E alla fine, tra novembre e dicembre, anche Leonardo Apache La Russa sarà interrogato al termine delle indagini della Procura di Milano che lo vedono accusato, assieme all’amico dj Tommaso Gilardoni, di violenza sessuale nei confronti di una ex compagna di scuola. I fatti risalgono alla notte tra il 18 ed il 19 maggio, l’esistenza di una indagine è stata resa pubblica dal Corriere il 7 luglio. Sono dunque quasi quattro mesi che la vicenda è di dominio pubblico, commentata, scrutinata, dragata. Divenendo inevitabilmente anche fonte di scontro politico essendo come noto Leonardo il terzogenito del presidente del Senato Ignazio La Russa. Un tempo che, per una accusa così delicata ma allo stesso tempo sulla bocca di tutti, può apparire molto lungo senza la possibilità di spiegare le proprie ragioni.
L’avvocato Camera: “L’accusato non ha il dovere di collaborare ma ha il diritto di difendersi”
Eppure, è proprio l’ordinamento giuridico italiano a scandire queste tempistiche. E non senza fondamento. Anzi, proprio a tutela dell’accusato. Lo spiega a True News Guido Camera, avvocato penalista del foro di Milano e presidente dell’associazione ItaliaStatodiDiritto. “Non è assolutamente obbligatorio che un indagato sia interrogato in fase di indagini preliminari, ma neanche nel processo stesso. Le ragioni sono diverse: l’indagato ed imputato ha sempre il diritto al silenzio ed alla non auto-incriminazione. Non ha il dovere il collaborare, bensì il diritto costituzionale di difendersi”. L’avvocato chiarisce che, al contrario, chi denuncia deve necessariamente essere interrogato, con obbligo di dire la verità. Così in particolare hanno stabilito varie riforme in materia di codice rosso. “Ma è poi prassi molto consolidata – scandisce Camera – che nei procedimenti penali l’interrogatorio dell’indagato sia un mezzo che non viene quasi mai esperito in fase di indagini. Altro è se ritiene di presentarsi spontaneamente per rilasciare dichiarazioni. Ma in generale il suo diritto è quello di non rispondere”.
“Specie se si è innocenti, meglio parlare solo davanti al giudice”
L’avvocato aggiunge: “Per mia esperienza, se la Procura intende sentire un indagato nella fase delle indagini, è perchè ritiene che abbia delle spiegazioni difensive utili ad inquadrare i fatti”. L’inchiesta che vede indagato Leonardo Apache La Russa si sta muovendo con una certa prudenza e quindi solo ora che sta giungendo a conclusione si arriva al momento in cui il giovane sarà interrogato, con la possibilità di dare una propria spiegazione difensiva. Lui e Gilardoni dovranno verosimilmente anche fornire il loro consenso per comparare il loro profilo genetico con l’unica traccia di Dna, compatibile con un profilo maschile, individuata sui reperti sequestrati. E gli inquirenti solo nei prossimi giorni potrebbero chiedere tramite il gip l’autorizzazione a procedere al Senato per acquisire la sim del telefono di Leonardo Apache, intestata allo studio del padre Ignazio. In merito all’interrogatorio, “Leonardo Apache potrebbe anche pensare di non rispondere – commenta Camera – Specie se si è innocenti, è meglio non rispondere e presentarsi poi davanti al giudice in presenza di tutto il materiale probatorio”.
Il pm dominus delle indagini preliminari ed il (teorico) obbligo di segretezza delle indagini
E dunque, se appare che nella fase delle indagini preliminari ci sia una decisa sproporzione verso l’accusa… è perchè è proprio così. “Del resto il pm è definito il dominus delle indagini preliminari – spiega Camera -. E’ poi il processo il momento deputato dalla Costituzione per il riequilibrio dei rapporti. La Costituzione non prevede alcun obbligo di collaborazione con l’accusa, ma solo il diritto di difendersi”. L’articolo 329 del codice di procedura penale sancisce invece l’obbligatorietà della segretezza delle indagini. Proprio nella prospettiva di controbilanciare quella che è la maggiore forza dell’accusa rispetto alla difesa in questa fase. Ed è forse il fatto che questo articolo finisca così spesso clamorosamente disatteso a creare un disequilibrio ancora più profondo agli occhi dell’opinione pubblica. Con potenziali conseguenze verso il procedimento stesso. “Specie in processi come questo, che sono dolorosi sia per la vittima che per l’indagato”, conclude l’avvocato Camera.