alla guida della petizione per stabilire ufficialmente l’Indigenous Peoples Day, è in corso “un’urgenza razziale. Un’urgenza per le persone indigene. Un’urgenza di verità”.
Immediata la risposta delle comunità italo-americane, che rivendicano il Columbus Day come elemento portante della propria identità collettiva. Per gli italo-americani, infatti, il fulcro della celebrazione si sposta dal personaggio di Colombo, all’importanza del suo sbarco nel Nuovo Mondo, in quanto avvio al processo di immigrazione verso l’America. Aprendo così le porte a milioni di persone in cerca di una vita migliore. “Le persone che supportano gli indigeni hanno buone intenzioni, ma non vedo perché bisogna realizzarle a spese degli italiani” ha detto Jeffrey Rosario Turco, membro della Camera dei rappresentanti del Massachusetts e figlio di immigrati italiani.
Gli italo-americani riconoscono le sofferenze subite dalle popolazioni native e credono che sia giusto riconoscerle al fianco, ma non al posto, del Columbus Day. Del resto, anche la Farnesina qualche anno fa ha dichiarato che “Colombo rappresenta in tutto il mondo non solo negli Stati Uniti un simbolo fondamentale della storia e dei successi italiani. La scoperta dell’America resta in ogni caso patrimonio dell’umanità, nonostante ogni dibattito volto a voler rileggere oggi eventi di tale grandezza”.
La proposta degli italo-americani
La National Italian American Foundation difende, dunque, fermamente la giornata, dal 1937 fonte di orgoglio per gli italoamericani. La NIAF ha cercato comunque di portare il dibattito su Colombo su binari non ideologici: “Non dobbiamo negare la storia dell’America, né cancellarla del tutto. La nostra nazione offre ampie opportunità di impegnarsi in un ragionevole dibattito sui vari aspetti dell’eredità lasciata dai personaggi storici. Tutti gli individui sono imperfetti, e tutti i monumenti a loro dedicati rappresentano solo un’istantanea della nostra storia, ora misurata rispetto alla sensibilità del XXI secolo. A nostro avviso, è ingiusto applicare le norme politiche di oggi a una figura storica di oltre 500 anni fa. Se la pratica di applicare le norme politiche di oggi ai nostri Padri Fondatori fosse ampiamente accettata, ci sarebbero argomenti per denigrare alcune delle figure più importanti della storia americana”.
Gli italo-americani proseguono: “Molti sono i monumenti commemorativi di Franklin Roosevelt, che si è macchiato dell’internamento di giapponese e italoamericani durante la Seconda guerra mondiale. Nonostante ciò, non chiediamo che i suoi monumenti siano distrutti. Nemmeno quelli per Theodore Roosevelt, che approvò un linciaggio di italiani a New Orleans del 1891. Nonostante la crescente popolarità della Giornata dei Popoli Indigeni come alternativa al Columbus Day, la NIAF non si oppone all’istituzione di tale festa. I nativi americani, come gli italoamericani, dovrebbero avere tutto il diritto di celebrare ed educare gli altri sulla loro storia e cultura. Tuttavia, la Fondazione ritiene che abrogare il Columbus Day solo per sostituirlo con un’altra festa celebrata da un altro gruppo etnico, sarebbe un segno di grande insensibilità culturale. La NIAF si pone quindi vigorosamente a sostegno della continuazione del Columbus Day come festa federale, ritenendo che le due festività possano coesistere pacificamente senza generare denigrazione o vandalismo”.
E le statue di Colombo? Tagliate loro la testa
Proprio in occasione del Columbus Day 2023 è stata inaugurata, a Johnston, la nuova ricollocazione di una statua dedicata al navigatore genovese. Ma le proteste non sono tardate ad arrivare. Necessario l’intervento della polizia per sedare gli scontri tra oppositori e favorevoli al monumento. La statua in questione era stata vandalizzata diverse volte fino a esser stata rimossa dalla sua collocazione originaria a Providence, Rhode Island.
In totale sono trentacinque le statue di Cristoforo Colombo vandalizzate, decapitate o rimosse per via dell’ondata cancel culture negli scorsi anni. Nel 2017, infatti, a Baltimora un obelisco in suo onore è stato preso a martellate. Nello stesso anno, a Manhattan un altro suo monumento è stato imbrattato di rosso. Un’azione ripetuta anche a Richmond, in Virginia, dove invece una sua statua è stata abbattuta e gettata in un laghetto. A Colombus, città che prende il nome dall’esploratore, il monumento donato da Genova nel 1955, è stato smontato. Per il momento Cristoforo Colombo svetta ancora sul Columbus Circle di New York. Quanto durerà?
La cancel culture che muove guerra alla storia
Niente di nuovo sotto il sole. Il dibattito sulla legittimità o meno della giornata dedicata a Colombo va avanti da decenni. Le prime critiche si sono levate a partire dagli anni Settanta del Novecento. Nell’opinione pubblica, infatti, è cresciuta la consapevolezza riguardo le conseguenze disastrose per le popolazioni indigene, causate dallo sbarco del navigatore genovese. In realtà, come spiega la studiosa Gabriella Airaldi, è una questione aperta da cinquecento anni.
“Le prime contestazioni anti-Colombo risalgono al sedicesimo secolo – spiega – Provengono in particolare dai Paesi dell’area protestante dell’Europa, preoccupati dall’espansionismo spagnolo e portoghese. Una vera e propria campagna ideologica, motivata più che altro da interessi commerciali, che solleva obiezioni contro la legittimità delle conquiste al di là dell’Atlantico”. Covata da tempo, la guerra a Cristoforo Colombo è però esplosa a metà dello scorso decennio con l’ideologia woke, che si è scagliata anche contro i sudisti e tutti gli altri simboli della colonizzazione europea. Per la cancel culture l’esploratore genovese non è un eroe da celebrare, ma uno spietato conquistatore. Rappresenta il genocidio, le invasioni, la supremazia bianca. Colombo è diventato così l’obiettivo di manifestazioni avverse, al pari di altri simboli d’odio: non solo attraverso la cancellazione della giornata in suo onore, ma anche attraverso il vandalismo e la distruzione di statue che lo raffigurano.
Processo a Colombo
Il “processo a Colombo” è anche oggetto di un saggio di Antonio Musarra. Lo storico attesta il cambiamento radicale del giudizio degli storici su Cristoforo. Colombo è visto ormai come il primo dei conquistadores, che ha dato avvio all’occupazione delle Americhe, provocando lo sterminio di milioni di persone. Il massiccio assalto alle sue statue, che si configura come una vera damnatio memoriae, genera – secondo Musarra – molte perplessità. Esagerate, sotto vari aspetti, le accuse mosse a Colombo. Ha poco senso accusarlo di genocidio, dato che non è mai stata sua intenzione sterminare i nativi americani. Per lo storico la generale condanna nei confronti dell’esploratore rivela anche la persistente difficoltà degli Stati Uniti di fare i conti col proprio passato. La doppia e contrastante visione di Colombo continuerà a segnare la sua figura. Da un lato, l’eroe scopritore di nuove terre, dall’altro il responsabile di persecuzioni, genocidi e repressioni. Ultimo uomo del Medioevo, primo uomo dell’Età Moderna. Ambiguo su tutti i fronti, buono o cattivo a seconda delle ideologie.