Perchè leggere questo articolo? Il sindacato Nursing up ha individuato i tre pronto soccorso che presentano ad oggi le maggiori criticità: “Sovraffollamento, turni massacranti, aggressioni”
Il sindacato nazionale degli infermieri Nursing Up ha stilato una classifica dei tre peggiori pronto soccorso italiani. Una graduatoria basata, secondo quanto riferisce il sindacato, “secondo la nostra accurata indagine”. Ovvero “dopo un accurato lavoro di indagini durato alcune settimane, lavorando di concerto con i nostri referenti regionali”. Quali dunque le realtà più critiche?
A Castellamare “disagi e inefficenze, una bomba ad orologeria”
Al primo posto, il pronto soccorso dell’ospedale San Leonardo di Castellammare, in Campania. Questa la descrizione fatta da Nursing up: “Condizione già critica prima del Covid, a causa della chiusura di pronti soccorsi limitrofi mai riaperti, quali Scafati, Boscotrecase e Torre Annunziata. Questo ha creato, per il pronto intervento dell’ospedale di Castellammare di Stabia, secondo le nostre indagini ora ai primi posti per disagi e inefficienze, una situazione pari a quella di una bomba a orologeria, con un bacino di utenza che, da quello della popolazione dell’area costiera, si è allargato da alcuni anni anche al territorio vesuviano e alla confinante provincia di Salerno. Un pronto soccorso, quello del San Leonardo, in perenne sofferenza, con un numero di pazienti abnorme, ma dove, la maggior parte dei casi, non gravi, sarebbero tranquillamente gestibili al di fuori dell’ospedale, se non fosse per una sanità di prossimità sostanzialmente assente”.
La nota prosegue: “Organici ridotti ai minimi termini, con al primo posto una voragine di infermieri che in estate si acuisce a dismisura. L’assenza, degli Oss, poi, diventa un ulteriore macigno sulle spalle dei professionisti dell’assistenza. I nostri referenti ci raccontano di un personale demotivato e stanco. E poi ci sono le aggressioni, quelle che non mancano mai, in particolare negli orari notturni, con gli infermieri che non andrebbero certo lasciati soli e che invece finiscono troppo spesso alla mercé di soggetti poco raccomandabili, con cui basta una scintilla per accendere la miccia della rabbia e della violenza. La presenza di un presidio fisso di pubblica sicurezza? Ci raccontano incredibilmente che c’è, esiste, ma è pericolosamente vuoto, perché il personale di polizia, ci dicono, è chiamato, suo malgrado, a dover coprire anche altre esigenze del territorio”
Rossano, “organici ridotti all’osso”
La seconda struttura menzionata da Nursing up è il pronto soccorso di Rossano, in Calabria: “Anche qui organici ridotti all’osso. Ci viene detto che senza i sacrifici degli infermieri del pronto soccorso, chiamati a garantire ore ed ore di lavoro straordinario, non sarebbe possibile coprire l’assenza dei colleghi. E’ stato, da tempo, chiuso un accordo, nell’ambito della contrattazione regionale, per portare una già risibile indennità mensile, oggi del valore di 40 euro, sino a 72 euro lordi. Fin ora, però incredibilmente, tale cifra non è mai stata erogata. Decine e decine, da mesi, sono le inevitabili richieste di trasferimento in altri reparti. E’ in atto una vera e propria fuga da parte dei professionisti dal pronto soccorso”.
“A Messina struttura vetusta e cantieri mai chiusi”
Il terzo pronto soccorso è in Sicilia. Si tratta del presidio presso il Policlinico di Messina. “Il Policlinico di Messina è uno dei più grandi ospedali del Meridione, e serve un bacino d’utenza molto vasto tra Sicilia e Calabria. Ma siamo di fronte ad una struttura vetusta. Che da tempo attende un indispensabile restyling. Il Pronto Soccorso si trova, ad oggi, infatti nel Padiglione C, e da ben 4 anni si attende il trasferimento nel padiglione E. Insomma, un cantiere eternamente aperto, con lavori mai conclusi: la perfetta dimostrazione dei disagi che regnano sovrani. Almeno 60 infermieri del policlinico di Messina, ci viene riferito, non sarebbero attualmente in servizio per vari motivi. Siamo di fronte ad una gravissima e cronica carenza infermieristica e di operatori sociosanitari che sta minando nel profondo, secondo i nostri referenti, la regolare attività assistenziale. Ai primi posti, nell’ordine della gravità di una crisi che si acuisce di giorno in giorno, c’è naturalmente il pronto soccorso”.
I pronto soccorso italiani, “anello debole del sistema sanitario”
Allargando il quadro al contesto nazionale, il sindacato lamenta che “i pronto soccorsi italiani continuano a essere sovraffollati e in perenne sofferenza e si confermano il grande anello debole del nostro Servizio sanitario nazionale. Nel caso degli infermieri dei pronto soccorsi, poi, siamo di fronte a situazioni intollerabili: turni anche di 16-17 ore per coprire l’assenza dei colleghi e compensare quella degli Oss, con una drammatica esplosione di casi di demansionamento. Ed ecco che, giorno dopo giorno, aumentano le richieste di trasferimento, proprio per quelle condizioni di lavoro inaccettabili, fomentate da aggressioni e violenze, che in Italia, in particolar modo in estate, sfiorano i 4-5 casi a settimana”.
In estate i pronto soccorso vanno ancora più in crisi
Con una altissima percentuale di casi nei pronto soccorsi sono da codice verde o addirittura bianco. Potrebbero quindi essere gestiti da strutture esterne agli ospedali, ma la sanità territoriale da nord a sud è totalmente inefficiente. “In estate l’aumento del 20/30% di afflusso di pazienti nei pronto soccorsi, in particolare nelle zone turistiche, è una percentuale più che normale. Sono però i nostri ospedali ad essere impreparati ad affrontare tale surplus di accessi, con la media dei tempi di attesa per i cittadini che si innalza pericolosamente, tra le 4 e le 5 ore per soggetto. Fino ad un picco di 8 ore e mezza fatto registrare nei casi peggiori già quest’anno”.