Home Economy Influencer marketing: ci ho lavorato e sarei stata più a mio agio nel traffico d’organi

Influencer marketing: ci ho lavorato e sarei stata più a mio agio nel traffico d’organi

Influencer marketing: ci ho lavorato e sarei stata più a mio agio nel traffico d'organi

Influencer marketing, la nuova bestia nera. Grazie all’inchiesta di Selvaggia Lucarelli che, col suo ‘Vaso di Pandoro’, ha smascherato i nudissimi reggenti di Instagram noti alle cronache come Ferragnez, oggi sui social il vento è cambiato. È caccia alle #adv ai #suppliedby, ossia a tutti i regali, nel primo caso dietro pagamento, che da sempre i vari brand infiocchettano a influencer e morti di K. Saranno almeno dieci anni che questi campano, svernano, arredano casa e arraffano outfit a scrocco. Ma, meglio tardi che mai, la pancia del Paese ora sembra essersene accorta. Sembra, come d’incanto, aver realizzato lo squilibrio, la sproporzione che c’è tra loro, poveri cristi, e i suddetti seguitissimi di ‘sta ceppa. Negli ultimi giorni, grande bagarre su tal Paolo Stella, professione ignota, che l’Hotel Principe di Savoia, Milano, ha invitato, aggratis, in suite perché gli si era rotto il condizionatore. Povera stella, appunto. E poveri brand, anche. Non fanno più in tempo a postare uno scatto in #adv che subito si ritrovano costretti a chiudere i commenti. Per i troppi insulti che ricevono dai follower. Con l’arrivo dell’estate, tutte le starlette del web migrano, come ogni anno, su isole greche o altri paradisi vista mare, oceano, forse galassie. #InvitedBy. Insomma, non spendono un euro bucato e villeggiano da riccastri. Ora, una confessione: ho lavorato nell’influencer marketing. E tutto quello che posso dire è che mi sarei sentita più a mio agio nel traffico d’organi.

Il Cliente non sa un cazzo, ma ama spendere a vanvera

Influencer Marketing, sicuro ci sono lavori peggiori. Gran parte dei quali, con ogni probabilità, li ho pur fatti. A progetto, da ghost, come consulente, ovunque e comunque fosse possibile essere pagata, forse un giorno, a croccantini possi, io mi sono infilata. L’affitto, sapete. E così dovevo stare addosso ai profili di questi tizi. Perché sai mai gli servisse qualche cosa: una piastra per capelli, delle mentine, la facoltà di trovarsi le terga con le mani, bisognava primeggiare. A recapitargliela.

Insomma, ho visto cose. In primis, ho visto Il Cliente. Il Cliente, qui parliamo di prima del Covid ma dubito oggi sia messo meglio, è un’entità astratta, ma ‘demanding’. Tipo la ‘Rete’ di Boris. Il Cliente non sa un cazzo. Però, Il Cliente vuole. Vuole, per esempio, che in questa ‘activity’ siano coinvolti influencer “da 500K in su”. E vuole la lista dei suddetti ieri. Tu lo sai, lo sai benissimo che molti di questi disgraziati che riceveranno regali, viaggi e/o cotillon hanno la maggior parte dei seguaci geolocalizzati tra Tibet e Tanzania.

Ma Il Cliente vuole la lista ieri. Così poi potrà rimirare un meraviglioso report con insight e views totalmente farlocche. Fiero d’aver speso un fracco di soldi per una cippa di niente. Felice come solo gli imbecilli, specie quelli ricchi, sanno esserlo. Mi chiedevo: ma se tutti sappiamo che questi qua, alla fine, li segue il cane… perché devono avere tutta ‘sta roba gratis? Venivo occhieggiata come un’eretica, una che non comprende il business. Po’ esse.

Quanto valgono 15 secondi del tuo tempo?

Il punto di rottura, almeno per me, è arrivato con una telefonata. Una telefonata da parte del Cliente che mi ordinava di chiamare tizio-da-500K. “Chiedigli, scusandoti molto perché stavolta il budget è basso purtroppo, di fare una storia Instagram col prodotto in mano. Gli possiamo dare solo 5mila euro”. Le storie Instagram, all’epoca, duravano 15 secondi. Quindi il Cliente mi stava dicendo che 15 secondi del tempo di questo tizio valevano, al ribasso, 5mila euro. Quello che, considerata la partita iva, prendevo forse io in… 6 mesi? Io, come tutti i follower di questo tizio, ad andar bene. Ed è proprio qui che ho partorito il pensiero: cazzo, mi sentirei più a mio agio nel traffico d’organi.

Gli influencer non devono vederti mangiare, loro sono importanti

Il karma poi fa il suo corso. Tizio-da-500K è diventato poi noto ai più per essersi tirato un surgelato in faccia fingendo un’aggressione omofoba. Un peccatuccio perdonato così, come fosse niente. Ancora esercita floridamente la propria attività, qualunque essa sia. Oltre alle cifre assurde che girano in questa megagalattica bolla atta a pagare il nulla, ci sono gli eventi. Me ne ricordo in particolare uno. Tumulata dalle 8 del mattino nella ‘iconic location’ di specie, ne sarei uscita verso le 3 di notte. Intanto, mentre tutte le stelline di Instagram magnavano e bevevano a sbafo dal buffet, agli addetti ai lavori non era consentito cibarsi. Chiaro non t’aspetti che un cameriere dia un morso alla tua pizza prima di mettertela sul tavolo. Ma tu, sciagurata pr, perché non puoi nutrirti col cibo degli dei (pizzette e stuzzichini, eh, avessi detto!)? Perché sei un povero stronzo senza K, una nullità. Mica sarai lì a lavorare, poi. Loro sono quelli che fatturano. Manco gli avanzi trasmigrati nel backstage puoi toccare perché “Dobbiamo prima capire cosa voglia farsene Il Cliente”. Ma andasse in culo Il Cliente, no? No. “Devi capire che ci sono persone più importanti”, mi spiegano. Vendere reni, dovevo assolutamente andare a vendere rendi al mercato nero.