Harry a pezzi. Il roscio principino d’Inghilterra è protagonista degli incubi dell’intero globo terracqueo, considerato che di questi tempi, ogni essere umano teme gli possa uscire dal tostapane. Come un influencer piangina qualunque, il fratello di William si lagna, si lagna e poi ancora si lagna, spalleggiato dalla consorte Meghan Markle. La stucchevole docu-serie Netflix sul loro grande amore, più un’agiografia che un ritratto credibile, non è stata sufficiente.
Harry: da testa coronata a re degli influencer piangina
Oggi il secondo figlio della Principessa Triste Diana Spencer è in libreria, faccia torva in copertina, con un’autobiografia di ben 540 pagine. Il mondo tutto ne parla, la gente sbadiglia. Anche perché quali sarebbero, poi, queste grandissime rivelazioni choc da parte della testa coronata con le guance tutte tempestate di efelidi resta grande mistero. Un’unica certezza: Harry è il primo individuo del pianeta riuscito nell’impresa di risultare più simpatico quando andava a giro vestito da nazista.
Harry, C’era una volta un principe
Partiamo pure con un’informazione di servizio: “C’era una volta un principe”, autobiografia di Emanuele Filiberto, costa 9 euro in meno rispetto al volumastro del roscio più ribelle d’Inghilterra. Da farci un pensiero. Oppure no. Tra i casi più clamorosi di best-seller divenuto tale per le copie acquistate dagli stagisti di redazione, più che dal libero arbitrio dei lettori, “Spare – Il Minore” è una mattonata sulle gonadi che forse nemmeno Camilla Parker Bowles, tuttora la più odiata del Regno Unito, avrebbe meritato di ricevere sotto l’albero. Da dove proviene tale incommensurabile pesantezza? Semplice, dalla reticenza assoluta del sedicente chiacchierone di corte. Il principino, per battage pubblicitario animato da una incontrollabile bramosia di dire, in realtà tien tutto (o quasi) per sè, centellinando le informazioni (monetizzabili) per distribuirle poi su più progetti. E così, il matrimonio, a quanto pare contrastato dalla Corona, tra lui e Meghan è stato spalmato in nove noiosissime ore di docu-serie Netflix al termine delle quali, nulla si apprende rispetto a quanto fosse già arcinoto: il razzismo dei tabloid britannici contro di lei, in primis. Il che sarebbe anche una notizia, forse, se solo le stesse testate scandalistiche non avessero fatto le medesime crociate contro ogni “forestiero” avvicinatosi alla Royal Family, da quella “grassona” di Sarah Ferguson in poi. Se tutti sono sopravvissuti, magari lagnandosi nelle loro opulente e regali stanze, perché Harry avrebbe preteso un atteggiamento di maggior tutela da parte della Regina nei confronti della mora consorte? Intervenire, quello sì che sarebbe stato trattarla in modo diverso dagli altri. Lungamente argomentato, poi, anche il sospetto con cui gli occhi della Family solevano scrutarla perché “attrice americana” anziché nobile british purosangue. Davvero, sarebbe bastata una storia Instagram. Quindici secondi e via.
Il figlio di “riserva” che andava a funghi
Certo, è difficile non provare ammirazione per chi tenta di alterare un qualunque status quo. I ribelli piacciono quasi sempre, a meno che non siano terrapiattisti o No-Vax all’ultimo stadio, ma piacciono perché hanno il coraggio di parlare. Contro tutto e tutti. Sarà per l’aplomb inglese, ma Harry pare col freno a mano tirato. Di più, un ragazzino che fa la voce grossa per non aver ottenuto abbastanza caramelle da nonna. Buona sola la frase in prefazione che l’oggi Re Carlo III avrebbe pronunciato alla ex moglie Diana reduce dal secondo parto: “Eccellente! Mi hai dato un erede e adesso anche quello di riserva, ora non ho più niente da fare qui”. Da lì, il nulla. O quasi. Il Duca di Sussex racconta pagina dopo pagina il dolore per la morte della madre. Toccante, ma potevamo immaginarlo senza spendere 25 euro. Bastava andare a C’è Posta per Te. Poi l’adolescenza difficile: a 17 anni, scrive, si sarebbe chiuso per un anno in un cottage di famiglia. A fare che? A provare ogni tipologia di funghetti allucinogeni nel tentativo di sopprimere le sofferenze del suo giovane Werther interiore. Tutto quello che vorremmo sapere è come avvenissero, nella pratica, spaccio e rifornimento: glieli portava nonna all’ora del tè? Chissà…
God save the Royal Noia
Se nella docu-serie Netflix Harry riesce a ripetere per nove ore di fila un unico concetto base, ossia, “Quanto amo mia moglie!”, lei fa la gnorri per tutto il tempo: “Sono americana, come potevo sapere che ci fosse una rigida etichetta da rispettare alla corte della regina? Non avrei mai immaginato che i paparazzi avrebbero cominciato a seguirmi!”. Oppure sì. A meno che Miss Markle non voglia farci credere di aver vissuto fino all’incontro col roscio in un bunker anti-atomico sotterraneo. Ipotesi non percorribile, considerato che ben prima del colpo di fulmine per la testa coronata, costei recitava già da anni nella serie Suits, enorme successo mondiale. Difficile pensare che non avesse mai visto un fotografo in vita. Ma Harry ci crede, fermamente. Tanto da aver abbandonato castello e famiglia per volare con lei in Australia allo scopo di svolgere la professione di “Survivor”, possibilmente, in perpetuo. Ha dei sospetti riguardo alla dinamica della morte della madre sotto al tunnel dell’Alma? Sì, “ma non vale la pena di riaprire le indagini”. Ah, no? Inoltre, petulantissimo il resoconto delle liti con William, il fratello maggiore: Harry riporta la cronaca di azzuffate domestiche come se non fossero più che all’ordine del giorno tra consanguinei che crescono insieme. Infine, l’ennesima rivelazione choc: entrambi i figli di Diana non volevano che papà sposasse Camilla, per una questione di rispetto nei confronti della defunta madre. Ma dai? 540 sfumature di tedio. Alla fine, non possiamo che domandarci, sorrentinianamente: “Harry, la tieni una cosa da dicere?”. Disunito, purtroppo o per fortuna, si è già disunito. E adesso tocca al mondo intero subirlo. God save the Royal Noia. O anche no, non ci offendiamo.