Ferragnez, già è grave che tutti non possano fare a meno di parlarne. O scriverne. Complici di tale associazione a delinquere, abbiamo subito le prime quattro puntate della seconda stagione del capolavoro presso se stesso che ci apre le porte di Chiara e Federico. Due genitori come tanti, due milionari come pochi. Non vogliamo farne, però, un discorso di invidia sociale. Sarebbe ben stupido, considerato quanti motivi la Royal Couple all’italiana regala per farsi detestare. Tra gli aspetti più surreali c’è proprio il loro legame. Lei non sembra nemmeno più una persona, ma un totem di trend. Lui cerca di sopravvivere rifugiandosi sotto ai cuscini del divano appena ne ha l’occasione. Però, s’amano. Dice la serie. E saranno fatti loro. Incuriosisce, su tutto, il ritratto femminile che ne emerge. Superato il già stanco Femminismo social, i tempi sono maturi per il Ferragnismo. E no, non crediamo di meritarcelo. Ma tant’è. Andiamo a dragare anche questo abisso.
Ferragnez: la dittatura del Ferragnismo (poro Fedez!)
Ferragnez, niente di nuovo oltre a Instagram. Le prime quattro puntate della serie Prime Video sono la stanca riproposizione di, per dirla à-la Riccardo Foglio, storie di tutti i giorni postate dai regal profili dei protagonisti. Protagonisti, val bene sempre ribadirlo, che ci siamo scelti. Cosa possiamo dire di Chiara Ferragni dopo esserci sottoposti a tale Cura Ludovico 2.0? Che è meccanica, sicuro. La bambola assassina Megan, quella del fortunato film horror uscito al cinema qualche mese fa, la ricorda molto da vicino: sempre perfetta, veste la prole in pendant (del suo brand, naturalmente). L’insalata bionda tiene a precisare, appena può – e per quanto la riguarda può sempre – il proprio impegno a sostegno delle donne, la beneficenza, i messaggi di empowerment. Mentre vediamo suo marito, in farsesca teoria il 50 % dei Ferragnez, spiaggiato sul divano nello stanco tentativo di evitarla come la scabbia. Se fossimo nei primi Duemila, Chiara Ferragni risponderebbe perfettamente alla descrizione della moglie scassamaroni dipinta in un delicatissimo monologo di Zelig. Chiara vuole, può e comanda. Impone al coniuge, perfino, quali parole utilizzare per esprimersi. Se lo sciagurato canna termine, l’occhio le si fa lucido e il terapista di coppia le dà ragione, allungandole un fazzoletto. Chiara non è il sesso forte, è il sesso passivo-aggressivo e tiene le redini del gioco. Gioco che è, in fin dei conti una dittatura. Quella del Ferragnismo.
Chi vuol essere Chiara Ferragni?
Essere Chiara Ferragni speriamo non sia, sul serio, l’ambizione di molte. Però, nei fatti, lo è. O comunque vorrebbe esserlo. In un mondo ideale, i milioni di follower che può vantare su Instagram li immaginiamo tutti lì a sbertucciarla. Eppure, non è così. Mentre si riempie la bocca di messaggi femministi, perché questo va di trend oggidì e i suoi pr lo sanno bene, è sempre perfetta: traslucida, acconciata da grande soirée perfino quando si cimenta col bungee jumping a New York, sono i suoi occhi a riflettere il minimo di emotività umana residuo di cui, non si sa come, ancor dispone. Quando li sgrana, anche impercettibilmente, qualcosa non va. Ossia, qualcuno ha da passare un guaio. Non si scalda, né scompone, Chiara domina con la sola imposizione dello sguardo. Venuta su ricchissima in una villa del cremonese, tutto ruota intorno a lei. E, soprattutto, in funzione di lei. Il marito è una funzione e i figli pure. A tutti, tocca funzionare. Ossia non mostrare alcuna volontà propria, fare parte di un sistema nella sostanza carcerario ma all’apparenza tutto d’oro, come i capelli della Gorgone. Nel Ferragni Cinematic Universe, ogni cosa è color pastello e vede lei come eroica protagonista: in qualche modo, riesce a fagocitare pure la malattia del marito, accentrando l’attenzione su di sé. Come, del resto, è scritto che debba essere. Nelle stelle, nel destino, nella sua testa totalmente scollegata dalla realtà fattuale. Realtà fattuale di cui non si preoccupa – o nemmeno si accorge – tanto c’è il reality. Chiara Ferragni ha fatto del proprio ombelico il suo regno. E vuole essere d’ispirazione. Lo è già per tante. Ai pochissimi maschi etero superstiti, va la nostra solidarietà.