Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Matteo Zuppi, presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, è stato impegnato in una missione diplomatica tra Ucraina e Russia. Negli ultimi mesi è stato rivestito di incarichi non indifferenti. Che ruolo possono avere le missioni diplomatiche nell’accesso al soglio pontificio? Ne abbiamo parlato con l’esperto di diritto canonico ed ecclesiastico Francesco Lozupone, che segue le dinamiche e le politiche della Chiesa.
All’inizio di giugno il cardinale Matteo Zuppi si è recato con una delegazione ecclesiastica a Kiev per una missione di pace. Si tratta della prima operazione di tale tipo organizzata dalla Chiesa dall’invasione russa dell’Ucraina. L’obiettivo – così diffuso dal comunicato stampa ufficiale – era quello di “ascoltare in modo approfondito le Autorità ucraine circa le possibili vie per raggiungere una giusta pace e sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensioni”.
La missione del cardinale Zuppi e il suo futuro
Gli aspetti specifici di cui si è discusso durante la missione non sono stati divulgati. Dopo un incontro con il commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino, Dmytro Lubinets, e il presidente Zelensky, nessun comunicato stampa ha rivelato i temi in oggetto. Nonostante il ritorno di Zuppi, quindi, non è chiaro quali strategie la Chiesa possa mettere in atto per mediare tra i due Paesi. True News ha parlato con l’esperto di diritto canonico ed ecclesiastico Francesco Lozupone, che segue le dinamiche e le politiche della Chiesa.
Perché in alcuni casi vengono assegnate le missioni diplomatiche ai cardinali?
La santa sede, ordinariamente, opera diplomaticamente attraverso i nunzi apostolici, che sono negli Stati con cui il Vaticano ha delle relazioni, ma ci sono delle situazioni particolari, contingenti o di crisi acute, nelle quali il peso del rappresentante diplomatico non è tale da potersi spendere in una mediazione.
Allora, quasi come segno rispetto alle parti che sono nel contenzioso, ma anche nei confronti della comunità internazionale, oltre al supporto ordinario offerto in loco dal rappresentante pontificio – diplomatico – e da Roma dagli altri uffici, viene impegnato un cardinale che, per il suo ruolo e la sua storia, ha particolare esperienza di mediazioni. In sostanza, quando il Papa invia un ambasciatore per una mediazione è una manifestazione di sensibilità verso una situazione percepita come particolarmente grave.
Quali sono state le principali missioni diplomatiche in aree tese negli ultimi pontificati?
Significativa è la missione diplomatica di Zuppi, tra Ucraina e Russia, che si spiega con il fatto che il cardinale, proveniente dalla Comunità di Sant’Egidio, si è speso negli anni ’80 e ’90 per favorire la pace tra Angola e Mozambico. Quindi ha un’esperienza di mediazione tra parti in conflitto.
Oltre a ciò mi vengono in mente due missioni di rilievo. Durante la Seconda Guerra del Golfo, nel 2003, papa Giovanni Paolo II inviò il cardinale francese Roger Etchegaray, presidente del pontificio consiglio Iustitia e Pax, una sorta di dicastero vaticano per promuovere giustizia e pace nel mondo. Era una personalità con una forte sensibilità in questi ambiti.
Un altro lavoro importante che vide all’opera un cardinale fu sempre ai tempi di Giovanni Paolo II. Venne infatti inviato il cardinale Antonio Samorè per mediare tra Argentina e Cile per un contenzioso molto antico legato alla Terra del fuoco e a un canale che la attraversava in modo strategico. L’esito di questa mediazione portò nell’84 a un accordo tra le parti.
Ci sono stati casi in cui i cardinali coinvolti ne hanno tratto benefici in termini di gerarchia ecclesiale?
Sia Etchegaray che Samorè erano già cardinali e all’apice della loro carriera ecclesiastica quindi non ebbero nessun vantaggio.
Nel caso dell’arcivescovo di Bologna la situazione è differente. Di certo il papa sta proponendo per molti ruoli Zuppi. Quando i pontefici fanno questo, l’obiettivo è porre in evidenza una persona e indicarla al futuro conclave per le attività nelle quali si è distinto. Infatti, sta spendendo questo cardinale su più versanti: il governo di una diocesi, di un organismo amministrativo di rilievo come la CEI, il ruolo di consultore di diverse congregazioni. Ora la sta spendendo anche in una missione diplomatica atipica, ufficiale ma non fatta dai diplomatici. Lo sta indicando come format di prete, di vescovo e di cardinale utile su tanti versanti alla Chiesa universale. Una persona che potrebbe fare il papa.
In passato cardinali che hanno fatto missioni di questo tipo non arrivarono al soglio pontificio. Sarebbe il primo caso.
Quali vantaggi e svantaggi trae la Chiesa da queste missioni in termini di immagine pubblica?
Quando la presenza della Chiesa tra le diverse nazioni, in forma strutturata tra gli organismi internazionali o in queste forme sporadiche così come papa Francesco sta facendo con il cardinale Zuppi, ha un senso quando promuove tra le parti la concordia, la pace, il progresso, la sensibilità verso la libertà religiosa. Quando la Chiesa opera in questo senso, lo fa per rispondere al mandato evangelico. Ci si attende dalla Chiesa che lo faccia e lo fa.