Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Si è diffusa a gran velocità la notizia di un uomo trans che, durante il percorso di transizione medicalizzato, ha scoperto di essere in gravidanza da 5 mesi. Come ne stanno parlando i media? Ne abbiamo parlato con Roberta Parigiani, portavoce del MIT, e con l’attivista trans Majid Capovani.
Marco è il nome di fantasia dato l’uomo trans che, durante il percorso di transizione medicalizzato, ha scoperto di essere al quinto mese di gravidanza. Dopo la rettifica ufficiale dei documenti – ora al maschile – la terapia ormonale e la mastectomia, ha intrapreso le visite preparatorie per l’isterectomia (la rimozione dell’utero). Proprio durante questi controlli ha scoperto la gravidanza. I media italiani hanno dato ampio risalto alla notizia, con un’attenzione molto forte data dalla novità che questo caso presenta per il Paese. All’estero non necessariamente avrebbe destato lo stesso scalpore. Come ne stanno parlando i media? Rispondono Roberta Parigiani, portavoce del MIT, e l’attivista trans Majid Capovani.
Interrogativi etici sul caso di un trans in gravidanza
Roberta Parigiani, portavoce del MIT (Movimento Identità Trans), spiega: “I media si stanno concentrando su un aspetto non centrale. Si pongono interrogativi di carattere morale o etico sul fatto che un uomo con utero sia in gravidanza e sulla volontà o meno di portarla avanti. Ciò che emerge è – per la prima volta in Italia – l’incapacità della sanità e dell’ordinamento di prendere atto che esistono corpi plurali, che esistono uomini con utero che possono avere una gravidanza. I media su questo non hanno fatto una riflessione approfondita.
Si sono generati schieramenti contrapposti per parlare delle identità trans anche in modo stereotipato. È una tendenza in atto da qualche anno. Non c’è la volontà di destrutturare un sistema che non ci prevede. Anche nelle narrazioni positive si continua a prevedere una norma cisgender e si racconta l’identità trans come devianza dalla norma. Non emerge mai che il percorso di affermazione di genere sia di euforia di genere, di autoaffermazione e che poi si scontra con l’oppressione della società“.
Stereotipi e invisibilità
L’attivista trans Majid Capovani aggiunge: “Ho visto una narrazione uniforme all’interno dei media ma in senso negativo. Nel loro essere uniformi, i giornali hanno dimostrato di non saper trattare a livello sia umano che di linguaggio le notizie che riguardano le persone trans. Questo si vede dal fatto che i pronomi usati fossero sbagliati quasi ovunque. Uno dei giornali che ha realizzato una narrazione migliore è La Repubblica perché ha usato per lo meno i pronomi corretti. Si parla quindi del giovane uomo trans al maschile, però spesso i media lo ritraggono come ‘futura mamma‘. Perché non si può usare semplicemente ‘genitore’?
Questo caso secondo me è emblematico di come vengono percepite le persone di trans. Dai giornali più mainstream si notano la stigmatizzazione e se non proprio patologizzazione perlomeno la medicalizzazione delle persone trans. C’è un’insistenza sulla disforia di genere che lascia trasparire che, sotto sotto, le persone trans sono dipinte come malate mentali, quindi fondamentalmente persone con una patologia nonostante l’identità trans sia stata depatologizzata nel 2018.
Trans in gravidanza e identità di genere
Sono narrate come persone indecise. Questa vicenda ha portato a galla l’incapacità sia di giornalisti che delle persone in generale di distinguere tra orientamento sessuale e identità di genere. Per molte persone sono ancora la stessa cosa quando invece non è così e sono l’una indipendente dall’altra. Cioè una persona trans, nell’immaginario comune, dev’essere per forza etero, dev’essere attratta dal genere opposto rispetto a quello in cui si identifica. Una persona trans che è omosessuale, bisessuale, pansessuale o che comunque ha rapporti con una persona del suo stesso genere non è prevista.
Uno dei commenti più frequenti in merito a questa notizia, infatti, è ‘Ma se va a letto con gli uomini e se gli piacciono gli uomini, perché ha cambiato sesso?‘. Questi due aspetti non sono collegati. Questa vicenda ha portato a galla tutti gli stereotipi sulle persone trans: soggettività patologiche, indecise, scherzi della natura, persone contro natura, inadatte a generare e crescere un figlio o una figlia. Ha portato a galla tutte le lacune che ci sono su questo tema e il risultato di anni e anni di disinformazione e panico infondato sulle ‘teorie gender’.
La narrazione dei media italiani
Dalla narrazione fatta dai media emerge l’invisibilizzazione delle persone trans da un punto di vista burocratico, legislativo e nell’immaginario collettivo perché le vite delle persone trans e i loro percorsi vengono sempre ricondotti unicamente a livello medico alla sfera endocrinologica e chirurgica. Come se una persona trans non potesse ammalarsi, aver bisogno di fare un altro tipo di visite, di controlli, voler diventare un genitore. Tanti ragazzi trans non possono e non riescono a prenotare visite ginecologiche anche nel settore pubblico e non tutti possono rivolgersi al settore privato, perché la popolazione trans dal punto di vista lavorativo è tra le categorie più discriminate. Sempre dal punto di vista della salute sessuale, dopo la rettifica dei documenti a al maschile non si ricevono più gli avvisi di screening per il Pap test. Questo significa pochi controlli a livello dell’apparato riproduttore e quindi maggior rischio di contrarre patologie come il tumore al collo dell’utero”.