Ogni volta che arriva un’innovazione, spunta il garante della privacy. E boccia. L’ultimo parere negativo è quello recente su Chat GPT, il software di intelligenza artificiale che fa un po’ di tutto. Gestisce conversazioni con l’utente su qualsiasi argomento, scrive tesi di laurea, svolge i compiti degli studenti, redige articoli giornalistici (ci abbiamo provato anche noi).
Il Garantec boccia ChatGPT
“ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane, lo scorso 20 marzo aveva subito una perdita di dati (data breach) riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento”, fa sapere il Garante che nel provvedimento rileva “la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di ‘addestrare’ gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma”. La protezione dei dati personali è sicuramente un argomento delicato e importante. Soprattutto perché la profilazione rappresenta la fonte di introiti dei big del web.
2018, il Garante contro la fatturazione elettronica
Sempre per la stessa motivazione, nel 2018, il Garante aveva bocciato l’obbligo di fatturazione elettronica. Un provvedimento che segnò l’esordio del nuovo potere correttivo di avvertimento, attribuito all’autorità dal Regolamento europeo. Secondo cui si può anche esprimere in seguito a reclami dei cittadini. Da quel momento il Garante ha vestito i panni del professore cattivo. Bocciature sempre e comunque.
Il parere contrario alla banca dati sanitari
Nel 2022 entra a gamba tesa anche in ambito sanitario: dà parere negativo al Ministero della salute e al Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale sullo schema di decreto che prevede la realizzazione della nuova banca dati denominata Ecosistema Dati Sanitari (EDS), prevista dalla riforma del Fascicolo sanitario elettronico. Il Garante chiese anche di correggere un secondo schema di decreto, per favorire e migliorare l’implementazione a livello nazionale del Fascicolo sanitario elettronico (FSE). Che poi è stato effettivamente introdotto.
Il Garante della Privacy contro la piattaforma online per i referendum
Dalla sanità alla partecipazione politica. E’ il 12 aprile 2022 e il Garante, l’entità che sorveglia sulla privacy, nota alcune storture nello sullo schema di dpcm che fissava le regole della piattaforma per la raccolta delle firme per referendum e progetti di legge.
L’Autorità riteneva che ci fossero troppi profili critici emersi dall’esame di un provvedimento che incide su istituti di democrazia diretta costituzionalmente garantiti, quali appunto i referendum. Il testo sottoposto all’Autorità risultava “privo di adeguate tutele per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini”. Una possibilità, quella di raccogliere firme online per i referendum, che aveva avuto successo per il quesito sulla liberalizzazione della cannabis, poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Ma a favore della piattaforma continuano a battersi, anche tra gli scranni parlamentari, l’Associazione Luca Coscioni con capofila Marco Cappato.
Nel 2006 si arrende anche Maurizio Costanzo
Persino il compianto Maurizio Costanzo si è dovuto arrendere nel duello con il Garante. Torniamo indietro al 2006 quando il conduttore aveva proposto a Italia 1 un reality da realizzare nel carcere di Viterbo. Una sorta di Grande Fratello tra le sbarre, un “grande compagno di cella”. L’idea di Costanzo trovò subito la bocciatura del Garante: “una cosa è l’informazione sulla realtà carceraria, tutt’altra cosa la spettacolarizzazione di situazioni di disagio”, queste le motivazioni del no al reality carcerario.
Il Garante sconfitto dai sindacati
Qualcuno, però, è riuscito a bocciare il Garante. E sono stati i sindacati qualche mese fa. Tema dello scontro, arrivato al Consiglio di Stato, il tempo di latenza tra uno sciopero e l’altro. Accogliendo il ricorso promosso dalla Filt Cgil, il Consiglio di stato, con la sentenza 02116, ha annullato la delibera che prevede come nel Trasporto pubblico locale (Tpl) debbano passare almeno 20 giorni fra uno sciopero e l’altro. Vittoria dei sindacati. Che, infatti, nel trasporto pubblico, scioperano un venerdì sì e uno no. E il Garante osserva deluso.