Serena Bortone cancellata dalla Rai. Il suo talk ‘Che Sarà…’ pare proprio non essere stato riconfermato nella prossima stagione tv. A piangerlo, pochissimi spettatori effettivi. Il programma ha chiuso la prima edizione con una media del 3,88 % di share, ben al di sotto delle aspettative di Rai 3. Questo è un dato importante. Lo è perché, scorrendo X, pare che il format sia stato colonna portante dell’informazione nell’ultimo anno. Non proprio. La trasmissione ha ottenuto rilevanza (sempre social, non lato Auditel) dal 20 aprile scorso, ossia verso fine stagione, grazie al caso Scurati. Lo scrittore avrebbe dovuto, come da denuncia Instagram della stessa conduttrice, prodursi in un monologo sulla Liberazione in puntata. Monologo tolto dalla scaletta, “senza spiegazioni”.
E così ecco lo scandalo: si è parlato di censura, di Serena Bortone come ultimo baluardo di Resistenza a ‘TeleMeloni’. Da quel giorno, la nostra non ha perso occasione per lasciare intendere pressioni da parte dei vertici, ergendosi a simbolo di lotta al fascismo dominante. Proviamo a ragionare al di fuori di qualunque ‘tifoseria’. Basandoci soltanto su ciò che è e resta verificabile in modo concreto: abbiamo la parola di Bortone e quella della Rai (che sostiene non ci sia stata alcuna censura). E quindi, concretamente, possiamo solo ‘credere’ a chi tra le due parti ci ispira più fiducia. Non c’è alcuna prova tangibile di come siano andate le cose. La narrazione, comunque, resta conveniente solo per uno dei due ‘litiganti’. Vediamo come mai…
Serena Bortone e quella narrazione molto conveniente
‘Che Sarà…’ di Serena Bortone non è stato un programma di successo. Al netto delle schiere di ‘nostalgici’ social che gridano al ‘Governo Fascio!’, gli ascolti dell’intera stagione sono stati risibili. Numeri alla mano, sarebbe scomparso dai palinsesti di Rai 3 per questa ragione, senza grossi sconquassi. Anzi, arriviamo a dire che se ne sarebbero accorti in pochi. E che questo, forse, lo sapeva benissimo Bortone in primis. Così, riguardandolo col senno di poi, torna oggettivamente molto conveniente quel suo post Instagram del 20 aprile in cui ‘denuncia’ la censura di Scurati. Può essere la Rai così ‘fascia’, ma soprattutto così fessa, da impedire un monologo sulla Liberazione a pochi giorni dal 25 aprile? Un monologo di tre, massimo cinque minuti. Un monologo che, tra l’altro, avrebbe visto qualche spicciolata di spettatori. A che pro? L’unica ad aver ottenuto risultati (ottimi) dalla bagarre è proprio Serena Bortone. Dritta sulla digital cover di Vanity Fair con claim ‘Resistenza’, è diventata un caso, il caso sulla bocca di tutti. E lo è ancora oggi, specie alla notizia del mancato rinnovo del suo programma. Programma che, lo ricordiamo, sarebbe stato cancellato lo stesso per bassi ascolti.
Questa narrazione, da lei stessa principiata gridando ‘Al Lupo!’ su Instagram, che la vuole ultimo baluardo ‘antifa’ le torna, indiscutibilmente, molto utile. Ora da qualche parte, pure non in Rai, bisognerà collocarla. Perché se la tv non le trova un impiego, diventa, agli occhi della pubblica opinione, complice dell’estrema Destra. Serena, mea lux!
Cosa sarebbe successo in qualunque altra azienda, nella vita reale
Proviamo a tornare, per un attimo, nella vita reale. Non che la televisione non lo sia, ma spingiamoci a immaginare una azienda qualunque, magari quella per cui lavorate. A un certo punto, a ragione o a torto – non è questo il focus – cominciate a protestare. Non vi licenziate, ma ostentate sui social forte dissenso nei confronti del vostro datore di lavoro: molte cose non funzionano, subite pressioni e via dicendo. Quante chance avreste di mantenere il vostro impiego? Esatto, nessuna. E senza grossi stupore da parte di colleghi e amici.
Invece, i tempi sono fertilissimi per parlare di epurazione. Perfino Fabio Fazio è riuscito a farsi passare per martire della Rai, quando in realtà ha semplicemente – e buon per lui – accettato una offerta economica più alta da parte del Canale 9. Lo stesso vale per Amadeus di cui ancora non si è capito bene quale fosse l’effettiva portata dinamitarda e rivoluzionaria, contro il sistema. Ma pare che ci abbiano creduto tutti. E allora Serena Bortone, vista la mala parata, potrebbe essersi giocata la stessa carta, il medesimo trend, lasciandosi intendere, così, irrinunciabile baluardo della libertà di espressione, portatrice di valori inalienabili e impossibili da non condividere. Nel caso, un self branding coi fiocchi, nulla da eccepire. Poi, che sarà… sarà.