Don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e presidente della Fondazione che porta il suo nome, ha trascorso una vita da prete di strada, impegnato ad educare e dare sostegno ai giovani in difficoltà, specie nei contesti e nelle situazioni più scomodi e di disagio. Dalle carceri alle comunità. In prima linea nell’affrontare problematiche enormi, che sia la diffusione del consumo di droga o l’integrazione degli immigrati. A Italia Direzione Nord per parlare di Milano e di una leadership che non lasci nessuno indietro, don Rigoldi ha fatto una disamina piuttosto cruda della situazione attuale, nel capoluogo lombardo e non solo. Sia per quanto riguarda l’educazione dei ragazzi nelle nostre famiglie, sia per quanto riguarda contesti più delicati come quelli di penitenziari e comunità: “I giovani si educano da soli sui social e questo non funziona. Ma famiglia e scuola sono in grossa difficoltà nello spiegare il senso della vita. E la chiesa è un po’ in ritardo, anche nelle sue parole. I centri di accoglienza per stranieri? Per come sono organizzati, sono una perdita di tempo“. L’intervista a True News.
Don Gino Rigoldi: “Educazione, comportamento assolutamente scomparso dall’orizzonte milanese”
“L’educazione è un comportamento assolutamente scomparso dall’orizzonte milanese – non ci gira attorno don Gino Rigoldi introducendo la sua riflessione – Ma l’educazione ha un nome e un cognome: capacità di relazionarsi con se stessi e gli altri, divenendo costruttori di comunità, di sogni e progetti collettivi. Ma i riferimenti educativi dei giovani oggi sono in grossa difficoltà: le famiglie, la scuola, la chiesa. Ed i ragazzi così diventano grandi un po’ da soli. Ma serve un addestramento alla relazione, a cominciare da quei luoghi in cui ci sono giovani disposti a mettersi in movimento e adulti disposti a mettersi in gioco divenendo esperti di relazione per addestrarli. Anche con la voglia di litigare, ma con il pregiudizio che insieme si fanno cose grandi, moltiplicando le energie”
Don Rigoldi: “I gruppi di relazione moltiplicano le energie”
Don Gino Rigoldi porta l’esempio delle esperienze che lo vedono protagonista: “La relazione si impara, non è più una qualità comune. Noi abbiamo addestrato a questo i nostri ragazzi, usando le stesse tecniche adottate dalle agenzie che addestrano i dirigenti delle grandi realtà industriali, che hanno capito quanto possano essere forti i gruppi di relazione nel moltiplicare le energie” Il ruolo degli insegnanti? “Ho visto intere classi di balordi cambiare completamente quando sono arrivati insegnanti con capacità di relazione, di ascoltare, di sentire, di esserci. L’altra grande esperienza che stiamo portando avanti consiste nel portare gruppi di ragazzi a fare attività di volontariato nelle carceri minorili rumene. Nascono gruppi di relazione che vanno a fare cose straordinarie, imparando nello scambio di valere qualcosa e di avere capacità per essere adulti. Questo fa un gran bene anche a loro”.
Don Rigoldi: “Nelle comunità i giovani hanno bisogni diversi: servono educatori diversi”
Venendo alle situazioni più esplosive, quelle dei carceri minorili, delle comunità, dei centri di accoglienza, don Gino Rigoldi annota: “Milano ha un carcere minorile, il Beccaria, che conta circa sessanta detenuti. Di questi, 58 sono minori stranieri non accompagnati. Le comunità saltano per aria, non riescono a tenere questi ragazzi”. “Non si tratta di giovani nati per dire a Pavia: vengono dall’altra parte del mondo, spesso sono analfabeti e hanno una cultura diversa da quella che bisognerebbe insegnare a degli adolescenti. Sono qui per guadagnare soldi ed inviarli a casa, ma anche per godere dei beni che offre la nostra società. A fronte di bisogni diversi, tocca agli educatori cambiare: certo i ragazzi devono imparare l’italiano, ma devono soprattutto sentire che c’è qualcuno che si occupa di loro, che non sono numeri”. Don Gino prosegue: “Bisogna insegnare loro ad essere bravi lavoratori ed avere rispetto dell’autorità. A divenire capaci di guadagnare e non ad invecchiare senza fare nulla”.
Don Rigoldi: “Centri di accoglienza, stiamo perdendo un sacco di tempo”
Dentro al Beccaria don Gino Rigoldi ha avviato laboratori di formazione per la lavorazione del cartongesso, per divenire imbianchini, per preparare la pizza: “Del teatro e della pittura non gliene frega niente, hanno bisogno di avere in mano qualcosa di solido. E servono competenze diverse da parte degli educatori. Ai nostri bravissimi laureati in Scienze dell’Educazione che escono dalle università mmanca un pezzo. Sono stati educati ad un altro tipo di giovani. Bisogna anche assumere figure che appartengano alle nazionalità dei ragazzi e parlino la loro lingua, partendo dalla loro cultura, dal loro progetto di futuro. Ma su questo siamo ancora all’anno zero“. Un anno zero in cui a Milano ci sono “4-500 ragazzi in strada figli di nessuno e 5-600 che sono aggregati in qualche grosso centro di prima accoglienza. Ma da lì non viene fuori alcuna educazione. Qualcuno si salva la vita. Qualcuno no. Ma così stiamo perdendo un sacco di tempo con questi ragazzi“.