Perché questo articolo dovrebbe interessarti? Domenica 29 ottobre si è concluso il Sinodo sulla sinodalità. Dopo un mese di discussioni, nella Relazione di sintesi non c’è posto per la comunità LGBTQ+.
Domenica 29 ottobre, con una messa solenne a San Pietro, si è chiuso il Sinodo. O meglio questa fase sinodale, perché nell’ottobre 2024 vedremo un’ultima seduta che concluderà il percorso iniziato nel 2021.
Durante la scorsa settimana sono state presentate le bozze della Relazione di Sintesi, discusse e modificate anche nelle varie traduzioni. Il leitmotiv della settimana è stato ricordare costantemente che il documento sarebbe stato semplice. Finalizzato a tenere traccia della riflessione di questo mese e a trasportarla all’ottobre 2024. Il fatto che il Sinodo sia basato sul discernimento e non sia portatore di decisioni immediate è stato ripetuto come un mantra.
Allo stesso modo si incoraggiavano i e le partecipanti a non schierarsi sulle questioni calde. Il padre domenicano Timothy Radcliffe ha detto durante uno dei briefing con la stampa che alle e ai partecipanti verrà chiesto, una volta tornati a casa, “Da che parte stai?” e “dovremo essere profondamente oranti per resistere alla tentazione di soccombere a questo modo di pensare partitico”. È sicuramente un invito ad andare oltre la polarizzazione del dibattito, ma anche un modo per restare fin troppo cauti.
La comunità LGBTQ+ esclusa dal documento finale
Dopo un mese di discussioni e 40 pagine di documento finale, la comunità LGBTQ+ non viene citata nemmeno una volta. E non siamo davanti a una questione marginale ma a una delle più calde e centrali della Chiesa di oggi.
Nell’Instrumentum laboris – il documento alla base di questa fase sinodale – si rimarcava infatti la necessità di analizzare il rapporto tra fede e comunità LGBTQ+. Nella sezione B1, infatti, si legge “quali passi concreti sono necessari per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità (ad esempio divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+, ecc.)?”.
Nei briefing quotidiani con la stampa la maggior parte delle domande delle e dei giornalisti richiamava proprio i temi caldi. La benedizione delle coppie queer, l’ordinazione femminile, il possibile connubio tra ordine maschile e matrimonio, etc. E se tutto ciò non bastasse va considerata anche l’esperienza diretta delle numerose persone queer credenti che chiedono di essere viste.
I credenti LGBT spariscono
Come scrive il giornalista Marco Grieco, “i credenti LGBTQIA+ semplicemente spariscono, vengono tenuti fuori dalla porta. Il papa riesce a parlare di armi, pace, acidificazione degli oceani, ma non di comunità LGBT evidentemente. Il documento non aveva pretese di testo definitivo, la sessione conclusiva si terrà l’anno prossimo. Ma se una questione così importante per la vita di molti non viene neppure menzionata, come ci si può aspettare che la si affronti in futuro?“.
L’associazione queer cristiana New Ways Ministry ha rilasciato un comunicato stampa molto duro in merito, dal titolo Synod Report Greatly Disappoints, But We Must Have Hope. Si legge: “Affermare che le questioni LGBTQ+ sono controverse nella Chiesa non solleva nuove domande, come suggerisce il rapporto, poiché questo fatto era noto ben prima ancora dell’inizio del Sinodo. I leader della Chiesa hanno avuto decenni per conoscere gli sviluppi scientifici e teologici sul genere e sulla sessualità. Allo stesso modo, è noto che le persone escluse dalla Chiesa a causa della loro identità o sessualità cerchino di essere ascoltate. Le domande che il rapporto sostiene ora non sono, infatti, nuove.
L’unica piccola concessione del Sinodo
L’unico riconoscimento di cui la Chiesa ha bisogno per crescere è una sola frase. Laddove si ammette che le attuali categorie antropologiche cattoliche non rispondono sufficientemente alle nuove informazioni che vengono scoperte dall’esperienza o dalla conoscenza scientifica. Tuttavia, la vaghezza con cui viene descritto questo riconoscimento non fornisce sufficiente fiducia nella possibilità di prevedere un cambiamento”.
Cautela o cancellazione?
C’è in realtà un singolo passaggio della Relazione di sintesi in cui si citano l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il punto 15.g, nel paragrafo sulle questioni aperte, recita “Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale, risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove. Talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze e richiedono affinamento e ulteriore studio. È importante prendere il tempo necessario per questa riflessione e investirvi le energie migliori, senza cedere a giudizi semplificatori che feriscono le persone e il Corpo della Chiesa”.
Torna l’eccessiva cautela già manifestata nella comunicazione con la stampa durante lo svolgimento del Sinodo. L’esito è una vera e propria invisibilizzazione della questione. Sia per evitare un dialogo ritenuto scomodo, sia per deviare l’attenzione dalle proposte più progressiste che prevedono, ad esempio, la benedizione delle coppie queer.