Presta svelena su Amadeus. Lo fa con un’intervista rilasciata a Il Giornale, a firma di Hoara Borselli. Un gran colpo giornalistico, visto che il salvatore del Festival di Sanremo, fresco fuggiasco da mamma Rai, aveva interrotto i rapporti lavorativi col manager Lucio. E nessuno era mai venuto a conoscenza delle motivazioni sottese all’abbandono. Non che l’Italia intera ci stesse perdendo il sonno, ma è sempre delizioso veder stracci volare. Specie quando s’involano tra due personaggi arcinoti e se, in particolare, uno dei due è sulla bocca di tutti. Senza mai nessuno a parlarne male. Ebbene, ora il coro angelico intorno ad Amedeo Sebastiani deve fare i conti con una nota stonata, anzi con uno stonatissimo pentagramma.
Il veleno di Presta contro Amadeus
Lucio Presta, chissà se per puro rancore o per amor di verità, racconta Amadeus come un buono a nulla, un fantoccio talmente inane da dover farsi suggerire i nomi delle co-conduttrici sanremesi dalla manager del proprio agente, ore pasti. Pure avido, leggiamo: avrebbe sbattuto i piedini per il cachet dello show estivo Rai Arena Suzuki, 90 mila euro in più o niente. Una cifra che cambierebbe la vita a chiunque di noi povere creature, ma che per uno come ‘Ama’ equivale ai resti di rame. L’intervista è gustosa assai, piena di retroscena che mettono in ridicolo il conduttore dell’ultimo, fastosissimo quinquennio festivaliero.
Per la mejo sinistra ogni cosa è fascismo
Ancora più divertente, però, è vedere come la mejo sinistra sia pur tuttavia riuscita a prendere le parole di Presta alla stregua di purga fascista contro il sinistroide (?) Amadeus. “È iniziata la macchina del fango delle Destre!”, si legge in ogni dove su X. Tutto questo mentre il peso politico di Amedeo Sebastiani è ancora da capire. Sarà stata troppo partigiana la mossa di portare i Ricchi e Poveri all’Ariston? Oppure eccessivamente proletaria quella di accettare 100milioni per migrare sul Canale Nove?
Amadeus: da quando sarebbe un martire dell’antifascismo?
Lucio Presta dipinge a Il Giornale un ritratto di Amadeus divertente assai, disegnandolo come il classico conduttore capriccioso e irriconoscente. Uno con pochi meriti effettivi e tantissime pretese: tipo quella, già smentita dal diretto interessato, di voler piazzare la moglie Giovanna Civitillo in tv a qualunque costo. La firma dell’intervista è di Hoara Borselli per una testata sicuramente lontana dalla sinistra. E allora questi strali velenosi che equivalgono, né più né meno, a una classica diatriba tra ex, finiscono per assumere un pregnante significato politico. La ‘macchina del fango’ della Destra si sarebbe attivata per asfaltare mediaticamente la candida immagine pubblica di Amadeus. Perché, per qualche motivo, tutti sembrano credere alla bella favoletta per cui il conduttore se ne sia fuggito dalla Rai per via delle pressioni politiche subite. Ovverosia l’imposizione di andare a pranzo con Pino Insegno e l’indicazione di includere Povia nella rosa dei cantanti in gara al Festivàl. Nientemeno?
E pure fosse stato davvero così, tanto basta a rendere qualcuno un ‘pericoloso’ milite dell’antifascismo di cui alla Destra nostalgica del Ventennio tocca occuparsi con ogni mezzo, sperando di riuscire a silenziarlo? A occhio e al di fuori di qualunque narrazione posticcia, il buon Amadeus ha semplicemente accettato i 100 milioni di contratto che Nove gli offriva. Con ogni probabilità pure stufo di fare ‘sempre le stesse cose’ chez mamma Rai. Ora che il suo ex agente venga dispiegato dalla ‘camerata’ Hoara Borselli per distruggerlo in quanto dissidente fa sorridere assai. Ci sarebbe proprio da spanciarsi se solo non fossero così tanti a crederci davvero, a indicare il braccio armato di Hoara Borselli, povera stella.
Perché questa esigenza di attribuire significati politici alle beghe dello showbiz?
“Quando due si lasciano, cambi le abitudini”. Lo cantava perfino Anna Tatangelo negli anni Duemila e dura lex, sed lex. Presta svelena contro Amadeus forse perché ha ragione, di certo perché è infuriato con l’amico, il sodale, il personaggio tv che ha contribuito a lanciare definitivamente nell’Olimpo dello showbiz e da cui ora si sente tradito. Avrà pur diritto, il poro Presta, a dir la sua? No. Perché Ama è meme, è il dio generoso di ‘Affari Tuoi’ che ogni sera regala dobloni (o pacchi) alla gente come noi, cambiando per sempre ben più di ‘Due Vite’. Chi ne parla male deve essere di Destra, peggio proprio un fascista fatto e finito, promotore della temibile ‘TeleMeloni’.
L’antifascismo, si sa, è la nuova endometriosi. Un trend come un altro da cavalcare per accalappiare cuoricioni social e, perché no, qualche puntarello di share in più in tv. Ecco quindi Serena Bortone che, agli sgoccioli di stagione del suo ‘CheSarà’, programma Rai 3 seguito giusto dai parenti stretti della conduttrice, cala l’asso della presunta censura al premio Strega Scurati, decurtato ‘senza motivo’ dalla trasmissione. Ed è subito, per lei, digital cover di Vanity Fair. Un’operazione di personal branding efficacissima che, a fronte di un talk che sarebbe stato chiuso comunque, la piazza ghiottissima sul mercato, magari appetibile proprio per il portafogli del mitologico Canale Nove, ultimo baluardo di libertà nazionale. Il tutto mentre Geppi Cucciari porta avanti da anni il suo ‘Splendida Cornice’, con ottimi ascolti e di sinistra ogni settimana, anche ma non solo a fine stagione. Amadeus martire dell’anti-fascismo, Bortone pasionaria partigiana e l’elenco potrebbe continuare. Perché sentiamo l’esigenza di rileggere cambi di casacca e operazioni di self-branding come atti di puro patriottismo contro il sistema? Perché la Sinistra, quella vera, non si oppone, non fa un fiato. Non esiste.