Perchè questo articolo potrebbe interessarti? La morte della regina Elisabetta ha acceso un dibattito non solo sul ruolo della monarchia. Nel mondo si è iniziato a discutere anche dello status della nobiltà nel XXI secolo. Ma come se la passano i nobili nell’Italia di oggi?
C’è una parte d’Italia particolarmente in ambasce dopo la morte di Elisabetta II d’Inghilterra. Non sono le persone che piangono la novantaseienne regina d’Oltremanica. Anche se a casa loro, qui in Italia, non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. E descrivono le residenze dei Windsor meglio di come farebbero con il loro cucina e tinello per cui hanno difficoltà a pagare l’affitto.
La nobiltà italiana non si rassegna
Quella parte d’Italia di cui parliamo è quella di una nobiltà che ha visto aboliti i propri titoli dalle disposizioni transitorie e finali della Costituzione. Ma che impunemente, perfino nelle tv nazionali, viene ancora appellata con “contessa”, “marchese”, “principe”. Quella nelle cui residenze in questi giorni i telefoni sono bollenti per sapere chi tra di loro parteciperà alle esequie della sovrana. Essere presenti vorrebbe dire che si era in una qualche relazione con la famiglia reale inglese e poterlo vantare.
Perché i “nobili” italiani non si rassegnano ai tempi che cambiano; al mondo che va avanti; e alla realtà di un’Italia repubblicana che non riconosce i titoli nobiliari. E che nella sua Carta fondante ha stabilito che “I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922, valgono come parte del nome”.
Quanti sono i nobili in Italia
Dal 2006 periodicamente viene pubblicata dall’Accademia Araldica Nobiliare La Rivista Nobiliare; che censisce le famiglie di quella che si considera l’aristocrazia italiana, aggiornando il Blasonario generale italiano. Incrociando i dati di questo con “Il libro d’oro della nobiltà italiana” curato da Fabrizio Antonielli d’Oulx, le famiglie nobili in Italia sarebbero 5.856. Ma non si parla di famiglie nucleari, bensì di famiglie dal cui ceppo originario si distendono molte diramazioni. Antonielli d’Oulx azzarda che i nuclei familiari sfiorino i 40mila. Quindi si possano contare quasi 150mila persone nobili in Italia, lo 0,2 per cento della popolazione.
Un 30 per cento vanta il titolo di conte, poco meno del 20 sono i marchesi, 10 per cento i baroni, 4 e 5 per cento rispettivamente duchi e principi. Poi figurano un 24 per cento di semplici nobili, il primo gradino del riconoscimento, e un 6 per cento di patrizi.
Nobiltà e diplomazia
Il mondo della nobiltà italiana non è nutrito, non cresce e non è neanche tanto rappresentato nelle istituzioni come avveniva quando ancora regnavano i Savoia, ha spiegato a Repubblica il professor Giovanni Montroni: “In Gran Bretagna le nobilitazioni continuano e danno consistenza alla camera dei lord che altrimenti sarebbe poco più di un museo”, ha dichiarato l’ex docente di storia contemporanea all’università Federico II di Napoli, autore di studi sulla nobiltà italiana. In Italia abbiamo un nobile in politica, nelle fila del Partito democratico: Paolo Gentiloni, commissario europeo, è discendente dai conti Gentiloni Silveri.
Molti nobili compaiono però ancora nei ranghi della diplomazia. Giulio Maria Terzi di Sant’Agata ha girato in diverse sedi diplomatiche prima di diventare ministro degli esteri nel governo di Mario Monti e oggi è candidato di Fratelli d’Italia alle elezioni. Emanuele Scammacca del Murgo e dell’Agnone è stato ambasciatore in Russia, mentre Felice Catalano di Melilli ha retto l’ambasciata italiana al Cairo e suo figlio Antonio prima a Lisbona, poi a Copenaghen. Raniero Vanni d’Archirafi è stato in Spagna, mentre suo figlio Uberto è andato prima in Portogallo e poi a curare le relazioni diplomatiche del ministro della cultura Dario Franceschini.
Grande e piccola nobiltà
Pier Felice degli Uberti ha spiegato l’aristocrazia italiana in una intervista rilasciata al portale Barinedita: “Si possono distinguere famiglie di “piccola nobiltà”, che magari vanno a lavorare esattamente come chiunque altro, di “media nobiltà”, che portano avanti piccole attività in proprio e di “alta nobiltà” che vivono ancora di rendite attribuibili ai beni ereditati. Queste ultime hanno mantenuto i tratti distintivi dei tempi della monarchia, continuando a chiamarsi con il titolo di appartenenza (seppur accorpato nel cognome) o a incontrarsi in occasione di eventi dedicati o nei circoli a loro riservati. Se vogliamo, ancora oggi discendere da una famiglia importante riserva qualche privilegio, come ottenere lavoro più facilmente a parità di curriculum“.
“Si tratta di club molto esclusivi”, prosegue degli Uberti, “dove gli aristocratici si incontrano a scopo ricreativo e nei quali è possibile accedere solo se discendenti di famiglie nobili o in qualche modo collegati a loro. Vi possono far parte sono gli uomini, in virtù del fatto che, quando furono fondati, le donne non conducevano la vita sociale di oggi, un tempo era riservata solo al sesso maschile. Lì i gentiluomini si riuniscono, leggono, discutono di questioni private o di interessi vari (mai di lavoro), creano contatti, organizzano balli”.
I circoli esclusivi della nobiltà
In altre parole, in Italia mentre c’è gente in fila alle mense della Caritas, il contatore delle morti sul lavoro non si ferma mai, ci sono personeche vivono come fossero a Downton Abbey, la residenza di una famiglia di conti inglesi di inizio Novecento di una fortunata serie tv. E solo per diritto di nascita.
Alla domanda del giornalista di Barinedita se ci siano eventi dedicati solo ai nobili in Italia, la risposta è la seguente: “Sì, sono numerosi. In Italia forse il principale è il “Il ballo dei 100 e non più 100”, che si tiene ogni anno nel Palazzo Treville a Casale Monferrato, in Piemonte, alla metà del periodo di Quaresima. Si chiama così perché nasce da una tradizione risorgimentale che prevedeva la partecipazione alla festa di un massimo di 199 persone, a quel tempo scelte fra non più di 100 della nobiltà e non più di 99 della borghesia. Quest’anno hanno preso parte aristocratici provenienti da tutto il mondo.
Giusto per citarne qualcuno: il principe marchese Maurizio Ferrante Gonzaga, la principessa Luciana Pallavicini Hassan d’Afghanistan, la principessa d’Ungheria Monika d’Asburgo e la principessa Maria Teresa di Borbone Parma“. Nell’elenco non avrebbe certo sfigurato la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mar, il personaggio inventato da Paolo Villaggio per la saga di Fantozzi.
I Frescobaldi e l’amicizia con Carlo III
Molti in questi giorni invidieranno i marchesi fiorentini Bona e Vittorio Frescobaldi, da sempre legati alla famiglia reale inglese e che probabilmente voleranno a Londra peer le esequie di Elisabetta. Alla cena per il matrimonio dei principi William e Kate, nel maggio 2011, erano tra i soli 350 invitati. Il legame tra Windsor e Frescobaldi è antico. Risale a quando gli avi dei marchesi prestarono somme ingenti di denaro ai sovrani inglesi Edoardo I e II fino ad Enrico VIII ottenendo in cambio posizioni di prestigio e di potere nel regno.
Lo spiega l’edizione di Firenze di Repubblica, che aggiunge, testualmente: “Eleganti e stilosi Bona e Vittorio non hanno mai nascosto degli inviti della Regina e della famiglia reale e tante volte hanno ospitato nei loro possedimenti o dato pranzi riservati per il Principe Carlo D’Inghilterra da sempre amante di Firenze e della Toscana come delle opere d’arte dei nostri musei”. Sembra incredibile che a dare fiato alle trombe della nobiltà italiana sia un giornale che si chiama “Repubblica”. Ma non dimentichiamo che a fondarlo è stato, insieme a Eugenio Scalfari, Carlo Caracciolo, principe di Castagneto e duca di Melito,